Prescrizione Reati Fiscali: La Cassazione Annulla Condanna per Crediti Inesistenti
Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 7537/2024) ha riaffermato l’importanza del corretto calcolo della prescrizione dei reati fiscali, annullando una condanna per indebita compensazione di crediti inesistenti. La decisione evidenzia come il decorso del tempo, in assenza di atti interruttivi o sospensivi, porti inevitabilmente all’estinzione del reato, anche a fronte di una doppia condanna nei gradi di merito. Analizziamo nel dettaglio la vicenda e le motivazioni della Suprema Corte.
I Fatti del Processo: Una Condanna per Indebita Compensazione
Un contribuente era stato condannato sia dal Tribunale di Monza sia dalla Corte di Appello di Milano per il reato previsto dall’art. 10 quater del d.lgs. 74/2000. L’accusa era di aver utilizzato crediti fiscali inesistenti per compensare debiti tributari, per un importo di circa 74.000 euro. I fatti contestati si erano svolti in un arco temporale compreso tra il 26 febbraio e il 3 settembre 2015, relativi all’anno d’imposta 2015.
L’imputato, ritenendo ingiusta la condanna, ha presentato ricorso per Cassazione, affidandosi a tre principali motivi di doglianza.
I Motivi del Ricorso in Cassazione
La difesa ha articolato il ricorso su tre punti fondamentali:
1.  Violazione di legge per omessa dichiarazione della prescrizione: Il motivo principale si basava sul fatto che il termine massimo di prescrizione per il reato contestato fosse già decorso al momento della sentenza d’appello.
2.  Eccezione di ne bis in idem: L’imputato sosteneva di essere già sotto processo per fatti identici e per lo stesso anno d’imposta (2015) presso il Tribunale di Gela.
3.  Vizio di motivazione sul dolo: La difesa lamentava una carenza di motivazione riguardo all’intenzionalità della condotta, sostenendo la perfetta buona fede del proprio assistito.
La Prescrizione dei Reati Fiscali: L’Analisi della Suprema Corte
La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato e assorbente il primo motivo di ricorso, concentrandosi esclusivamente sulla questione della prescrizione dei reati fiscali. I giudici hanno quindi proceduto all’annullamento della sentenza senza rinvio, dichiarando il reato estinto.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha basato la sua decisione su un calcolo preciso e ineccepibile dei termini di prescrizione. Il reato, commesso nel 2015, era soggetto alla disciplina più favorevole vigente all’epoca dei fatti, che prevedeva una pena da sei mesi a due anni di reclusione. 
Considerando tale cornice edittale, il termine massimo di prescrizione, tenendo conto degli atti interruttivi, è stato fissato in sette anni e sei mesi. Poiché nel processo di primo grado era stata esclusa la recidiva, non vi erano ulteriori elementi che potessero allungare tale termine. La Corte ha inoltre verificato che non fossero applicabili periodi di sospensione, come quello previsto per l’emergenza Covid, in quanto nel periodo rilevante non erano state fissate udienze.
Di conseguenza, il termine massimo di sette anni e sei mesi, decorrente dal 2015, era già spirato al momento della pronuncia della Corte di Appello nel marzo 2023. Questo ha reso la condanna illegittima e ha imposto l’annullamento immediato.
Le Conclusioni
La sentenza in esame rappresenta un importante promemoria sull’operatività della prescrizione nel diritto penale tributario. Dimostra che, indipendentemente dalla fondatezza dell’accusa, il trascorrere del tempo costituisce un limite invalicabile all’esercizio della potestà punitiva dello Stato. Per gli operatori del diritto e per i contribuenti, questa decisione ribadisce la necessità di monitorare attentamente i termini processuali, poiché la loro scadenza può determinare l’esito di un procedimento penale, estinguendo il reato e annullando qualsiasi condanna precedentemente emessa.
 
Perché la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza di condanna?
La sentenza è stata annullata perché il reato era estinto per prescrizione. Il tempo massimo previsto dalla legge per perseguire il fatto (sette anni e sei mesi) era già trascorso al momento della decisione della Corte di Appello.
Qual era il reato contestato all’imputato?
L’imputato era accusato del reato di indebita compensazione di crediti inesistenti, previsto dall’art. 10 quater del d.lgs. 74/2000, per aver utilizzato crediti fiscali fittizi per un valore di 73.917,23 euro nell’anno d’imposta 2015.
La sospensione dei termini processuali per il Covid ha influito su questo caso?
No, la Corte ha specificato che la sospensione dei termini legata all’emergenza Covid non era applicabile in questo caso, poiché nel periodo di riferimento non era stata fissata alcuna udienza che potesse giustificarne l’applicazione.
 
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 7537 Anno 2024
RITENUTO IN FATTO Relatore: COGNOME NOME
Penale Sent. Sez. 3   Num. 7537  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/12/2023
Con sentenza della Corte di appello di Milano del 20 marzo 2023 è stata confermata la decisione del Tribunale di Monza del 22 aprile 2022 che aveva condannato COGNOME NOME alla pena di mesi 4 di reclusione, relativamente al reato di cui all’art. 10 quater, d. Igs. 74 del 2000; reato commesso dal 26 febbraio 2015 al 3 settembre 2015 (crediti inesistenti portati in compensazione nell’anno di imposta 2015, per euro 73.917,23).
 COGNOME NOME proposto ricorso in cassazione, per i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.
1. Violazione di legge (art. 157 cod. pen.); omessa dichiarazione della prescrizione.
Dai modelli F24 acquisiti la data del commesso reato è dal 26 febbraio 2015 al 3 settembre 2015; non trova applicazione neanche la sospensione per il Covid (art. 83, quarto comma, d. I. n. 18 del 2020) in quanto nessuna udienza risulta fissata nel periodo in considerazione.
2. Violazione di legge e vizio della motivazione relativamente alla eccezione di ne bis in idem. Dinanzi al Tribunale di Gela è pendente giudizio identico a quello oggi in giudizio, stesso anno di imposta (2015), con capo di imputazione sovrapponibile a quello contestato, in questa sede.
Manca, inoltre, la motivazione sul dolo del reato in quanto il ricorrente era in perfetta buona fede.
Ha chiesto, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è fondato e la sentenza deve annullarsi senza rinvio per essere il reato estinto per prescrizione. Il reato risulta commesso dal 26 febbraio 2015 al 3 settembre 2015, come risulta dai modelli F24 richiamati in sentenza.
La pena prevista per il reato di cui all’art. 10 quater, d. lgs. 74 del 2000 è quella più favorevole dell’epoca del commesso reato (da sei mesi a due anni di reclusione) e, conseguentemente, il termine massimo di prescrizione risulta decorso già alla data della pronuncia della sentenza della Corte di appello (anni 7 e mesi 6; la recidiva contestata nell’imputazione è stata esclusa dalla sentenza di primo grado). Non risultano sospensioni della prescrizione (vedi Sez. U – , Sentenza n. 5292 del 26/11/2020 Ud. (dep. 10/02/2021 ) Rv. 280432 – 02). 
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il reato è estinto per prescrizione.
Così deciso il 5/12/2023