Prescrizione Reati Tributari: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
L’istituto della prescrizione reati tributari è un tema centrale nel diritto penale economico, soggetto a continue riforme e interpretazioni giurisprudenziali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fornisce chiarimenti cruciali su come calcolare i termini di prescrizione alla luce delle nuove normative e sulle conseguenze di un’errata impostazione del ricorso. Il caso in esame dimostra come un appello basato su una presunta prescrizione, senza tenere conto delle recenti estensioni dei termini, sia destinato all’inammissibilità.
I Fatti del Caso
Un soggetto condannato per un reato tributario previsto dall’art. 5 del D.Lgs. 74/2000 (omessa dichiarazione) presentava ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello di Bologna. Il motivo principale del ricorso era l’asserita estinzione del reato per intervenuta prescrizione. Secondo la tesi difensiva, il tempo necessario a prescrivere il reato era già decorso.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su due pilastri argomentativi: il primo riguarda il calcolo del termine di prescrizione, il secondo un principio procedurale fondamentale relativo al momento in cui la prescrizione deve essere maturata per poter essere validamente eccepita in sede di legittimità.
Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro a favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni: La Corretta Applicazione della Prescrizione Reati Tributari
La Corte ha smontato la tesi difensiva evidenziando errori sostanziali e procedurali. In primo luogo, il ricorrente non aveva considerato l’impatto della riforma introdotta dall’art. 17, comma 1-bis, del D.Lgs. 74/2000. Questa norma prevede un aumento di un terzo dei termini di prescrizione per una serie di delitti tributari, inclusi quelli previsti dagli articoli da 2 a 10 dello stesso decreto. Pertanto, il termine decennale invocato dal ricorrente era errato, dovendosi applicare un termine più lungo.
In secondo luogo, i giudici hanno ribadito un principio consolidato: è inammissibile, in sede di legittimità, la mera rivendicazione di un termine di prescrizione che sarebbe decorso dopo la data della sentenza di appello impugnata. Il controllo della Corte di Cassazione si cristallizza al momento della decisione di secondo grado. Nel caso di specie, alla data della pubblicazione della sentenza d’appello (13 febbraio 2024), anche il termine più breve (e errato) calcolato dal ricorrente non sarebbe comunque decorso. Di conseguenza, il motivo del ricorso era palesemente infondato e proposto al di fuori dei limiti procedurali consentiti.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza offre importanti spunti pratici. Anzitutto, conferma che il calcolo della prescrizione reati tributari deve essere effettuato con estrema attenzione, tenendo conto di tutte le riforme legislative che hanno esteso i termini per garantire una maggiore efficacia nella repressione delle frodi fiscali. In secondo luogo, essa ribadisce un limite procedurale invalicabile: non si può chiedere alla Cassazione di dichiarare una prescrizione maturata nelle more del giudizio di legittimità. Un ricorso basato su tali premesse è destinato a essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria, aggravando la posizione del condannato.
Perché il ricorso basato sulla prescrizione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per due motivi principali: primo, il calcolo del termine di prescrizione era errato, in quanto non teneva conto della normativa che estende di un terzo i termini per i reati tributari. Secondo, è inammissibile sollevare in Cassazione la questione di una prescrizione che sarebbe maturata dopo la data della sentenza d’appello.
Quale norma specifica ha allungato i termini di prescrizione per i reati tributari?
La norma citata è l’art. 17, comma 1-bis, del D.Lgs. n. 74 del 2000, che contempla l’elevazione di un terzo dei termini ordinari di prescrizione per i delitti previsti dagli articoli da 2 a 10 dello stesso decreto legislativo.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, in questo caso fissata in tremila euro, da versare in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10101 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10101 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 27/06/1976
avverso la sentenza del 13/02/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Il ricorso proposto da NOME COGNOME con riguardo al reato ex art. 5 del Dlgs. 74/2000 è inammissibile atteso che non si tiene conto del termine decennale di prescrizione conseguente alla riforma. Infatti, nel caso in esame si applica la disciplina prevista dall’art. 17, comma 1-bis, d.lgs. n. 74 del 2000 e quindi è contemplata l’elevazione di un terzo dei termini ordinari di prescrizione ai sensi dell’art. 17, comma 1-bis, d.lgs. n. 74 del 2000, per i delitti previsti dagli art da 2 a 10 del medesimo d.lgs. Inoltre, all’epoca della pubblicazione della sentenza impugnata del 13.2.2024 neppure sarebbe decorso il termine più breve rappresentato dalla ricorrente, posto che è inammissibile in sede di legittimità la mera rivendicazione – come nel caso in esame – di un termine di prescrizione decorso dopo la sentenza di appello impugnata.
Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del tr ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna :1g ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 18.10.2024.