Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 35816 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME
Penale Sent. Sez. 3 Num. 35816 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/10/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: COGNOME NOME, nato a Sorrento il DATA_NASCITA, avverso la sentenza del 10/01/2025 della Corte di appello di Napoli; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
udite le conclusioni rassegnatedal Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 7 ottobre 2023, il Tribunale di Torre Annunziata condannava NOME COGNOME alla pena di un anno di reclusione ed euro mille di multa, in quanto ritenuto colpevole del reato di cui all’art. 349, commi 1 e 2, cod. pen., nonchØ dei reati di cui agli artt. 44, lettera c), d.P.R. n. 380 del 2001 (capo a), 64 e 71 d.P.R. n. 380 del 2001 (capo b), 65 e 72 d.P.R. n. 380 del 2001 (capo c), 93 e 95 d.P.R. n. 380 del 2001 (capo d), 181, comma 1bis, d.lgs. n. 42 del 2004 (capo e), ordinando la demolizione delle opere abusive e la rimessione in pristino dei luoghi.
Con sentenza del 10 gennaio 2025, la Corte di appello di Napoli confermava la pronuncia di primo grado.
Avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli, NOME COGNOME, tramite il difensore, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando tre motivi.
Avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli, NOME COGNOME, tramite il difensore, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando tre motivi.
2.1. Con il primo motivo, la difesa lamenta violazione di legge, in relazione al principio di correlazione tra accusa e sentenza ex artt. 521 e 522 cod. proc. pen. e in relazione al principio del ne bis in idem di cui all’art. 649 cod. pen., nonchØ vizio di motivazione, per contrasto della motivazione con gli atti che provano il perimetro dell’imputazione e per mancanza di motivazione con riferimento al reato di cui all’art. 349 cod. pen.
Premette il ricorrente di essere stato giudicato nei procedimenti riuniti n. 1555/2016 R.G.N.R., avente ad oggetto il reato di cui all’art. 349 cod. pen. accertato il 22/12/2025, e n. 11549/2015 R.G.N.R., avente ad oggetto i reati urbanistici ed ambientali accertati il 03/12/2015, e che la polizia giudiziaria aveva rilevato l’ultimazione dei lavori in base a due sopralluoghi effettuati il 3 e il 9 maggio 2016, a seguito dei quali era stato iscritto il procedimento penale n. 3844/2016 R.G.N.R., poi archiviato.
Deduce la difesa che la Corte di appello avrebbe confermato la sentenza per aver l’imputato ultimato le opere abusive ed averle cedute in locazione, in tal modo i giudici di secondo grado avrebbero anche così giustificato la mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena; con tale percorso motivazionale la decisione impugnata avrebbe riguardato la condotta accertata il 3 e il 9 maggio 2016, mai contestata dal Pubblico ministero nel procedimento in corso, poichØ il completamento delle opere e la concessione in locazione era stata rilevata nel procedimento archiviato n. 3844/2016 R.G.N.R., con la conseguenza che sarebbe stato violato il principio di correlazione tra accusa e sentenza e il principio del ne bis in idem.
2.2. Con il secondo motivo, la difesa lamenta violazione di legge, in relazione agli artt. 157 ss. cod. proc. pen., nonchØ mancanza di motivazione, con riferimento alla richiesta di prescrizione per i reati contestati nel procedimento n. 11549/2015 R.G.N.R.
Eccepisce la difesa che, al momento della pronuncia della sentenza impugnata (10/01/2025), i reati contravvenzionali accertati il 03/12/2015 e contestati al ricorrente nell’ambito del procedimento n. 11549/2015 R.G.N.R. erano già prescritti, poichØ il termine di prescrizione quinquennale era abbondantemente decorso, anche tenendo conto delle sospensioni della prescrizione intervenute nel corso dei due gradi di giudizio.
Allo stesso modo, il ricorrente sostiene che anche il termine di prescrizione del reato di cui all’art. 349 cod. pen. doveva ritenersi decorso alla data di emissione della sentenza impugnata, considerando che la data di consumazione del reato doveva individuarsi nel giorno 03/12/2015, e non nel giorno 22/12/2015, e che, quanto ai periodi di sospensione, non doveva tenersi conto del rinvio del processo all’udienza del 06/12/2019 disposto il 09/07/2019, poichØ l’udienza del 09/07/2019 era stata tenuta da un G.O.T. e non dal Giudice titolare del procedimento, per cui, nel concorso di due fatti che legittimano il rinvio del dibattimento (adesione del difensore all’astensione dalle udienze e assenza del Giudice titolare del procedimento), deve essere accordata prevalenza alla causa di rinvio estranea all’imputato o al suo difensore che non determina la sospensione del corso della prescrizione.
2.3. Con il terzo motivo, la difesa lamenta violazione di legge, in relazione agli artt. 163 e 164 cod. pen. e 133 cod. pen., nonchØ vizio di motivazione, in relazione al giudizio sulla pena.
La difesa censura il giudizio prognostico negativo sulle cui basi Ł stata negata la concessione della sospensione condizionale della pena, nonchØ il giudizio con cui Ł stata esclusa la riduzione della pena e la concessione delle circostanze attenuanti generiche, evidenziando a) che il ricorrente Ł un imprenditore incensurato, b) che i fatti accertati (apposizione di due ringhiere e di un balcone quanto all’art. 349 cod. pen. e ristrutturazione di un fabbricato preesistente quanto ai reati urbanistici) sono oggettivamente di scarsa rilevanza ed incompatibili con un giudizio di gravità del fatto, c) che le argomentazioni utilizzate circa la prosecuzione dei lavori edili sono basate su circostanze estranee ai reati contestati, d) che la motivazione di gravità dei fatti, ostativa alla concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, Ł anche contraddittoria con l’applicazione di una pena prossima al minimo edittale, e) che, inoltre, manca una valutazione degli elementi soggettivi di cui all’art. 133 cod. pen., rilevando che il ricorrente, decorsi dieci anni dai fatti, Ł ancora incensurato e non ha ricevuto altre contestazioni, f) che, infine, la pena irrogata Ł in contrasto con il principio di proporzionalità di cui all’art. 27 Cost.
3. E’ pervenuta memoria dell’AVV_NOTAIO, difensore di fiducia del ricorrente, con la quale si ribadisce che il riferimento al completamento delle opere abusive
costituisce un tema estraneo al presente procedimento, accertato solo il 9 maggio 2016, la cui condotta non era ricompresa nel perimetro dell’accusa, costituendo un fatto diverso, tanto che il procedimento relativo era stato archiviato e che l’archiviazione era ostativa a qualsivoglia accertamento sul punto per il principio del ne bis in idem. Si ribadisce, inoltre, l’intervenuta prescrizione per i reati urbanistici ed ambientali contestati nel procedimento n. 11549/2015 R.G.N.R., nonchØ l’errata indicazione del termine di decorrenza della prescrizione e l’errata applicazione della disciplina della sospensione della prescrizione quanto al reato di cui all’art. 349 cod. pen., senza che i relativi temi siano stati trattati dalla Corte di merito. Si insiste, infine, sulle ulteriori richieste contenute nell’atto di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso Ł manifestamente infondato.
1.1. Occorre premettere che, nel caso in esame, ci si trova al cospetto della conferma nei medesimi termini della sentenza di condanna pronunciata in primo grado, cioŁ ad una c.d. “doppia conforme”. Tale costruzione postula che il vizio di motivazione deducibile e censurabile in sede di legittimità sia soltanto quello che, a presidio del devolutum, discende dalla pretermissione dell’esame di temi probatori decisivi, ritualmente indicati come motivi di appello e trascurati in quella sede (Sez. 5, n. 1927 del 20/12/2017, dep. 2018, COGNOME e altri, Rv. 272324; Sez. 2, n. 10758 del 29/01/2015, COGNOME, Rv. 263129; Sez. 5, n. 2916 del 13/12/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 257967); o anche manifestamente travisati in entrambi i gradi di giudizio (Sez. 2, n. 5336 del 09/01/2018, Rv. 272018).
Al di fuori di tale perimetro, resta precluso il rilievo del vizio di motivazione secondo la nuova espressione dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen. nel caso di adeguata e logica valutazione conforme nei gradi di merito del medesimo compendio probatorio. Deve altresì ribadirsi che nei casi di doppia conforme, le motivazioni delle sentenze di merito convergono in un apparato motivazionale integrato e danno luogo ad un unico complessivo corpo decisionale (Sez. 2 n. 37295 del 12/06/2019, Rv. 277218; Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011, dep. 2012, Valerio, Rv. 252615), che in tali termini deve essere assunto anche nella denuncia dei vizi di legittimità, nei limiti della loro rilevanza (Sez. 1, n. 33298 del 22/04/2024, Fall).
1.2. Tanto premesso, diversamente da quanto rappresentato in ricorso, la Corte territoriale, nel descrivere quanto accaduto, ovverosia che il ricorrente, che stava eseguendo dei lavori assentiti sull’immobile che si trovava al primo piano, dopo aver stipulato un contratto preliminare di acquisto dell’immobile sito al secondo piano del fabbricato ed averne conseguito il possesso, aveva eseguito, sull’immobile compromesso in vendita, delle opere abusive, consistenti nell’ampliamento del soppalco e nell’apertura di balconi (gli spazi soppalcati, che prima erano due muniti di una piccola luce, come risultanti da atto di vendita dell’immobile del 20/06/2013, erano diventati tre, muniti di vedute e balconi, secondo quanto descritto dalla polizia municipale nell’accesso del 01/12/2015), ha linearmente chiarito che l’imputato aveva così realizzato delle opere di ristrutturazione, in mancanza dei prescritti titoli, aggiungendo che costui, sebbene fosse stato nominato custode del cantiere, aveva deciso di continuare le opere abusive, addirittura terminandole e cedendole in locazione a terzi.
In tal modo, la Corte di merito, nel rispondere alle censure mosse con l’atto di appello che imputavano la responsabilità della prosecuzione dei lavori alla conduttrice, ha spiegato che la custodia dell’immobile era stata affidata al ricorrente e che, dunque, la prosecuzione dei lavori, in essa ovviamente e logicamente rientrando anche la contestata apposizione delle due ringhiere nei balconi, così come il completamento dei lavori stessi, erano a lui
addebitabili, avendo concesso in locazione il bene e non avendo richiesto la cessazione dall’incarico.
Non ricorre allora alcuna violazione del perimetro dell’accusa contestatagli, nØ del principio del ne bis in idem: la condotta addebitata in rubrica Ł quella di esser stato nominato custode dell’immobile sottoposto a sequestro in data 03/12/2015 e di aver violato i sigilli in epoca successiva, proseguendo i lavori mediante il fissaggio ad una trave della piattabanda del balcone di tre gattoni metallici e l’apposizione di due ringhiere, lavori questi ultimi accertati in data 22/12/2015. Ed Ł in questi esatti termini che il giudice di primo grado prima e la Corte distrettuale poi ricostruiscono la vicenda, affrontando anche specificamente la questione della circostanza attenuante dei motivi di particolare valore morale e sociale legata alla installazione delle ringhiere, che integra proprio la contestata violazione dei sigilli, ritenendo tale circostanza non sussistente, sottolineando sul punto, senza vizi logici, che il custode avrebbe dovuto astenersi dall’aprire il balcone e dal renderlo utilizzabile, in ogni caso precludendo l’accesso al balcone abusivo ad eventuali bambini. Il riferimento alla ultimazione delle opere, accertata nel maggio 2016, e alla locazione dell’immobile, non sposta i termini della contestazione, che rimane quella di aver eseguito opere di ristrutturazione non assentite e di aver violato i sigilli, ma Ł funzionale alla corretta illustrazione della vicenda complessiva, in particolare di quali fossero gli intendimenti del ricorrente.
Di qui la manifesta infondatezza del primo motivo di ricorso.
Il secondo motivo Ł fondato nei termini di seguito indicati.
2.1. Quanto al reato di violazione di sigilli, il momento consumativo può essere ritenuto coincidente con quello dell’accertamento – sulla base di elementi indiziari, di considerazioni logiche, ovvero di fatti notori e massime di esperienza – salvo che venga rigorosamente provata l’esistenza di situazioni particolari o anomale, idonee a confutare la valutazione presuntiva e a rendere almeno dubbia l’epoca di commissione del fatto (Sez. F, n. 34281 del 30/07/2013, COGNOME, Rv. 256644; Sez. 3, n. 47082 del 16/11/2007, COGNOME, Rv. 238470).
Il capo di incolpazione indica la data di accertamento nel giorno 22/12/2015.
Il termine di prescrizione massimo per il reato di cui all’art. 349 cod. pen. Ł di sette anni e sei mesi, cui vanno aggiunti i periodi di sospensione del decorso prescrizionale, nel caso di specie pari a complessivi 996 giorni, vale a dire a) dal 04/10/2018 al 19/03/2019, in cui Ł intervenuto il rinvio dell’udienza per istanza del difensore dell’imputato, per 166 giorni; b) dal 19/03/2019 al 09/07/2019, in cui il rinvio Ł stato determinato da istanza del difensore dell’imputato, per 112 giorni; c) dal 09/07/2019 al 06/12/2019, in cui il rinvio Ł stato determinato da adesione del difensore alla astensione dalle udienze, per 150 giorni; d) dal 20/12/2019 al 14/04/2020, in cui il rinvio Ł stato determinato da impedimento del difensore, per i primi 60 giorni; e) dal 09/03/2020 all’11/05/2020, in conseguenza della sospensione ex lege determinata dal periodo di pandemia, per 64 giorni; f) dal 30/06/2023 al 18/06/2024, in cui il rinvio Ł stato determinato da istanza del difensore, per 354 giorni; g) dall’11/01/2025 al 10/04/2025, ovverosia durante la pendenza del termine indicato dalla Corte di appello per il deposito della sentenza, per 90 giorni.
Da tanto discende che il termine massimo di prescrizione, considerate le sospensioni del corso della prescrizione testŁ elencate per complessivi 996 giorni, maturerà soltanto il 14/03/2026.
Il ricorrente deduce che non può tenersi conto del periodo di sospensione di 150 giorni in virtø del differimento dell’udienza del 09/07/2019 alla successiva udienza del 06/12/2019, in quanto il rinvio del dibattimento era dovuto, oltre che alla adesione del difensore alla
astensione dalle udienze, alla circostanza che l’udienza non era tenuta dal giudice titolare del procedimento, ma da un giudice onorario, sicchŁ il processo non avrebbe potuto comunque essere trattato, richiamando il principio secondo cui, in tema di prescrizione del reato, nel concorso di due fatti che legittimano il rinvio del dibattimento, l’uno riferibile all’imputato o al difensore e l’altro al giudice, deve accordarsi la prevalenza a quello riferibile al giudice e pertanto il rinvio non determina la sospensione del corso della prescrizione (Sez. 5, n. 36990 del 24/06/2019, COGNOME, Rv. 277533).
In proposito, deve essere tuttavia rilevato che, affinchŁ il principio richiamato dal ricorrente operi, Ł necessario che effettivamente il rinvio sia stato disposto per entrambe le cause, non rilevando la potenziale esistenza di quella riferibile all’ufficio ma non rilevata in concreto dal giudice, che non l’ha posta a fondamento del provvedimento di rinvio (Sez. 6, n. 44793 del 17/10/2024, COGNOME, non mass.). E, nel caso in esame, il verbale dell’udienza del 09/07/2019, allegato al ricorso, non dà atto espressamente della trattazione del processo da parte di un giudice onorario e della necessità del rinvio anche per assenza del giudice titolare dell’affare. In ogni caso, il Collegio osserva che il mancato computo del relativo periodo di sospensione di 150 giorni comporterebbe che il maturarsi della prescrizione ricada nel giorno 15/10/2025, vale a dire in epoca comunque successiva alla pronuncia della sentenza di secondo grado. Ne consegue che, vertendosi in caso di inammissibilità del ricorso relativamente al reato di cui all’art. 349 cod. pen., per manifesta infondatezza del primo ed anche del terzo motivo di ricorso, come oltre sarà precisato, la mancata costituzione di un valido rapporto processuale relativamente alla imputazione di violazioni di sigilli preclude la possibilità di rilevare la prescrizione maturata dopo la sentenza di appello, in ragione dell’autonomia dell’azione penale e dei rapporti processuali inerenti ai singoli capi di imputazione (Sez. U, n. 6903 del 27/05/2016, Aiello, Rv. 268966).
2.2. Quanto agli ulteriori reati contravvenzionali contestati, dalle sentenze di merito, le cui conformi decisioni si saldano per formare un unico percorso argomentativo assistito da tenuta logica e coerenza strutturale, risulta che, al momento del primo accertamento, il 3 dicembre 2015, erano in corso le opere edilizie abusive indicate al capo a) dell’imputazione, comportanti modifiche prospettiche, ampliamento di vani ed aumento di superfici utili, sicchŁ era stato eseguito il sequestro del cantiere relativo alle opere abusive e nominato custode l’imputato; nel successivo accertamento del 22 dicembre 2015 era stata riscontrata la violazione dei sigilli precedentemente apposti.
Consegue che i reati contravvenzionali, accertati il 3 dicembre 2015 e proseguiti sino al 22 dicembre 2015, il cui termine di prescrizione massimo Ł quinquennale, si sono prescritti in epoca anteriore alla pronuncia della sentenza di secondo grado. Infatti, rispetto alla data del 22 dicembre 2015 in cui Ł stata constatata la violazione dei sigilli ed alla quale deve, dunque, ancorarsi la data di consumazione dei reati, il termine di prescrizione deve considerarsi definitivamente maturato il 27/06/2022, tenendo conto dei periodi di sospensione del corso prescrizionale intervenuti sino a quella data (non devono, infatti, essere considerati il periodo di sospensione di 354 giorni per il rinvio dell’udienza del 30/06/2023 al 18/06/2024 ed il periodo di sospensione di 90 giorni per la redazione della sentenza di appello perchØ successivi al maturarsi della prescrizione), quindi ben prima della pronuncia della sentenza impugnata, emessa il 10 gennaio 2025. In definitiva, non essendo riscontrabili, nella decisione impugnata, quanto ai reati contravvenzionali, elementi di giudizio idonei a riconoscere la prova evidente dell’innocenza dell’imputato, nØ, in AVV_NOTAIO, l’incontrovertibile insussistenza dei fatti, la sentenza impugnata deve essere annullata sul punto senza rinvio, come da dispositivo.
Il terzo motivo Ł manifestamente infondato.
3.1. E’ innanzitutto priva di alcun fondamento la richiesta di riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, essendo già state concesse dal giudice di primo grado con giudizio di equivalenza rispetto alla contestata aggravante.
3.2. Quanto al trattamento sanzionatorio, la Corte di appello, nel disattendere le censure dell’imputato, ha sottolineato che la gravità del fatto esclude la riduzione della pena al minimo, mentre il giudice di primo grado aveva già rilevato che la pervicacia manifestata dall’imputato, con violazione dei sigilli apposti, e la conseguente rilevante intensità dell’elemento soggettivo dei reati contestati giustificava il discostarsi dal minimo edittale, così muovendo dalla pena base di mesi dieci di reclusione e pervenendo alla pena finale di anni uno di reclusione.
Ebbene, deve ricordarsi in proposito che la graduazione del trattamento sanzionatorio rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, che lo esercita, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen., sicchŁ nel giudizio di cassazione Ł comunque inammissibile la censura che miri ad una nuova valutazione della congruità della pena, la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 2, n. 39716 del 12/07/2018, Cicciø, Rv. 273819, in motivazione; Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243; Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259142; Sez. 1, n. 24213 del 13/03/2013, COGNOME, Rv. 255825; da ultimo v. Sez. 2, n. 1929 del 16/12/2020, dep. 2021, COGNOME, non mass.), evenienza questa non ricorrente nel caso di specie, avendo la Corte territoriale argomentato sulla base di rilievi del tutto corretti e adeguatamente motivati, che il ricorrente non ha considerato in modo critico, ma esclusivamente in modo contestativo, sul piano delle valutazioni relative alla scarsa rilevanza del fatto e sulla violazione del principio di proporzionalità della pena, con la conseguente manifesta infondatezza delle relative censure. Del resto, la pena base Ł stata determinata ben al di sotto del medio edittale, ed anche al di sotto del primo quarto dell’ambito edittale, sicchŁ in presenza di un apparato argomentativo argomentativo non irrazionale, nØ frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico, non vi Ł spazio per l’accoglimento delle obiezioni difensive, che sollecitano differenti apprezzamenti di merito che non possono trovare ingresso in sede di legittimità.
3.3. Quanto al beneficio della sospensione condizionale della pena, occorre ricordare che la valutazione prognostica richiesta dall’art. 164 c.p. richiama la necessaria considerazione complessiva delle circostanze indicate nell’art. 133 c.p. (Sez. 2, n. 2742 del 15/12/2020, dep. 2021, Gaye, n.m.), sia in relazione alla gravità del reato (modalità dell’azione, gravità del danno o del pericolo cagionato, intensità del dolo), sia con riguardo alla capacità a delinquere (motivi a delinquere e carattere del reo, precedenti penali, condotta del reo antecedente, contemporanea o susseguente al reato, condizioni di vita).
Ebbene, i giudici di merito hanno negato il beneficio della pena sospesa, affermando in primo grado che non era possibile formulare prognosi positiva in ordine alla astensione dalla commissione di ulteriori reati, in ragione della pervicacia manifestata nell’edificazione delle opere abusive, nonostante l’apposizione dei sigilli in due diverse occasioni, mentre la Corte di appello, investita di gravame sul punto, ha sottolineato che, in meno di un mese, l’imputato aveva eseguito le opere abusive, violato i sigilli per completarle, concesso in locazione l’immobile abusivo a fini di profitto, sicchŁ una previsione di autolimitazione futura era obiettivamente incompatibile con la personalità dell’imputato come nel giudizio accertata.
Si tratta di valutazione che la Corte territoriale, investita di pieni poteri cognitivi e decisori, ha correttamente assunto ed adeguatamente motivato, senza incorrere nel vizio di
manifesta illogicità o di contraddittorietà della motivazione, avendo spiegato come il contegno tenuto dal ricorrente, violando norme in materia urbanistica, ambientale e sismica e, poi, violando i sigilli per completare le opere e locare l’immobile abusivo, era ostativo ad un giudizio prognostico favorevole sulle condotte future; tanto in linea con il consolidato orientamento di questa Corte secondo cui la valutazione, da parte del giudice di merito, delle condizioni per la concessione del beneficio della sospensione condizionale non richiede l’esame tutti gli elementi indicati nell’art. 133 cod. pen., ben potendosi questi limitare ad indicare quelli ritenuti prevalenti (Sez. 5, n. 17953 del 7/2/2020, Filipache, Rv. 279206; Sez. 5, n. 57704 del 14/9/2017, P., Rv. 272087; Sez. 3, n. 35852 del 11/5/2016, Camisotti, Rv. 267639; Sez. 2, n. 37670 del 18/6/2015, Cortopassi, Rv. 264802).
In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio limitatamente ai reati di cui ai capi A), B), C), D) ed E) contestati nel procedimento n. 11549/2015 R.G.N.R. perchØ estinti per prescrizione, con rideterminazione della pena in mesi dieci di reclusione ed euro 750,00 di multa per il residuo reato di cui all’art. 349, commi 1 e 2, cod. pen., versandosi in ipotesi senz’altro sussumibile nell’ambito applicativo di cui all’art. 620, lett. l), cod. proc. pen. Alla declaratoria di estinzione dei reati di cui ai capi A), B), C), D) ed E) consegue la revoca dell’ordine di demolizione e di rimessione in pristino, mentre restano ferme le competenze dell’Amministrazione comunale e dell’Amministrazione regionale per quanto riguarda il potere-dovere di disporre la demolizione e la rimessione in pristino. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile nel resto a cagione della manifesta infondatezza di tutti i restanti motivi ai quali Ł stato affidato.
P.Q.M
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perche’ i reati di cui ai capi A) B) C) D) ed E) sono estinti per prescrizione. Revoca l’ordine di demolizione e rimessione in pristino. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso e ridetermina la pena per il residuo reato in mesi 10 di reclusione ed euro 750 di multa.
Così Ł deciso, 23/10/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME