Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 18344 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 18344 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/02/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME COGNOME nato a PETRALIA SOPRANA il 21/07/1966 NOME COGNOME nato a PETRALIA SOPRANA il 13/07/1960 COGNOME NOME nato a GIUGLIANO IN CAMPANIA il 25/08/1958
avverso la sentenza del 30/05/2024 della CORTE APPELLO di FIRENZE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo
Il Proc. Gen. conclude per il rigetto dei ricorsi riportandosi alla requisitoria scritta atti.
udito il difensore
L’avvocato COGNOME si riporta ai motivi di ricorso e ne chiede l’accoglimento.
L’avvocato COGNOME NOME chiede, in accoglimento dei motivi di ricorso, l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto non sussiste o
non costituisce reato; in subordine, annullamento senza rinvio della sentenza
impugnata per intervenuta prescrizione.
L’avvocato COGNOME si riporta ai motivi di ricorso e insiste per l’accoglimento dello stesso.
IN FATTO E IN DIRITTO
Con la sentenza di cui in epigrafe la corte di appello di Firenze riformava parzialmente in favore degli imputati COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME COGNOME la sentenza con cui il tribunale di Pistoia, in data 14.11.2019, aveva condannato i suddetti imputati alle pene, principali e accessorie, ritenute di giustizia, in relazione ai reati fallimentari loro ascritti, in ordine al fallimento della società “RAGIONE_SOCIALE” dichiarata fallita dal tribunale di Pistoia in data 4.5.2011.
Avverso la sentenza della corte territoriale, di cui chiedono l’annullamento, hanno proposto ricorso per cassazione i suddetti imputati, con autonomi atti di impugnazione.
2.1. In particolare, nel ricorso a firma del difensore, avv. NOME COGNOME, il COGNOME, accusato di avere concorso in uno con il Lodico, a distrarre la somma di euro 550.000,00 dalla società fallita in favore della società RAGIONE_SOCIALE, a lui riconducibile, nell’ambito della complessa operazione descritta nella prima parte del capo b) dell’imputazione, lamenta: 1) contraddittorietà della motivazione, in quanto l’assunto accusatorio si fonda su di un vero e proprio travisamento della prova, avendo la corte territoriale negato l’esistenza di un fatto provato, vale a dire la comunicazione dei lavori da eseguire entro il termine prescritto da parte della società “RAGIONE_SOCIALE“, titolare del permesso di costruire rilasciato dal comune di Rosignano Marittimo, sicché nel settembre del 2007, quando il COGNOME decise di partecipare all’acquisizione delle quote de “RAGIONE_SOCIALE” per procedere con l’ausilio della società fallita alla ristrutturazione di Villa Magrini, dando vita a un RTA, a differenza di quanto sostenuto dai giudici di merito, esisteva un permesso a costruire valido ed efficace, come dimostrato dalla circostanza che la dichiarazione di inefficacia del comune sopraggiunse solo l’anno successivo, il 7.8.2008. Risulta, pertanto, compromessa la validità della conclusione cui è pervenuta la corte di appello, secondo cui l’intento degli imputati era quello di incassare i finanziamenti bancari, successivamente oggetto di distrazione, sulla base di un’operazione fittizia, il cui insuccesso era stato preventivato sin dall’inizio; 2)
violazione di legge processuale, con riferimento all’art. 513, co. 1, c.p.p., in punto di inutilizzabilità delle dichiarazioni rese in sede di interrogatorio svolto nel corso delle indagini preliminari dai coimputati COGNOME e COGNOME, che si sono sottratti all’esame dibattimentale, questione posta in sede di appello, alla quale, tuttavia, la corte territoriale non ha fornito alcuna risposta, soffermando la sua attenzione esclusivamente sul profilo dell’attendibilità di tali dichiarazioni; 3) violazione di legge e vizio di motivazione, per contraddittorietà, in ordine alla ritenuta sussistenza del dolo dell’extraneus, in quanto la corte territoriale, da un lato desume il dolo dalla circostanza che il COGNOME era consapevole che la somma oggetto della contestata distrazione non sarebbe stata impiegata per le finalità del contratto perché il progetto non si sarebbe mai realizzato; dall’altro, riconosce che l’imputato si era attivato per ottenere i necessari titoli abilitativi presso il comune di Rosignano Marittimo e aveva sottoscritto contratti di appalto con dei tecnici che avrebbero avuto il compito di completare l’iter richiedendo anche il rilascio di un nuovo permesso di costruire, senza tacere che mentre per il COGNOME si ritiene che egli fin dall’inizio non poteva non ignorare la fraudolenza dell’operazione per l’inesistenza dei titoli abilitativi, analoga circostanza viene considerata in maniera opposta per il COGNOME, anch’egli concorrente esterno al pari del COGNOME.
Inoltre, rileva il ricorrente, che le circostanze di fatto prese in considerazione dalla corte territoriale, indicate dal ricorrente stesso nel corpo del motivo di impugnazione, sulla base dei principi elaborati in materia dalla giurisprudenza di legittimità, evidenziano l’assoluta carenza del dolo, posto che l’imputato non poteva sapere che la partecipazione al progetto “RAGIONE_SOCIALE” potesse porre in dissesto la società o arrecare danno ai suoi creditori, avendo egli sempre agito secondo le regole del mercato, basandosi sulla valutazione positiva della banca che aveva erogato il finanziamento alla “RAGIONE_SOCIALE“, alla quale si era associato accettando la proposta di quest’ultima, alla ricerca di un partner affidabile per svolgere un’operazione immobiliare; 4) vizio di motivazione in punto di illogicità, in quanto, la mancata dimostrazione di
un accordo tra il COGNOME e il COGNOME, ritenuta irrilevante dal giudice di appello, conduce all’irragionevole conclusione che il COGNOME abbia richiesto e ottenuto un finanziamento, indebitando la “RAGIONE_SOCIALE“, al solo fine di favorire il COGNOME, attraverso la contestata distrazione, senza ricavarne alcun tornaconto; 5) violazione di legge in punto di mancata qualificazione del fatto per cui si procede in termini di bancarotta semplice, integrato da una condotta che appare, a tutto voler concedere, manifestamente imprudente, ma certo non dolosa. Il COGNOME, infatti, fino al 2014, a distanza di sette anni dalla firma del contratto di cointeressenza con il Lodico, stava continuando a pagare agli istituti di credito finanziatori i ratei del prestito ottenuto per acquistare la Ragnaia e nel 2012 aveva protocollato una nuova istanza di permesso a costruire, sicché egli ha agito da imprenditore che si è assunto un rischio per ottenere un utile; 6) violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla determinazione dell’entità del trattamento sanzionatorio, privo di motivazione, nonché al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, che la corte territoriale ha negato con motivazione illogica, in quanto sovrapponibile alla valutazione espressa al riguardo nei confronti del coimputato COGNOME senza considerare che il COGNOME ha partecipato solo all’operazione “La Ragnaia” e fondata, altresì, sul presupposto erroneo che in primo grado l’imputato sia stato condannato a una pena prossima al minimo edittale, laddove, invece, egli è stato condannato a quattro anni di reclusione, avvicinandosi al minimo solo dopo la pronuncia della corte di appello, che l’ha ridotta ad anni tre e mesi sei di reclusione.
2.2 NOME COGNOME COGNOME, nel ricorso a firma dell’avv. NOME COGNOME lamenta, in relazione all’unica condotta distrattiva ritenuta a lui ascrivibile dalla corte territoriale in qualità di amministratore di diritto della società fallita, quella relativa alla erogazione di una somma di denaro in favore del “RAGIONE_SOCIALE” in vista della stipula di un contratto preliminare relativo ad un terreno, in parte restituita con uno storno per mancata stipula del definitivo: 1) violazione di legge, in quanto, premesso che la corte territoriale ha considerato il La Placa un
semplice uomo di paglia, rispetto ai veri amministratori della società, fondando in definitiva su tale circostanza l’assoluzione dell’imputato dai fatti di bancarotta fraudolenta documentale e di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, che gli erano stati in origine contestati, non può non rilevarsi che, anche con riferimento all’episodio del centro commerciale, va ribadita la non colpevolezza del La Placa, in quanto, difettando in capo a quest’ultimo la conoscenza del reale andamento della società, non può desumersi dalla sua partecipazione a un unico affare della società fallita, la rappresentazione e la volontà di mettere in pericolo le pretese dei creditori, nemmeno sotto il profilo del dolo eventuale ovvero da concorso per agevolazione delle condotte altrui; 2) vizio di motivazione, in quanto la corte territoriale ha omesso di considerare che, come si evince dall’interrogatorio dell’imputato richiamato in sentenza, il La Placa ritenne l’operazione del centro commerciale un buon affare, operazione il cui vero dominus fu il Lodico e non certo il La Placa, completamente all’oscuro della natura distrattiva dell’operazione, non andata a buon fine per l’inadempimento del promittente acquirente, risultando, peraltro, un vero e proprio travisamento della prova da parte della corte territoriale, affermare che l’imputato non agì per ottenere la restituzione degli acconti versati, in quanto, come riferito dalla curatrice fallimentare, il La Placa aveva già recuperato 26.000,00 euro e fu possibile ottenere un decreto ingiuntivo per la restante parte, circostanza, quella della restituzione ad nutum di 26.000,00 euro, da parte del promittente venditore, imparentato con il La Placa, incompatibile con la pretesa natura distrattiva dell’operazione in parola.
Nel resto il ricorrente insiste sul parallelismo tra la vicenda in esame e quella relativa all’operazione Ragnaia, per evidenziare come anche in questo caso, utilizzando il medesimo criterio di valutazione, debba escludersi la configurabilità del dolo in capo al La Placa e, per converso, l’assenza nell’operazione centro commerciale di quegli indici di fraudolenza riscontrabili nell’operazione Ragnaia; 3) violazione di legge, con riferimento al dolo, ritenuto sussistente dalla corte territoriale con
motivazione apodittica sulla base della sola tipicità della condotta, obliterando ogni altra verifica sul suo gradiente soggettivo, non spendendo in realtà una parola sul punto e sulle ragioni per le quali la condotta dell’imputato non potesse essere ricondotta alla meno grave ipotesi colposa, nonostante i motivi di appello articolati al riguardo; 4) violazione di legge e vizio di motivazione difettando la prova che il preliminare di acquisto, valido, avente a oggetto un lotto edificabile su cui realizzare un edificio di quattro piani conforme all’oggetto sociale della fallita, congruo nel prezzo, potesse essere caratterizzato ex ante da una causale distrattiva; 5) violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, avendo la corte territoriale valorizzato al riguardo una precedente condanna oggetto di una sentenza di applicazione pena estintasi ex lege per il pagamento della multa irrogata al La Placa e per il positivo decorso del tempo, senza tacere il doppio travisamento in cui è caduto il giudice di appello nel ritenere mancante la prova della restituzione dell’acconto e della riparazione del danno, che, peraltro, ove assente, legittimerebbe la mancata concessione della circostanza attenuante di cui all’art. 62, n. 4, c.p., e non certo delle circostanze di cui all’art. 62 bis, c.p. A ciò si aggiunga la mancata considerazione del contributo fornito all’accertamento della verità dal La Placa nell’interrogatorio in cui ha ammesso i fatti e ha chiamato in correità l’amministratore di fatto, il COGNOME e il COGNOME che, altrimenti, sarebbero rimasti estranei alle indagini.
2.3. Lodico NOMECOGNOME nel ricorso a firma dei difensori avv. NOME COGNOME e avv. NOME COGNOME ritenuto amministratore di fatto della società fallita, lamenta
violazione di legge rispetto alla valutazione della sussistenza dell’elemento materiale della bancarotta distrattiva, rispetto alla cd. operazione Ragnaia, dovendosi la stessa sussumere nell’ipotesi di bancarotta semplice, mancando, inoltre, nell’imputato l’elemento psicologico del dolo eventuale.
Rileva al riguardo il ricorrente che la causa del versamento della somma di euro 550.000,00 trovava giustificazione nella c.d. operazione Ragnaia a fronte della quale la Banca di Bientina aveva erogato alla società fallita la somma di euro 700.000,00, in virtù del contratto di cointeressenza stipulato tra la “RAGIONE_SOCIALE” e RAGIONE_SOCIALE“. Di conseguenza il suddetto versamento è stato posto in essere in esecuzione di un contratto che nella previsione del Lodico, avrebbe risollevato le sorti della “RAGIONE_SOCIALE“, posto che, quando venne coinvolto nell’operazione, la previsione e le aspettative economiche dell’operazione erano tutt’altro che infauste, prospettandosi per la “RAGIONE_SOCIALE” una crescita, sia patrimoniale, mediante l’acquisto dalla “RAGIONE_SOCIALE” del 50% del preliminare di quote della “RAGIONE_SOCIALE“, che lavorativa , essendosi assicurata, con il contratto di cointeressenza, i lavori di ristrutturazione del complesso immobiliare.
Il ricorrente evidenzia come il COGNOME fosse stato convinto della bontà dell’operazione anche dal fatto che la stessa era stata avallata dal principale creditore della società fallita, la finanziatrice Banca di Bientina; egli era convinto che si trattasse di un investimento che avrebbe risanato le casse della società e consentito anche di rientrare dall’esposizione bancaria, come dimostrato, dal punto di vista logico, dalla circostanza che, una volta ricevuto il finanziamento, l’imputato, piuttosto che impadronirsi della somma erogata, la corrispose alla “RAGIONE_SOCIALE“, uno dei soggetti coinvolti nell’operazione, ovvero spese tempo ed energie per trasportando e allocando presso il cantiere aperto le necessarie attrezzature, si badi solo dopo avere ricevuto il finanziamento e non prima, come affermato invece, travisando la prova, dalla corte territoriale, che vi ha ravvisato una mera messinscena per ottenere il fido bancario.
Osserva, altresì, il ricorrente che la destinazione della somma in conformità al finanziamento ottenuto nel 2007 dalla banca di Bientina, la tracciabilità dello stesso, la corrispondenza del contratto di cointeressenza con l’oggetto sociale dell’impresa “RAGIONE_SOCIALE” e la sussistenza della garanzia costituita dall’accollo cumulativo, militano a
favore dell’insussistenza dell’elemento materiale del reato di cui si discute, senza tacere, ai fini della sussistenza dell’elemento psicologico del reato, che il COGNOME era stato presentato dal direttore della Banca di Bientina al Lodico come soggetto facoltoso e che lo stesso curatore fallimentare ha affermato che la “RAGIONE_SOCIALE” era stata truffata, posto che l’unico soggetto che ha incassato soldi è stata l’RAGIONE_SOCIALE” ovvero la società riconducibile al COGNOME, sicché, a tutto voler concedere, nella condotta del ricorrente possono rinvenirsi gli estremi di un comportamento imprudente; 2) violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla condotta distrattiva avente a oggetto quattro autocarri, che, secondo l’impostazione accusatoria, il COGNOME ha venduto alla “RAGIONE_SOCIALE“, senza che dell’avvenuto pagamento vi sia traccia nella contabilità della società fallita. Il COGNOME avrebbe acquistato gli automezzi dal fallimento della società “RAGIONE_SOCIALE“, riconducibile alla moglie del ricorrente, pagandone il relativo prezzo, mentre il prezzo della vendita di “RAGIONE_SOCIALE” a “RAGIONE_SOCIALE” sarebbe stato versato, su disposizione del ricorrente, alla “RAGIONE_SOCIALE” e non alla “RAGIONE_SOCIALE“.
Ad avviso del ricorrente la corte territoriale sarebbe incorsa in un travisamento della prova, in quanto gli automezzi non facevano parte del patrimonio della fallita, ma di quello della “RAGIONE_SOCIALE“, e come dichiarato dal COGNOME, egli li aveva acquistati dal COGNOME, agendo quest’ultimo in qualità di referente della “RAGIONE_SOCIALE“, laddove l’emissione di una fattura da parte di “RAGIONE_SOCIALE” nei confronti della “RAGIONE_SOCIALE“, si era resa necessaria per formalizzare una compravendita che in realtà aveva riguardato beni della “RAGIONE_SOCIALE” e non della “RAGIONE_SOCIALE“, né è stato dimostrato l’avvenuto pagamento del prezzo per l’acquisto degli autocarri da parte di “RAGIONE_SOCIALE” in favore della “RAGIONE_SOCIALE“; 3) violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla condotta distrattiva avente a oggetto la somma di euro 6550,00 prelevata dal conto corrente della società fallita, in quanto la corte territoriale ha attribuito, senza fornire adeguata motivazione, tale condotta al Lodico sulla base del suo ruolo di amministratore di fatto della società, pur essendo stato operato il
prelievo dal figlio NOME NOMECOGNOME apparendo una mera congettura affermare che quest’ultimo ha operato su mandato del padre ed essendo ben possibile che di tali prelievi il ricorrente non avesse avuto contezza, perché materialmente compiuti da un soggetto che, oltre ad essere delegato ad operare sui conti correnti della società, era anche titolare di quote sociali e che può avere sottaciuto i suddetti prelievi; 4) violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla condotta distrattiva avente a oggetto la somma di euro 39.000,00, versata mediante quattro operazioni bancarie in favore di COGNOME, la cui natura distrattiva non può farsi discendere, come ritenuto dalla corte territoriale, esclusivamente dalla circostanza che la fattura relativa a tale operazioni non è stata rinvenuta nella contabilità, essendo ben possibile che ciò sia dipeso dalla non perfetta tenuta delle scritture contabili caratterizzante la gestione amministrativa degli ultimi anni di vita della società, che la stessa corte territoriale, nell’assolvere l’imputato dal delitto di bancarotta fraudolenta documentale di cui al capo a), non escludeva potesse ascriversi a semplice sciatteria o dimenticanza, sicché non può ritenersi dimostrata la volontà fraudolenta del Lodico; 5) violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla condotta distrattiva avente a oggetto la somma di euro 226.000,00, erogata in favore di “RAGIONE_SOCIALE“, posto che la corte territoriale ha agganciato la responsabilità del Lodico alla ritenuta natura distrattiva dell’operazione RAGIONE_SOCIALE, travisando la prova circa il fatto che tali somme furono corrisposte a titolo di prezzo per la cessione del preliminare per l’acquisto delle quote della “RAGIONE_SOCIALE“, come riferito dal teste COGNOME La circostanza che il business plan non fu redatto specificamente in occasione del subentro della “RAGIONE_SOCIALE” nell’affare e che quindi la fattura emessa dal COGNOME riporti una causale parzialmente inesatta non è sufficiente, al pari della mancata realizzazione dell’operazione Ragnaia, a configurare la natura distrattiva del pagamento di cui si discute, in relazione al quale il ricorrente contesta la sussistenza del dolo, in quanto se il Lodico fosse stato effettivamente sorretto da una volontà distrattiva, piuttosto che da quella di cogliere un’opportunità imprenditoriale di notevole vantaggio
per la società, egli non avrebbe destinato la somma di 550.000,00 euro per dare esecuzione al contrato di cointeressenza, ma l’avrebbe utilizzata per fini diversi; 6) violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla condotta distrattiva avente a oggetto l’operazione relativa al “RAGIONE_SOCIALE“, che, secondo l’assunto accusatorio, aveva portato all’erogazione della somma di 34.000,00 euro, quale differenza tra la somma di 60.000,00 euro, versata in sede di conclusione del contrato preliminare di compravendita di un terreno edificabile e la somma di 24.000,00 restituita alla società fallita, promittente acquirente, dopo la risoluzione del contratto, posto che la corte territoriale, da un lato, non ha indicato sulla base di quali elementi è possibile affermare il coinvolgimento del Lodico in tale operazione, ascrivibile all’amministratore di diritto la Placa; dall’altro non ha considerato la natura perfettamente lecita dell’operazione, desumibile dalla parziale restituzione dell’acconto e dal tentativo di recupero della parte residua, grazie all’iniziativa dell’amministratore di diritto, dovendosi al riguardo evidenziare che il credito vantato dalla “RAGIONE_SOCIALE” era certo, liquido ed esigibile, tanto da consentire al curatore fallimentare di ottenere un decreto ingiuntivo nei confronti della promittente venditrice; 7) violazione di legge in punto di violazione del divieto di reformatio in peius, in quanto il giudice di appello pur condannando l’imputato a una pena meno grave di quella irrogata in primo grado, in conseguenza della intervenuta assoluzione dal reato di cui al capo a), ha operato un aumento per la continuazione ex art. 219, I. fall., di dodici mesi di reclusione, laddove tale aumento era stato fissato dal giudice di primo grado nella misura di otto mesi di reclusione; 8) violazione di legge in punto di mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, non avendo la corte territoriale preso in considerazione il contributo collaborativo dell’imputato, meritevole per tale ragione delle invocate circostanze attenuanti.
2.4. Con requisitoria scritta, da valere come memoria, essendo stata chiesta, nelle more, la trattazione in forma orale dei ricorsi, il sostituto
procuratore generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione, nella persona del dott. NOME COGNOME chiede che i ricorsi siano rigettati. 3. In via preliminare va rilevato che, ai sensi di quanto previsto dagli artt. 157, 160 e 161, c.p., il termine massimo di prescrizione dei reati per cui si procede, risulta perento dopo la pronuncia della sentenza di secondo grado di secondo grado.
Si è verificata, pertanto, una causa di estinzione del reato, che compete al Collegio rilevare, non potendosi considerare inammissibili i ricorsi presentati dagli imputati, essendo incentrati su questioni di diritto non manifestamente infondate, né apparendo generici o esclusivamente versati in fatto.
Come è noto, infatti, il principio della immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità, sancito dall’art. 129, co. 2, c.p.p., opera anche con riferimento alle cause estintive del reato, quale è la prescrizione, rilevabili nel giudizio di cassazione (cfr., ex plurimis, Cass., sez. 3, 01/12/2010, n. 1550, Rv. 249428; Cass., sez. un., 27/02/2002, n. 17179, Rv. 221403; Cass., Sez. 2, n. 6338 del 18/12/2014, Rv. 262761). Logico corollario di tale affermazione sulla piena operatività dell’art. 129, c.p.p., è che anche nel giudizio di legittimità sussiste l’obbligo di dichiarare una più favorevole causa di proscioglimento ex art. 129, co. 2, c.p.p., pur ove risulti l’esistenza della causa estintiva della prescrizione, obbligo che, tuttavia, in considerazione dei caratteri tipici del giudizio innanzi la Corte di Cassazione, sussiste nei limiti del controllo del provvedimento impugnato, in relazione alla natura dei vizi denunciati (cfr. Cass., sez. 1, 18/04/2012, n. 35627, Rv. 253458). Il sindacato di legittimità che, pertanto, si richiede alla corte in questo caso deve essere circoscritto all’accertamento della ricorrenza delle condizioni per addivenire a una pronuncia di proscioglimento nel merito con una delle formule prescritte dall’art. 129, co. 2, c.p.p.: la conclusione può essere favorevole al giudicabile solo se la prova dell’insussistenza del fatto o dell’estraneità a esso dell’imputato risulti evidente sulla base degli stessi elementi e delle medesime valutazioni posti a fondamento della sentenza impugnata, senza possibilità di nuove
indagini e ulteriori accertamenti che sarebbero incompatibili con il principio secondo cui l’operatività della causa estintiva, determinando il
congelamento della situazione processuale esistente nel momento in cui
è intervenuta, non può essere ritardata. Pertanto, qualora il contenuto complessivo della sentenza non prospetti, nei limiti e con i caratteri
richiesti dall’art. 129 c.p.p., l’esistenza di una causa di non punibilità più
favorevole all’imputato, deve prevalere l’esigenza della definizione immediata del processo (cfr. Cass., sez. 4, 05/11/2009, n. 43958, F.). In
presenza di una causa di estinzione del reato, infatti, la formula di proscioglimento nel merito (art. 129, comma 2, c.p.p.) può essere
adottata solo quando dagli atti risulti “evidente” la prova dell’innocenza dell’imputato, sicché la valutazione che in proposito deve essere
compiuta appartiene più al concetto di “constatazione” che di
“apprezzamento” (cfr. Cass., sez. 2, 11/03/2009, n. 24495, G.), circostanza che non può ritenersi sussistente nel caso in esame, in ragione della complessità della vicenda portata all’attenzione del Collegio e delle articolate doglienze prospettate dagli imputati, attraverso i loro difensori.
La sentenza impugnata va, pertanto, annullata senza rinvio, per essere i reati per cui si procede estinti per prescrizione.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché i reati sono estinti per prescrizione.
Così deciso in Roma il 6.2.2025