Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 20353 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 20353 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/04/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da COGNOME NOME, nato a Firenze DATA_NASCITA COGNOME NOME, nata a Bari il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 18/03/2022 della Corte d’appello di Firenze visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità dei ricorsi. Letta la memoria difensiva dell’AVV_NOTAIO, che ha insistito nell’accoglimento del ricorso nell’interesse di COGNOME ed ha chiesto l’annullamento della sentenza nei confronti dei COGNOME NOME per morte dell’imputata.
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’appello di Firenze ha confermato la sentenza emessa dal giudice di primo grado con cui gli imputati sono stati condannati alla pena di anni 2 e mesi 2 di reclusione, oltre alle pene accessorie di cui all’art. 12 D.Igs. n. 74 del 2000, in relazione al reato di cui agli artt. 81 cpv, 110 cod. pen. e art. 2 D.Igs. 84 del 2000, per aver utilizzato, in concorso tra loro, nelle dichiarazioni dei reddit relative agli anni d’imposta 2010, 2011 e 2012, fatture per operazioni oggettivamente inesistenti al fine di far evadere le imposte alla RAGIONE_SOCIALE
sRAGIONE_SOCIALE (capo a) e alla RAGIONE_SOCIALE (capo b) di cui erano lega rappresentanti.
Avverso la sentenza hanno presentato ricorso gli imputati, a mezzo del difensore di fiducia, e ne hanno chiesto l’annullamento deducendo i seguenti motivi.
2.1. Con il primo motivo di ricorso, la difesa censura il vizio di motivazione e la violazione dell’art. 192 cod. proc. pen. sotto plurimi profili.
La difesa evidenzia, anzitutto, come entrambi i giudici del merito sarebbero incorsi nel vizio del travisamento della prova tale da imporre il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio. Il giudice di appello si sarebbe limitato a confermare quanto ritenuto dal giudice di prime cure, con una motivazione del tutto generica ed apodittica, senza compiere una valutazione propria dell’intero compendio probatorio.
Più in particolare, sussisterebbe il vizio di motivazione in relazione alla testimonianza del teste COGNOME, affetta da assoluta genericità, indeterminatezza e reticenza, inidonea, come tale, ad accertare la falsità delle fatture e men che meno la consapevolezza di tale falsità in capo agli imputati; agli allegati alla relazione di PG prodotti dal PM, che non sarebbero stati minimamente considerati da parte dei giudici del merito e che invece risulterebbero idonei a dimostrare i sotterfugi posti in essere dalle società emittenti nei confronti degli imputati escludendo così l’elemento soggettivo del reato; all’ingente materiale fotografico contraffatto, quale elemento idoneo a ritenere plausibile l’ipotesi difensiva che le società emittenti non fossero mere “cartiere”, ma società realmente operanti nel settore delle sponsorizzazioni, le quali ponevano in essere condotte truffaldine nei confronti dei propri clienti, onde convincerli dell’effettività delle prestazion sponsorizzazione commissionategli ed ottenere il pagamento del prezzo concordato; sul punto, la difesa evidenzia la carenza e l’illogicità della motivazione laddove il giudice d’appello, facendo proprie le considerazioni del giudice di primo grado, ha valutato la mancata presentazione della querela per truffa da parte degli imputati come prova dell’accordo fraudolento degli stessi con le società emittenti, omettendo di considerare le ragioni economiche e di opportunità, indicate nell’atto di appello, della scelta di non presentare querela; ai procedimenti penali paralleli a quello odierno, aventi come imputati altri clienti delle medesime società emittenti, che si sono conclusi con l’assoluzione degli stessi per insussistenza dell’elemento soggettivo del reato, in accoglimento della tesi difensiva prospettata anche in questa sede; decisioni rispetto alle quali il giudice di appello non si è pronunciato, mentre il giudice di prime cure non le avrebbe ritenute rilevanti in
ragione della non irrevocabilità delle stesse e della diversità dei fatti oggetto d giudizio, circostanze che, a parere della difesa, non corrisponderebbero alla realtà. Ed infine, alla consulenza del DottAVV_NOTAIO, del tutto pretermessa dai giudici di merito, la cui opportuna valutazione avrebbe consentito di inficiare gli elementi indiziari posti a fondamento della ritenuta sussistenza dei dolo di evasione, ossia (i) il rilevante ammontare delle fatture emesse e (ii) l’anomalia costituit dall’emissione di note di credito a storno o a riduzione di alcune fatture emesse anche a distanza di un anno o più; sul punto il giudice di appello si sarebbe limitato ad una generica affermazione di non pertinenza e non decisività delle questioni sollevate dalla difesa senza motivare debitamente in proposito.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso, la difesa lamenta la violazione dell’art. 533 cod. proc. pen. per il mancato superamento della soglia del ragionevole dubbio.
A parere della difesa, nel caso di specie, alla luce del compendio probatorio emerso dall’istruttoria dibattimentale, non potrebbe dirsi raggiunta la certezza che gli imputati avessero la consapevolezza della falsità delle fatture, partecipando intenzionalmente ad un sodalizio criminoso con le società emittenti al fine di evadere le imposte.
In altri termini, non si potrebbe escludere, al di là di ogni ragionevole dubbio, che gli imputati siano stati ingannati e frodati dalle società emittenti che avrebbero creato l’apparenza di uno svolgimento effettivo delle prestazioni al fine di ricevere il compenso contrattualmente previsto.
Alla luce delle emergenze probatorie, il giudice di merito avrebbe dovuto ritenere valida tanto la prospettazione dell’accusa, quanto la prospettazione della difesa, vòlta a dimostrare la frode subìta dagli imputati, quale ipotesi altrettanto plausibile.
2.3. Con l’ultimo motivo di ricorso, la difesa censura la violazione dell’art. 129 cod. proc. pen. che impone l’immediata declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione.
La sentenza impugnata sarebbe errata nella parte in cui il giudice di appello omette di dichiarare la prescrizione del reato di cui al capo b) dell’imputazione nonché del reato di cui al capo al) – relativamente all’utilizzazione di fatture pe operazioni oggettivamente inesistenti nella dichiarazione relativa all’anno d’imposta 2010 – maturata prima dell’intervenuta decisione di appello.
Invero, il reato di dichiarazione fraudolenta si consumerebbe alla data di presentazione della dichiarazione dei redditi, a partire dalle quale inizierebbe a decorrere il termine di prescrizione.
Ebbene, quanto al reato di cui al capo b), la dichiarazione dei redditi della RAGIONE_SOCIALE sarebbe stata presentata in data 22 settembre 2011,
pertanto il termine di prescrizione sarebbe maturato, ai sensi dell’art. 17 D.Igs. n. 74 del 2000, il 22 settembre 2021, prima della pronuncia della Corte fiorentina intervenuta in data 18 marzo 2022. Lo stesso potrebbe dirsi per il reato di cui al capo al), in quanto la dichiarazione dei redditi della RAGIONE_SOCIALE per l’anno d’imposta 2010 sarebbe stata presentata in data 27 settembre 2011, con conseguente prescrizione del reato in data 27 settembre 2021.
Del resto, non risulterebbe agli atti alcuna sospensione, fatta eccezione per un breve rinvio dal 13 luglio 2020 al 20 luglio 2020 disposto dal giudice di primo grado per esigenze legate all’emergenza epidemiologica da Covid-19.
Il Procuratore generale ha concluso chiedendo l’inammissibilità dei ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Va in primo luogo rilevato che, come risulta dal certificato in atti, NOME è deceduta in data 02/08/2022 e, pertanto, la sentenza va annullata senza rinvio perché i reati sono estinti per morte dell’imputata, come attestato dal certificato di morte, avvenuta il 2 agosto 2022.
Quanto al ricorso di COGNOME NOME deve rilevarsi la fondatezza del terzo motivo di ricorso con cui ha eccepito la prescrizione del reato di cui al capo B), art. 2 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, relativo all’anno di imposta 2010, al 22/09/2021 e di cui al capo A), limitatamente al reato di cui all’art. 2 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74 relativo all’anno di imposta 2010, al 27/09/2021, prescrizione maturata in epoca anteriore alla pronuncia della sentenza impugnata, emessa in data 18/03/2022 e non dichiarata dalla Corte d’appello.
Il ricorrente ha ritualmente dedotto il motivo di violazione di legge e non v’è dubbio che lo stesso possa trovare accoglimento in questa sede secondo l’oramai pacifico orientamento di questa Corte espresso a Sezioni Unite secondo cui è ammissibile il ricorso per cassazione con il quale si deduce, anche con un unico motivo, l’intervenuta estinzione del reato per prescrizione maturata prima della sentenza impugnata ed erroneamente non dichiarata dal giudice di merito, integrando tale doglianza un motivo consentito ai sensi dell’art. 606, comma primo, lett. b) cod. proc. pen. (Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 266819; Sez. 5, n. 29225 del 04/06/2018, Triolo, Rv. 273370), anche se la causa estintiva non era stata dedotta nei precedenti gradi di giudizio (Sez. 3, n. 11103 del 30/01/2014, COGNOME, Rv. 258733).
La sentenza impugnata va pertanto annullata in parte qua, senza rinvio, con rinvio ad altra Sezioni della Corte d’appello di Firenze per la rideterminazione della pena come di seguito meglio si preciserà.
6. I motivi di ricorso che attengono al merito dell’affermazione della responsabilità per i reati di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti, del COGNOME, quale legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE, limitatamente agli anni di imposta 2011 e 2012 (capo a2 e a3), per i quali non è maturata la prescrizione in data precedente alla pronuncia in grado di appello, sono inammissibili per genericità e manifesta infondatezza, trattandosi della mera reiterazione di doglianze proposte con il gravame di merito alle quali la sentenza impugnata ha dato corrette e non illogiche risposte.
Quanto al motivo con cui si contesta la violazione di legge e il vizio di motivazione, anche per il travisamento delle risultanze probatorie e della prova testimoniale del teste COGNOME, in punto inesistenza oggettiva delle prestazioni indicate nelle fatture aventi ad oggetto sponsorizzazioni pubblicitarie, emesse da tre società (RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE), la sentenza, in continuità con quella di primo grado, di cui ne ha condiviso la ricostruzione dei fatti e la valutazione delle prove, ha argomentato che la fittizietà delle prestazioni indicate nelle fatture utilizzate nelle dichiarazioni fiscali della società RAGIONE_SOCIALE, era dimostrat sulla scorta di una pluralità di circostanze fattuali risultanti dalla deposizione d teste COGNOME e dal PVC, e segnatamente: dalle caratteristiche delle società emittenti, prive di struttura e mezzi; dalla circostanza che sul pc in uso a tal COGNOME, figlio della COGNOMECOGNOME legale rappresentante di una delle tre società cartiera, era stato rinvenuto il materiale necessario all’emissione delle fatture che risultavano essere emesse da tre società (RAGIONE_SOCIALE, della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE) che a loro volta erano state oggetto di indagine dall’AG di Ravenna in quanto mere cartiere; che la RAGIONE_SOCIALE, assieme ai parenti, aveva dato vita ad una costellazioni di società che dovevano apparire come operanti, ma che in realtà erano finalizzata all’emissione e utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti (cfr. pag. 5 e 35) Il ricorrente era consapevole di tale falsità in ragione di una pluralità di elementi l’avere utilizzato le fatture per sponsorizzazioni pubblicitarie in manifestazioni sportive sin dall’anno 2008; l’ammontare rilevante degli importi delle fatture, la dimostrata inesistenza delle prestazioni indicate nelle fatture sul rilevo che le fotografie prodotte, a sostegno della effettività delle prestazioni, erano risultate gran misura ritoccate e comunque le società emittenti non erano conosciute nelle manifestazioni sportive quali il Motorshow di Bologna, elementi da quali i giudici del merito hanno tratto la conclusione della fittizietà delle prestazioni indicate nell fatture utilizzate nelle dichiarazioni per indicare costi inesistenti. In tale ambito corte territoriale, in risposta alla censura difensiva, ha escluso, in quanto non ragionevolmente prospettabile, l’alternativa ricostruzione proposta dalla difesa, e ora nuovamente riproposta, secondo cui il ricorrente sarebbe stato vittima di un raggiro da parte delle società emittenti che non avrebbero reso la prestazione per la quale erano state emesse le fatture. Ed ancora assume rilievo, secondo la Corte di Cassazione – copia non ufficiale
sentenza, la circostanza dell’emissione di plurime note di credito a distanza anche di anni (e, dunque, oltre l’anno fiscale di utilizzazione) che, nel contesto dei collaudati rapporti con le società emittenti, consentivano di realizzare una temporanea evasione delle imposte differendone i tempi di pagamento. Anche l’emissione delle note di credito, dunque, per le circostanze concrete in cui sono state emesse, erano parte del meccanismo fraudolento di cui il ricorrente aveva la piena consapevolezza.
Quanto all’alternativa ricostruzione, non rilevava l’assenza di presentazione di una querela, a fronte di un grave danno patrimoniale della società era del tutto implausibile, come tali erano anche ritenute le spiegazioni allegate, ma ad escludere l’alternativa ricostruzione, che ora viene nuovamente riproposta, la sentenza impugnata pone l’accento sulla – corretta- necessità di procedere ad una valutazione globale delle circostanze che, come ampiamente argomentato nella sentenza, sono tutte indicative dalla fondatezza della ricostruzione dei fatti operata dal primo giudice in punto inesistenza oggettiva delle prestazioni indicate nelle fatture, ragionamento condiviso dalla corte territoriale.
Contrariamente all’assunto difensivo, la motivazione della sentenza è tutt’altro che apparente. La sentenza impugnata ha reso una motivazione congrua e fondata sulle emergenze probatorie ed ha risposto in modo preciso ai rilievi difensivi, ivi compresi i rilievi alla testimonianza COGNOME, che pedissequamente vengono riproposti finendo per chiedere una nuova rivalutazione del merito che è estranea al sindacato di questa Corte di legittimità.
Va infine disattesa anche la censura del secondo motivo. In tema di giudizio di legittimità, l’introduzione nel disposo dell’art. 533 cod. proc. pen. del princip dell’oltre ogni ragionevole dubbio” ad opera della legge 20 febbraio 2006, n. 46, non ha mutato la natura del sindacato della Corte di cassazione sulla motivazione della sentenza, sicché la duplicità di ricostruzioni alternative del medesimo fatto, segnalata dalla difesa, non integra un vizio di motivazione se sia stata oggetto di disamina da parte del giudice di merito (Sez. 1, n. 5517 del 30/11/2023. COGNOME, Rv. 285801 – 01; Sez. 2, n. 29480 del 07/02/2017, COGNOME, Rv. 270519 01). In presenza di una congrua e non manifestamente illogica motivazione (vedi supra) la censura appare manifestamente infondata.
Per quanto detto, ferma la fondatezza del terzo motivo con le conseguenze di cui si dirà, il ricorso in merito all’affermazione della responsabilità del COGNOME deve essere dichiarato inammissibile, sicché, non può essere rilevata la prescrizione medio tempore maturata con riguardo ai residui reati di cui all’art.2 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, relativi agli anni di imposta 2011 e 2012, la cui prescrizione è maturata nelle more del giudizio di legittimità. In assenza di costituzione di un valido rapporto processuale, in presenza di ricorso inammissibile, non può rilevarsi la prescrizione maturata dopo la pronuncia in
grado di appello.
Deve, infatti, trovare applicazione il principio giusto il quale, in caso ricorso avverso una sentenza di condanna cumulativa, che riguardi più reati ascritti allo stesso imputato, l’autonomia dell’azione penale e dei rapporti processuali inerenti ai singoli capi di imputazione impedisce che l’ammissibilità dell’impugnazione per uno dei reati possa determinare l’instaurazione di un valido rapporto processuale anche per i reati in relazione ai quali i motivi dedotti siano inammissibili, con la conseguenza che per tali reati, nei cui confronti si è formato il giudicato parziale, è preclusa la possibilità di rilevare la prescrizione maturat dopo la sentenza di appello (Sez. U, n. 6903 del 27/05/2016, Aiello e a., Rv. 268966; Sez. 3, n. 20899 del 25/01/2017, COGNOME, Rv. 270130; Sez. 3, n. 26807 del 16/03/2023, COGNOME, Rv. 284783 – 01).
Consegue che la sentenza va annullata senza rinvio nei confronti di COGNOME NOME in relazione ai capi Al) e B), e con rinvio ad altra Sezione della Corte d’appello di Firenze per la rideterminazione del trattamento sanzionatorio. Nel resto il ricorso è inammissibile.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, nei confronti di COGNOME NOME perché i reati sono estinti per morte dell’imputata.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME perché i reati di cui ai capi Al) e B) sono estinti per prescrizione. Rinvia ad altra Sezione della Corte d’appello di Firenze per la determinazione del trattamento sanzionatorio per COGNOME. Dichiara inammissibile il ricorso di COGNOME NOME nel resto.
Così deciso il 04/04/2024