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Prescrizione reati fiscali: l’estensione di un terzo

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di proscioglimento per omessa dichiarazione fiscale. Il Tribunale aveva erroneamente dichiarato il reato estinto, non applicando l’aumento di un terzo previsto per la prescrizione reati fiscali. La Corte ha stabilito che, con la corretta applicazione della norma, il reato non era prescritto, rinviando il caso per un nuovo giudizio.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Prescrizione Reati Fiscali: La Cassazione Sancisce l’Importanza dell’Estensione di un Terzo

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale in materia di prescrizione reati fiscali, annullando una decisione di proscioglimento per un’errata interpretazione dei termini. Il caso riguarda l’omessa presentazione della dichiarazione fiscale e mette in luce come l’estensione di un terzo dei termini di prescrizione, introdotta nel 2011, sia un elemento determinante per la procedibilità dell’azione penale. Questa pronuncia offre importanti chiarimenti sia sul piano del diritto sostanziale che su quello processuale.

I Fatti del Caso: Un’Accusa di Omessa Dichiarazione

Il procedimento penale nasceva a carico di un contribuente, accusato del reato previsto dall’art. 5 del D.Lgs. n. 74/2000 per aver omesso di presentare le dichiarazioni fiscali relative all’anno d’imposta 2015. Il fatto, secondo l’accusa, era stato commesso alla data del 31 dicembre 2016.

La Decisione del Tribunale e il Ricorso del Procuratore

Il Tribunale di primo grado aveva dichiarato il non doversi procedere nei confronti dell’imputato, ritenendo il reato estinto per prescrizione. Contro questa sentenza, il Procuratore generale presso la Corte d’appello ha proposto ricorso per cassazione, lamentando una violazione di legge. Il ricorrente sosteneva che il Tribunale avesse errato nel calcolare i termini di prescrizione, omettendo di applicare l’aumento di un terzo previsto dall’art. 17, comma 1-bis, del D.Lgs. 74/2000. Secondo il Procuratore, con il corretto calcolo, il reato non si sarebbe ancora prescritto al momento della pronuncia.

La Cassazione e la corretta applicazione della prescrizione reati fiscali

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. In primo luogo, ha affrontato un aspetto processuale, chiarendo che, a seguito delle recenti riforme, le sentenze di proscioglimento per reati a citazione diretta, come quello in esame, non sono appellabili dal Pubblico Ministero, ma unicamente ricorribili per cassazione. Nel merito, la Corte ha confermato l’erronea applicazione della normativa sulla prescrizione reati fiscali da parte del giudice di primo grado.

Le Motivazioni della Corte Suprema

La Corte ha specificato che l’art. 17, comma 1-bis, del D.Lgs. 74/2000, che prevede un aumento di un terzo dei termini di prescrizione per i delitti fiscali indicati dagli articoli da 2 a 10 dello stesso decreto, è pienamente applicabile al caso di specie. Tale norma, introdotta nel 2011, si applica a tutti i fatti commessi dopo la sua entrata in vigore (17 settembre 2011).
Poiché il reato contestato all’imputato era stato commesso nel 2016, il termine di prescrizione non era quello ordinario, ma quello esteso, pari a dieci anni. Di conseguenza, alla data della sentenza di proscioglimento (settembre 2024), tale termine non era ancora decorso. Inoltre, la Corte ha sottolineato che al calcolo si sarebbe dovuto aggiungere anche un ulteriore periodo di sospensione della prescrizione, dovuto all’astensione dalle udienze del difensore, intercorso tra aprile 2023 e febbraio 2024.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La sentenza è stata annullata con rinvio al Tribunale, che dovrà procedere a un nuovo giudizio in diversa composizione, tenendo conto dei principi stabiliti dalla Cassazione. Questa decisione ribadisce la volontà del legislatore di contrastare più efficacemente l’evasione fiscale, allungando i tempi a disposizione della giustizia per perseguire tali illeciti. Per i contribuenti e i professionisti, ciò significa una maggiore attenzione alla corretta applicazione dei termini di prescrizione, che per i reati fiscali più comuni sono stati significativamente estesi. L’errato calcolo può portare a decisioni di proscioglimento destinate a essere annullate, con conseguente prolungamento dei tempi processuali.

Quando si applica l’estensione di un terzo dei termini di prescrizione per i reati fiscali?
Secondo la sentenza, l’estensione di un terzo dei termini di prescrizione, prevista dall’art. 17, comma 1-bis del D.Lgs. 74/2000, si applica ai delitti previsti dagli artt. da 2 a 10 dello stesso decreto, commessi successivamente al 17 settembre 2011, data di entrata in vigore della norma.

Una sentenza di proscioglimento per reati a citazione diretta è appellabile dal Pubblico Ministero?
No. La sentenza chiarisce che, in base all’art. 593 comma 2 c.p.p., il Pubblico Ministero non può appellare le sentenze di proscioglimento per i reati a citazione diretta (previsti dall’art. 550 c.p.p.), come l’omessa dichiarazione. L’unico mezzo di impugnazione esperibile è il ricorso per cassazione.

La sospensione del processo per astensione degli avvocati influisce sul calcolo della prescrizione?
Sì. La Corte ha specificato che al periodo ordinario di prescrizione si deve aggiungere anche il periodo di sospensione del corso della prescrizione derivante dall’adesione del difensore all’astensione dalle udienze, prolungando di fatto il tempo necessario per l’estinzione del reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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