Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 9130 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 9130 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOMECOGNOME nato a Cosenza il 02/08/1972
avverso la sentenza del 28/02/2024 della Corte di appello di Catanzaro visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso
lette per l’imputato le conclusioni scritte dell’avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’integrale accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 28/02/2024, la Corte di appello di Catanzaro confermava la sentenza emessa dal Tribunale di Castrovillari in data 22/05/2019, con la quale NOME NOME era stato dichiarato responsabile del reato di cui all’art. 5 d.lgs 74/2000 e condannato alla pena di anni uno e mesi sei di reclusione.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione COGNOME COGNOME a mezzo del difensore di fiducia, articolando tre motivi di seguito enunciati.
Con il primo motivo deduce violazione di legge per inosservanza degli artt. 195, comma 4 e 526 cod.proc.pen.
Argomenta che l’affermazione di responsabilità era stata basata su prove inutilizzabili; in particolare l’COGNOME era stato ritenuto responsabile del reato d cui all’art. 5 d.lgs 74/2000 contestato perché amministratore di fatto della impresa commerciale di cui all’imputazione, sulla base delle dichiarazioni rese teste NOME COGNOME rese in violazione del disposto dell’art. 195, comma 4, cod.proc.pen. e del contenuto della c.n.r., mai acquisita legittimamente al fascicolo per il dibattimento.
Con il secondo motivo deduce violazione degli artt. 2369 cod.civ. e 526 cod.proc.pen. e correlato vizio di motivazione.
Lamenta che la Corte di appello aveva desunto la gestione di fatto della impresa commerciale da parte dell’Albanese basandosi su atti inutilizzabili (dichiarazioni de M.COGNOME e c.n.r.) e sul contenuto della procura speciale senza il correlato accertamento dello svolgimento effettivo dell’attività gestoria.
Con il terzo motivo deduce violazione degli artt. 157 e ss cod.pen. e 17 dlgs 74/2000, lamentando il mancato rilievo da parte della Corte di appello dell’intervenuta prescrizione della condotta di omessa dichiarazione relativa , all’anno 2012; il rinvio dal 20.02.2019 al 14.4.2019 nel giudizio di primo grado (-, era stato disposto a seguito di richiesta avanzata dal difensore, a cui l’imputato, presente in aula, conferiva mandato difensivo solo nella medesima circostanza, di un termine a difesa ex art. 108 cod.proc.pen. al fine di prendere cognizione degli atti di causa e di approntare una compiuta difesa
Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 primo motivo di ricorso è infondato.
Costituisce orientamento pacifico di codesta Corte che non sussiste il divieto di testimonianza indiretta degli ufficiali ed agenti di P.G. di cui all’art. 195, comma 4, cod. proc. pen. con riguardo alle dichiarazioni ricevute dal pubblico ufficiale durante l’inchiesta amministrativa dallo stesso effettuata anteriormente al procedimento penale, difettando in tal caso il necessario presupposto soggettivo della qualifica di agente od ufficiale di polizia giudiziaria (Sez.3, n. 52853 del 17/07/2018, Rv.274418 – 01; Sez. 3, n. 3050 del 14/11/2007 – dep. 21/01/2008, Rv. 238562).
Nella specie, le dichiarazioni ricevute dal teste da parte dei fornitori della ditta di cui all’imputazione sono state ricevute dal pubblico ufficiale durante la sua inchiesta amministrativa, o ispezione fiscale, e quindi quando egli non rivestiva (ancora) la qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria: sicché difettava presupposto soggettivo per l’applicabilità del divieto di testimoniare de relato di cui all’art. 195, comma 4, cod.proc.pen.
Del tutto generica, poi, è la censura relativa alla c.n.r, difettando ogni riferimento al contenuto della stessa ed al profilo di inutilizzabilità.
2. Il secondo motivo di ricorso è infondato.
Va osservato che questa Corte ha affermato, in tema di reati tributari, che ai fini della attribuzione ad un soggetto della qualifica di “amministratore di fatto” non occorre l’esercizio di “tutti” i poteri tipici dell’organo di gestione, ma necessaria una significativa e continua attività gestoria, svolta cioè in modo non episodico od occasionale (Sez.3, n. 22108 del 19/12/2014, dep. 27/05/2015, Rv. 264009).
La Corte di appello, facendo buon governo del suesposto principio di diritto, ha evidenziato plurimi elementi di fatto dimostrativi della qualifica gestore di fatto della ditta individuale di cui all’imputazione, riferibile all’imputato, rimarcando ch il predetto era titolare di una procura speciale che gli conferiva il potere di compiere tutti gli atti di gestioni concernenti l’azienda, e, di fatto, avev concretamente agito in maniera continuativa nella gestione dell’attività di impresa, curando in maniera esclusiva i rapporti con i fornitori della ditta COGNOME e svolgendo anche pratiche in materia fiscale.
Trattasi di apprezzamenti di fatto, sorretto da motivazione congrua e priva di vizi logici e, dunque, insindacabile in sede di legittimità.
E’, invece, fondato il terzo motivo di ricorso.
Alla data della pronuncia della sentenza impugnata (28/02/2024) il reato di cui all’art.5 d.lgs 74/2000, relativo all’anno di imposta 2012 si era estinto per prescrizione alla data del 12.01.2024, essendo decorso il termine prescrizionale massimo decennale, ex artt. 157 e ss cod.pen. e 17 d.lgs 74/2000 (il reato di cui all’art. 5 d.lgs 74/2000 si consuma alla scadenza del novantesimo giorno dopo lo
spirare del termine che la legge tributaria individua come ultimo giorno utile per la presentazione della dichiarazione, annuale o non annuale; a norma dell’art. 17 d.lgs 74/2000 il termine prescrizionale ordinario del reato in questione è pari ad anni otto e quello massimo ad anni dieci) e tenuto conto del periodo di sospensione del corso della prescrizione di giorni 14, a seguito dell’adesione del difensore dell’imputato, proclamata dall’UCPI, per l’udienza dell’8.05.2019 con rinvio all’udienza del 22.05.2019.
Come dedotto in ricorso, infatti, non può determinare, invece, la sospensione del corso della prescrizione anche il rinvio, a richiesta della difesa ai sensi dell’art 108 cod.proc.pen., disposto all’udienza del 20.2.2019 per l’udienza al 14.4.2019 (1 mese e 20 giorni).
Secondo l’orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, e che il Collegio condivide, in tema di prescrizione del reato, la sospensione del procedimento e il rinvio o la sospensione del dibattimento comportano, senza necessità di un provvedimento formale, la sospensione dei relativi termini ogni qualvolta siano disposti per impedimento dell’imputato o del suo difensore, ovvero su loro richiesta e sempre che l’una o l’altro non siano determinati da esigenze di acquisizione della prova o dal riconoscimento di un termine a difesa (cfr., in particolare, Sez. 7, n. 9466 del 25/11/2014, dep. 2015, Franco, Rv. 262670-01, e Sez. 4, n. 40309 del 04/10/2007, Impero, Rv. 237783-01). Nella, specie, come evidenziato, il rinvio veniva richiesto e disposto ai sensi dell’art. 108 cod.pen., dal nuovo difensore di fiducia dell’imputato, subentrante a seguito di revoca del precedente difensore e, pertanto, essendo stato effettuato a tutela delle esigenze difensive, non determinava l’effetto di sospensione del corso della prescrizione.
Non essendo il ricorso inammissibile ed essendosi instaurato@ un valido rapporto di impugnazione, va rilevata anche la prescrizione maturatasi alla data del 12.01.2025 con riferimento al reato di cui all’art.5 digs 74/2000, relativo all’anno di imposta 2013.
La sentenza impugnata, pertanto, va annullata senza rinvio perché i reati relativi ai periodi di imposta 2012 e 2013 sono estinti per prescrizione, con rigetto nel resto del ricorso – e conseguente irrevocabilità ai sensi dell’art. 624 cod.proc.pen. dell’affermazione di responsabilità del reato di cui all’art.5 d.lgs 74/2000 relativo all’anno di imposta 2014 – e rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Catanzaro per la rideterminazione del trattamento sanzionatorio e della confisca.
Con riferimento alla rideterminazione della confisca, disposta dai Giudici di merito nella forma per equivalente, va richiamato il principio di diritto, al quale s atterrà il giudice del rinvio, in base al quale la disposizione di cui all’art. 578-b cod. proc. pen., introdotta dall’art. 6, comma 4, d.lgs. 1 marzo 2018, n. 21, ha,
con riguardo alla confisca per equivalente e alle forme di confisca che presentino comunque una componente sanzionatoria, natura anche sostanziale e, pertanto, è inapplicabile in relazione ai fatti posti in essere prima della sua entrata in vigore (Sez.U, n. 4145 del 29/09/2022, dep.31/01/2023, Rv.284209 – 01), con l’effetto che la relativa statuizione è eliminata, ipso iure, per effetto della pronuncia di annullamento per intervenuta prescrizione dei reati di cui alla sentenza di condanna, che la confisca di valore aveva disposto.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché i reati relativi ai periodi di imposta 2012 e 2013 sono estinti per prescrizione; rigetta nel resto il ricorso e rinvia, quanto alla rideterminazione del trattamento sanzionatorio e della confisca, ad altra sezione della Corte di appello di Catanzaro.
Così deciso il 14/01/2025