Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 31796 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 31796 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME, nata a Zheijang (Rpc) il DATA_NASCITA;
avverso la sentenza n. 6679/23 RSent. della Corte di appello di Bologna del 29 settembre 2023;
letti gli atti dì causa, la sentenza impugnata e Il ricorso introduttivo;
sentita la relazione fatta dal AVV_NOTAIO COGNOME;
letta la reoulsitoria scritta del PM, in persona del AVV_NOTAIO gene AVV_NOTAIO COGNOME, il quale ha concluso chiedendo la dichiarazione dì inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Bologna ha, con sentenza pronunziata in data 29 settembre 2023, parzialmente riformato la precedente sentenza, emessa in data 18 novembre 2019, con la quale il Tribunale di Modena, in esito a giudizio celebrato nelle forme del rito ordinario, aveva dichiarato la penale responsabilità di Hu Fen Mei in ordine al reato di cui all’art. 2 del dIgs n. 74 del 2000, per avere la stessa, al fine di evadere le imposte sul valore aggiunto, indicato nelle dichiarazioni fiscali relative all’anno di imposta 2012, elementi passivi di reddito fittizi, in quanto documentati con fatture relative ad operazioni inesistenti, per un imponibile pari ad euri 130.669,95, e la aveva, pertanto, condannata alla pena di anni 1 e mesi 6 di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali, disponendo, altresì, la confisca a carico della prevenuta, anche per equivalente, di beni sino alla concorrenza di euri 27.440, 56, pari al valore dell’importo dell’Iva evasa.
Con la sentenza del 29 settembre 2023 la Corte territoriale di Bologna, confermata nel resto la sentenza del giudice di primo grado, concedeva in favore della prevenuta la sospensione condizionale della pena.
Avverso tale decisione ha, ora, interposto ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore fiduciario, la imputata, formulando un unico motivo di impugnazione con il quale la stessa ha censurato la sentenza, segnalandone la sua contrarietà alla legge, per non avere la Corte di appello dichiarato l’intervenuta estinzione del reato contestato per effetto della sua maturata prescrizione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato e, pertanto, lo stesso deve essere accolto.
Deve, infatti, precisarsi che il fatto ascritto alla imputata è stat contestato come commesso in data 19 settembre 2013, cioè all’atto della formalizzazione della presentazione della dichiarazione annuale Iva da parte della imputata; come è noto, per effetto della modifica apportata all’art. 17 del dlgs n. 74 del 2000 attraverso la introduzione in esso di un comma a seguito della entrata in vigore del decreto-legge n. 138 del 2013, convertito, con modificazioni con legge n. 148 del 2013, a decorrere dalla data di entrata in vigore della modifica in questione, cioè in relazione ai reati commessi dal 17 settembre 2013 in poi, i termini prescrizionali dei reati tributari previsti
dagli artt. da 2 a 10 del dIgs n. 74 del 2000 sono elevati di un terzo, di ta che, laddove per essi fosse in precedenza previsto il termine ordinario minimo di prescrizione relativo ai delitti, pari a 6 anni come nel caso che interessa, lo stesso, per effetto del citato dilatamento, è divenuto di 8 anni.
Considerato che, avendo il termine de qua subito sicuramente almeno una interruzione che ne ha ulteriormente differito la maturazione di un quarto, il termine prescrizionale del reato in questione è, in definitiva, pari a 10 anni, decorrenti, appunto, dal 19 settembre 2013.
Deve, altresì, rilevarsi, come, nell’occasione, siffatto termine non risulta essere stato soggetto a periodi di sospensione, né un tale effetto può essere fatto derivare dalla circostanza, puntualmente riportata dalla parte ricorrente, che, essendo stata chiamata la causa in sede di gravame una prima volta per la data del 18 Ottobre 2022, era stato necessario, in tale occasione, differire la trattazione del giudizio di fronte alla Corte di merito sino al 13 giugno 2023 avendo la imputata eccepito il fatto che la sentenza di primo grado a lei notificata non era stata tradotta in una lingua a lei conosciuta, e che i differimento era state’ disposto anche una seconda volta, nel corso della udienza tenutasi nella data sopraindicata, sino al 29 settembre 2023, in quanto, avendo la Corte felsinea riscontrata la nullità del decreto di citazione notificato alla prevenuta non essendo stato neppure questo tradotto in un idioma conosciuto dalla imputata, essa ne aveva disposto la rìnnovazione per la indicata data del 29 settembre 2023.
Ritiene il Collegio che tali rinvii, sebbene sollecitati dalla difesa della ricorrente ma, tuttavia, disposti dalla Corte di merito onde consentire a quella di potere esperire in termini di effettività il proprio mandato, non siano stati tali da determinare la sospensione del termine prescrizionale del reato in esame.
Ciò vale indubbiamente per quanto attiene ai differimento determinato dalla ritenuta nullità del decreto di citazione a giudizio della imputata, trattandosi di differimento legato alla dichiarata nullità di un atto emesso dall’ufficio procedente ed alla necessità di rinnovarlo.
Ma lo stesso dicasi per ciò che attiene al differimento della udienza originariamente fissata per il 18 ottobre 2022, legato alla esigenza di disporre la traduzione della sentenza di primo grado in un idioma conosciuto dalla imputata.
Infatti, secondo quanto è previsto dall’art. 159 Cod. pen. il corso d lla prescrizione è sospeso, oltre che nei casi specificamente indicati nei numeri da 1 a 3-ter della disposizione in questione, tale fenomeno si determina laddove esso sia “imposto(o) da una particolare disposizione di legge”.
Ora, posto che l’art. 143 cod. proc. pen. prevede, a sua volta, al comma 2, che, ove si proceda nei confronti di imputato che non conosca la lingua italiana, “l’autorità procedente dispone la traduzione scritta, entro un termine congruo tale da consentire l’esercizio dei diritti e della facoltà della difesa, (.. delle sentenze”, si rileva che nessuna disposizione prevede che, nella pendenza di detto “termine congruo” il termine prescrizionale del reato per cui si procede debba intendersi sospeso.
Né, ritiene il Collegio, una tale evenienza può essere desunta attraverso la interpretazione, più analogica che estensiva, della previsione contenuta nell’art. 159, n. 3), cod. proc. pen. il quale prevede che sia sospeso il termine prescrizionale nelle ipotesi in cui il procedimento penale abbia avuto, a sua volta, una sospensione a seguito di una richiesta dell’imputato o della sua difesa.
Invero, al di là della circostanza, già segnalata, che nella fattispecie la richiesta era finalizzata a consentire l’esercizio del diritto di difesa del soggett sottoposto a procedimento penale, di tal che essa era finalizzata a prevenire un eventuale vizio della sentenza ove la stessa fosse stata emessa senza che l’imputata potesse avere avuto piena conoscenza del contenuto della sentenza a suo carico adottata dal giudice di primo grado, si osserva che le disposizioni in tema dl sospensione del termine prescrizionale del reato non appaiono suscettibili di interpretazione analogica che ne amplii la portata in malam partem, trattandosi di ipotesi, quelle legate ai casi di sospensione del termine in questione, che determinano un potenziale allargamento dell’ambito della responsabilità penale del soggetto, estendendola ad ipotesi che, in assenza di tale interpretazione, ne sarebbero estranee.
Va, altresì, segnalato come sia irrilevante la circostanza che, di fronte al giudice del gravame, la difesa della Hu non abbia formulato alcuna richiesta volta a far dichiarare la, ora indicata come all’epoca di già maturata, prescrizione.
Infatti, come questa Corte ha osservato, è ben possibile eccepire per la prima volta di fronte alla Corte di cassazione l’intervenuta prescrizione, maturata dopo la sentenza di primo grado ed anteriormente a quella di
appello, con la sola eccezione della ipotesi (si immagini il caso in cui fosse stata contestata una pluralità di reati e l’appello avesse avuto ad oggetto solo taluni di essi) nella quale in ordine alla condanna emessa in primo grado in relazione al reato della cui prescrizione si tratti già si era formato il giudicat non avendo essa formato oggetto di gravame (si veda, infatti, Corte di cassazione, Sezione VI penale, 8 gennaio 2024, n. 598, rv 285884), circostanza questa, cioè quella della già intervenuta definitività della sentenza di primo grado affermativa della responsabilità della NOME, certamente non verificataSì nella presente fattispecie, posto che, a tacer d’altro, la Corte d appello di Bologna ha parzialmente riformato la sentenza di condanna emessa dal giudice di primo grado.
Alla luce delle argomentazioni che precedono, essendo stato commesso il reato per cui si procede in data 19 settembre 2013 ed essendo intervenuta la sentenza ora censurata in data 29 settembre 2023 quindi ad oltre 10 anni dalla commissione del reato (il quale, si precisa per completezza, che si tratta di un reato istantaneo) in assenza di eventi che possano avere determinato la sospensione del termine prescrizionale, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, essendo il reato in questione estinto per prescrizione.
PQM
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione.
Così deciso in Roma, il 9 maggio 2024
Il AVV_NOTAIO estensore