Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 5479 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 5479 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Napoli il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 18/5/2023 della Cote di appello d Napoli;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; sentita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’annullamento senza rinvio della sentenza quanto al capo D), per prescrizione, con dichiarazione di estinzione dello stesso per intervenuta remissione in pristino
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 18/5/2023, la Corte di appello di Napoli, in riforma della pronuncia emessa il 12/11/2014 dal locale Tribunale, dichiarava non doversi procedere nei confronti di NOME COGNOME in ordine ai reati ascrittigli, perché estinti per prescrizione.
Propone ricorso per cassazione l’imputato, deducendo – con unico motivo – l’inosservanza o l’erronea applicazione della legge penale, con vizio di
)
motivazione; omessa valutazione dei motivi aggiunti. Con riguardo al capo D), la Corte di appello non avrebbe esaminato i motivi aggiunti depositati il 27/4/2023, con i quali si evidenziava l’intervenuta modifica normativa a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 56 del 2016. Tale modifica, peraltro rilevabile d’ufficio, avrebbe imposto, per un verso, la riqualificazione dell’ipotesi delittuosa in contravvenzione e, per altro verso, la dichiarazione di estinzione del reato alla luce dell’intervenuto ripristino dello stato dei luoghi, documentato sin dal primo grado.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso risulta infondato.
Con sentenza del Tribunale del 12/11/2014, il COGNOME è stato giudicato colpevole dei reati di cui agli artt. 81 cpv. cod. pen., 44, lett. c), d.P.R. 6 giug 2001, n. 380 (capo A), 64, 71, 65 e 72, stesso decreto (capo B), 181, comma 1bis, d. Igs. 22 gennaio 2004, n. 42 (capo D), 734 cod. pen. (capo E), e condannato alla pena complessiva di un anno di reclusione, ritenuto più grave il delitto di cui al capo D).
Con sentenza di appello del 18/5/2023, qui impugnata, la Corte ha invece constatato l’intervenuta estinzione per prescrizione di tutte le condotte contravvenzionali, ed ha perciò dichiarato non doversi procedere nei confronti dell’imputato “in ordine ai reali lui ascritti”.
Così sintetizzate le pronunce di merito, non può essere accolta la tesi difensiva in forza della quale la Corte di appello non avrebbe tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale n. 56 del 23/3/2016, che, dichiarando l’illegittimità costituzionale di una parte dell’art. 181, comma 1-bis in esame, ha limitato la natura delittuosa della fattispecie agli interventi che abbiano comportato un aumento dei manufatti superiore al trenta per cento della volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, un ampliamento della medesima superiore a settecentocinquanta metri cubi, ovvero ancora abbiano comportato una nuova costruzione con una volumetria superiore ai mille metri cubi. In particolare, l’ampio richiamo, in sentenza, alle “ipotesi contravvenzionali accertate il 23.9.09”, in uno con l’assenza di ogni riferimento ad un’ipotesi delittuosa, consente di ritenere che la Corte di appello abbia ben tenuto presente la sentenza n. 56 del 2016 citata, abbia quindi riqualificato in contravvenzione il delitto di cui al capo D) e, infin abbia dichiarato estinti per prescrizione tutti i reati (tutti “or contravvenzionali) contestati al COGNOME.
La sentenza, pertanto, non merita censura, perché correttamente motivata anche sul reato di cui al capo D); la Corte di appello, peraltro, ha riscontrato anche
l’assenza di cause di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen., così ulteriormente rafforzando la declaratoria di estinzione per prescrizione.
Con riguardo, infine, alla dedotta estinzione del capo D) per rimessione in pristino dello stato dei luoghi, ai sensi dell’art. 181, comma 1 -quinquies, d. Igs. n. 42 del 2004, il Collegio osserva che la questione attiene al merito della vicenda e non può essere trattata in questa sede, nella quale la Corte non è ammessa a verificare la documentazione allegata al ricorso.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato, ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 18 gennaio 2024
Il GLYPH nsigliere estensore