Sentenza di Cassazione Penale Sez. F Num. 32056 Anno 2025
Penale Sent. Sez. F Num. 32056 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/08/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Massalengo il 15/11/1966
avverso la sentenza del 07/02/2025 della Corte d’appello di Milano visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; udito il difensore, Avv. NOME COGNOME anche in sostituzione dell’Avv. NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza emessa in data 7 febbraio 2025, la Corte di appello di Milano, in parziale riforma della sentenza pronunciata dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lodi il 10 maggio 2024 all’esito di giudizio abbreviato, ha confermato la dichiarazione di penale responsabilità di NOME COGNOME per il
reato di cui agli artt. 81 cpv. cod. pen. e 2 d.lgs. n. 74 del 2000, commesso tra il 30 settembre 2015 e il 31 ottobre 2018, ha dichiarato non doversi procedere per prescrizione in ordine al reato di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000 commesso il 30 settembre 2014, e ha rideterminato la pena, riducendola, in un anno e undici mesi di reclusione, ferme restando le statuizioni relative alla concessione della sospensione condizionale e alla confisca, disposta per 30.569,82 euro.
Secondo quanto ricostruito dai Giudici di merito, NOME COGNOME, quale titolare dell’omonima ditta individuale, al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture per operazioni inesistenti apparentemente emesse dalla ditta individuale “RAGIONE_SOCIALE“, avrebbe indicato elementi passivi fittizi nelle dichiarazioni relative a dette imposte per gli anni 2014, 2015, 2016, 2017 e 2018.
Ha presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello indicata in epigrafe NOME COGNOME con atto sottoscritto dall’Avv. NOME COGNOME articolando tre motivi.
2.1. Con il primo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento agli artt. 157 cod. pen. e 17, comma 1-bis, d.lgs. n. 74 del 2000, nonché vizio di motivazione, avuto riguardo al reato di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000. Si deduce che la Corte d’appello ha erroneamente limitato il rilievo dell’intervenuta prescrizione alla sola dichiarazione fraudolenta del 30 settembre 2014. Si rappresenta, in particolare, che, per la fattispecie delittuosa di cui all’art. 2 d.lg n. 74 del 2000, l’elevazione di un terzo dei termini di prescrizione prevista dall’art. 17, comma 1-bis, d.lgs. n. 74 del 2000 comporta, come conseguenza, che il tempo necessario a prescrivere è pari a otto anni. Si conclude, perciò, che la prescrizione si è verificata anche per i fatti commessi nel 2015, nel 2016 e nel 2017, e che con riferimento al fatto commesso nel 2018, deve applicarsi la causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. per particolare tenuità del fatto, in ragion dell’esiguità del danno erariale, pari a 8.886,68 euro di IVA.
2.2. Con il secondo motivo, si denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla rideterminazione della pena. Si deduce che la Corte d’appello ha rideterminato la pena in un anno e undici mesi di reclusione, discostandosi dai criteri indicati dal giudice di primo grado, ai quali invece espressamente afferma di allinearsi. Si precisa, infatti, che la sentenza di primo grado aveva individuato la pena base in due anni e sei mesi di reclusione per il primo e più grave fatto commesso, aumentata di un mese e quindici giorni per ogni ulteriore annualità. Si conclude che, però, applicando i medesimi criteri di determinazione indicati dal Giudice di primo grado, la pena finale avrebbe dovuto essere pari a un anno, dieci mesi e quindici giorni di reclusione.
2.3. Con il terzo motivo, si denuncia violazione di legge, in ordine alla normativa sulla confisca di cui all’art. 12-bis d.lgs. n. 74 del 2000, nonché vizio di motivazione. Si deduce che la Corte d’appello, pur rideterminando il trattamento sanzionatorio in ragione della prescrizione del reato di cui alla prima dichiarazione presentata il 30 settembre 2014, ha confermato nel resto la sentenza di primo grado, omettendo così di ridurre l’importo oggetto di confisca che, nei reati tributari, corrisponde all’imposta effettivamente evasa. Si precisa che l’importo di 30.569,82 euro avrebbe dovuto essere ridotto almeno della somma di 1.344,00 euro, per effetto della dichiarazione di estinzione per prescrizione del reato commesso il 30 settembre 2014.
In data 15 luglio 2025, il ricorrente ha presentato motivi nuovi con atto sottoscritto dall’Avv. NOME COGNOME
Con i motivi nuovei si denuncia violazione di legge, in riferimento all’art. 578bis cod. proc. pen., e vizio di motivazione, avendo riguardo alla statuizione di conferma della sentenza di primo grado nella parte relativa alla confisca. Si deduce che la disposizione di cui all’art. 578-bis cod. proc. pen., avendo natura sostanziale e sanzionatoria, non può essere applicata ai fatti commessi anteriormente alla sua entrata in vigore, avvenuta in forza dell’art. 6, comma 4, d.lgs. n. 21 del 2018, e, quindi, ai fatti ascritti all’attuale ricorrente nel presente processo. Si chiede pertanto, l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per l’intervenuta prescrizione dei reati e, conseguentemente, la revoca della disposta confisca.
Il ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito precisate.
4.1. Le censure esposte nel primo motivo sono manifestamente infondate.
Invero, in forza del combinato disposto degli artt. 157, 160 e 161 cod. pen., nonché 17, comma 1-bis, d.lgs. n. 74 del 2000, il tempo necessario a prescrivere il reato di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000, tenendo conto anche dell’interruzione, è pari a dieci anni. Né nella specie, risultano, o sono anche solo semplicemente allegate, circostanze tali da escludere la sussistenza di fatti determinativi dell’interruzione della prescrizione in tempo utile (anzi, la richiesta di rinvio a giudizio è datata 23 giugno 2022). Di conseguenza, alla data della sentenza impugnata, emessa il 7 febbraio 2025, non erano ancora decorsi dieci anni nemmeno dal giorno di commissione del fatto più lontano per il quale è stata confermata la condanna emessa in primo grado, individuato nell’imputazione nel 30 settembre 2015 quale giorno di presentazione di presentazione della dichiarazione fiscale per le persone fisiche e per VIVA relativamente all’anno 2014.
Ne discende, ulteriormente, che, anche a voler tenere in conto i soli reati commessi tra il 2015 ed il 2018 (vengono in rilievo le dichiarazioni presentate il
30 settembre 2015, il 29 settembre 2016, il 28 febbraio 2017, il 27 ottobre 2017, il 23 aprile 2018 e il 31 ottobre 2018), la pluralità e reiterazione degli illeciti pena commessi e la complessiva entità dell’evasione fiscale realizzata, pari a 36.865,82 euro solo per VIVA, legittimamente inducono ad escludere l’applicazione della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis cod. pen.
4.2. Anche le censure formulate nel secondo motivo sono manifestamente infondate.
La pena inflitta in primo grado, pari a due anni di reclusione, è stata così determinata: pena base per il reato commesso nel 2014 fissata in due anni di reclusione; aumento di sei mesi per la continuazione, in quanto commisurata in un mese e quindici giorni per ogni ulteriore dichiarazione annuale (dichiarazioni presentate nel 2015, nel 2016, nel 2017 e nel 2018); riduzione per il rito di un terzo, ossia di un anno. La pena in secondo grado è stata rideterminata eliminando la pena per il reato commesso nel 2014, perché estinto per prescrizione, fissando la pena per il nuovo reato più grave, quello commesso nel 2015, nella stessa misura stabilita per il reato base individuato in primo grado, mantenendo inalterati gli aumenti di pena per i reati commessi nel 2016, nel 2017 e nel 2018, ed applicando la riduzione per il rito sul totale risultante da questi addendi. Di conseguenza, deve concludersi che, proprio applicando i criteri di determinazione del trattamento sanzionatorio fissati in primo grado, correttamente la pena finale, tenuto conto della diminuente per il rito, è stata rideterminata in un anno e undici mesi di reclusione.
4.3. Manifestamente infondate, oltre che prive di specificità, sono pure le censure enunciate nel terzo motivo e nel connesso motivo aggiunto.
Innanzitutto, e decisivamente, deve osservarsi che, nella specie, la confisca in primo grado è stata disposta per 30.569,82 euro, ossia per un importo inferiore alla sola evasione IVA realizzata negli anni per i quali è stata confermata la condanna, essendo questa, come si è detto, pari a 36.865,82 euro. Per completezza, può aggiungersi che la statuizione impositiva della confisca diretta non sarebbe comunque caducata per effetto della dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione (cfr., per tutte, Sez. U, n. 31617 del 26/06/2015, COGNOME, Rv. 264434 – 01, ma anche, in motivazione, Sez. U, n. 4145 del 29/09/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284209 – 01).
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento a favore della i cassa delle ammende, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della ` 1
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causa di inammissibilità, della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 21 agosto 2025.