Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 20916 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 20916 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a Palermo il 14/08/1971
avverso la sentenza del 29/04/2024 della Corte di appello di Palermo visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata;
udito per l’imputato l’avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso al quale si riporta.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 29/04/2024, la Corte di appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza resa dal Tribunale di Palermo in data 24/05/2023 – che aveva dichiarato COGNOME NOME responsabile del reato di cui all’art. 4 d.lgs 74/2000 contestato al capo b) dell’imputazione e condannato alla pena di anni due di reclusione con confisca di quanto in sequestro per un ammontare pari all’imposta evasa – ordinava la confisca per equivalente nei limiti della somma pari all’importo evaso, detratte le somme già versate dall’imputato a seguito della dichiarazione di adesione alla definizione agevolata.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione COGNOME MicheleCOGNOME a mezzo del difensore di fiducia, articolando due motivi di seguito enunciati.
Con il primo motivo deduce erronea applicazione dell’art. 4 d.lgs 74/2000 e vizio di motivazione.
Argomenta che la Corte di appello aveva espresso una motivazione viziata in ordine alla determinazione dell’imposta evasa, affermando che l’imputato non aveva allegato costi non valutati dalla Guardia di Finanza, in presenza di ricavi accertati sulla base di accrediti registrati sui conto correnti intestati al ricorren i Giudici di appello, infatti, non avevano considerato le risultanze della prova testimoniale espletata e, in particolare le dichiarazioni rese dal teste Invidiata all’udienza del 22.3.2023, il quale aveva riferito di costi per l’ammontare di 100.000,00 euro ,riconosciuti all’imputato da parte della Agenzia delle Entrate; la motivazione della sentenza impugnata, pertanto, risulta carente ed insufficiente nella parte in cui non aveva chiarito in che modo la testimonianza in questione non fosse sufficiente a giustificare l’esistenza di costi o comunque il ragionevole dubbio della loro esistenza, al fine di quantificare l’esatto ammontare dell’imposta evasa.
Con il secondo motivo deduce erronea applicazione degli artt. 2 comma 2 e cod.pen.,322 ter cod.pen. e 12 d.lgs 74/2000 e vizio di motivazione.
Espone che con l’atto di appello si era rimarcato che, ai sensi dell’art. 2, comma 2, cod.pen., non poteva trovare applicazione l’art. 12 d.lgs 74/2000, in quanto norma introdotta con l’art. 14 del d.lgs 158/2015; l’oggetto del vincolo ablativo era costituito da un bene immobile giusta decreto di sequestro preventivo per equivalente emesso in data 17/11/2016 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Palermo; la Corte di appello, trascurando tale dato, aveva affermato erroneamente che oggetto della confisca erano solo somme di denaro e che, pertanto, la confisca doveva considerarsi come diretta e non per equivalente.
Il difensore del ricorrente ha chiesto la trattazione orale del ricorso in pubblica udienza. Il Pg ha depositato memoria ex art. 611 cod.proc.pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Deve anzitutto rilevarsi che, per quanto emerge dagli atti, il reato contestato, consumatosi in data 30.9.2013, si è estinto per prescrizione in data 11.6.2024, ai sensi del combinato disposto degli artt. 157, 160 e 161 cod. pen
Per procedere all’applicazione dell’art. 129 cod. proc. pen., comma 1, peraltro, deve considerarsi l’insegnamento della consolidata giurisprudenza di questa Suprema Corte per cui può condurre alla dichiarazione di prescrizione, anche d’ufficio ai sensi dell’art. 609, comma 2, cod. proc. pen, solo il ricorso idoneo a instaurare un valido rapporto di impugnazione, vale a dire non affetto da inammissibilità (Sez. U n. 21 del 11 novembre 1994, dep.11 febbraio 1995, COGNOME; Sez. U n. 11493 del 3 novembre 1998, COGNOME; Sez. U n. 23428 del 22 giugno 2005, COGNOME; Sez U n. 12602 del 17.12.2015, dep. 25.3.2016, COGNOME).
Per quanto appena osservato in ordine alla maturazione della prescrizione, allora, deve darsi atto che il primo motivo di ricorso non risulta manifestamente infondato.
Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, il giudice, per determinare l’ammontare della imposta evasa, è tenuto ad operare una verifica che, pur non potendo prescindere dai criteri di accertamento dell’imponibile stabiliti dalla legislazione fiscale, soffre delle limitazioni che derivano dalla divers finalità dell’accertamento penale e dalle regole che lo governano, sicché, nel caso in cui i ricavi non indicati nelle dichiarazioni fiscali obbligatorie siano individu sulla base non di presunzioni, ma di precisi elementi documentali, quali le entrate registrate nella contabilità o nei conti correnti bancari, i correlativi costi posson essere riconosciuti solo in presenza di allegazioni fattuali da cui desumere la certezza o, comunque, il ragionevole dubbio della loro esistenza (Sez.3, n. 17214 del 14/03/2023, Rv. 284554 – 01).
Nella specie, in presenza di ricavi accertati sulla base di accrediti registrati sui conti correnti all’imputato, le risultanze istruttorie (come allegato e documentato dal ricorrente con la produzione delle dichiarazioni rese dal teste COGNOME COGNOME) davano atto di costi non considerati dalla Guardia di Finanza. Tale dato veniva ignorato e non valutato dalla Corte di appello, profilandosi, in tal modo, non manifestamente infondato il dedotto travisamento probatorio per omessa valutazione di un dato istruttorio rilevante.
La non manifesta infondatezza della doglianza del ricorrente conduce, quindi, essendosi instaurato validamente il presente grado giurisdizionale, e non
emergendo dal testo del provvedimento impugnato elementi che possano giustificare l’applicazione dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen. (cfr
Sez.6,n.48461 del 28/11/2013,Rv.258169; Sez.6,n.27944 del 12/06/2008,
Rv.240955), alla dichiarazione, ex art. 129 comma 1, cod. proc. pen., della estinzione del reato contestato per maturata prescrizione, con conseguente
annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.
4. Va, infine, rilevato, che la confisca è stata disposta dai Giudici di merito nella forma per equivalente e che il reato oggetto di contestazione si è consumato
in data 30.09.2013.
Va, quindi, richiamato il principio di diritto, in base al quale la disposizione d cui all’art. 578-bis cod. proc. pen., introdotta dall’art. 6, comma 4, d.lgs. 1 marzo
2018, n. 21, ha, con riguardo alla confisca per equivalente e alle forme di confisca che presentino comunque una componente sanzionatoria, natura anche
sostanziale e, pertanto, è inapplicabile in relazione ai fatti posti in essere prima della sua entrata in vigore (Sez.U, n. 4145 del 29/09/2022, dep.31/01/2023,
Rv.284209 – 01), con l’effetto che la relativa statuizione è eliminata, ipso iure,
per effetto della pronuncia di annullamento per intervenuta prescrizione dei reati di cui alla sentenza di condanna, che la confisca di valore aveva disposto.
Nella specie, pertanto, trattandosi di fatto commesso prima dell’entrata in vigore dell’art. 1, comma 4, lettera f), legge 9 gennaio 2019, n. 3, la pronuncia di annullamento per intervenuta prescrizione del reato determina l’eliminazione ipso iure della disposta confisca per equivalente.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il residuo reato è estinto per prescrizione.
Così deciso il 09/04/2025