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Prescrizione reati: Cassazione chiarisce i termini

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso basato sulla presunta prescrizione reati di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni. La Corte ha chiarito che nel calcolo del termine massimo di prescrizione (7 anni e 6 mesi) deve essere incluso anche il periodo di sospensione di 18 mesi legato alla sentenza di primo grado. Di conseguenza, i reati non erano ancora prescritti al momento della sentenza d’appello, rendendo il ricorso infondato e condannando la ricorrente al pagamento delle spese e di un’ammenda.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Prescrizione Reati: La Cassazione sul Calcolo dei Termini di Sospensione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18744/2025, torna a pronunciarsi su un tema cruciale del diritto penale: la prescrizione reati. In questo caso, i giudici hanno ribadito l’importanza di un corretto calcolo dei periodi di sospensione, dichiarando inammissibile il ricorso di un’imputata che riteneva estinti per decorrenza dei termini i reati a lei ascritti. Analizziamo insieme la vicenda e le motivazioni della Suprema Corte.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine dalla condanna, confermata in primo e secondo grado, di una donna per i reati di resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 c.p.) e lesioni personali (art. 582 c.p.), commessi ai danni di un Appuntato dei Carabinieri in data 15 novembre 2017. La Corte di appello di Reggio Calabria, con sentenza del 28 marzo 2024, aveva confermato la decisione del Tribunale, emessa a seguito di un giudizio abbreviato.

Il Ricorso in Cassazione e la questione della prescrizione reati

La difesa dell’imputata ha presentato ricorso per Cassazione, basando le proprie doglianze su un unico, ma fondamentale, motivo: la violazione e falsa applicazione delle norme sulla prescrizione reati (artt. 157, 160 e 161 del codice penale). Secondo la tesi difensiva, la Corte d’appello avrebbe errato nel non dichiarare l’estinzione dei reati per il decorso del tempo, sostenendo che il termine massimo di prescrizione fosse già maturato alla data della sentenza di secondo grado.

le motivazioni

La Corte di Cassazione ha rigettato completamente la tesi difensiva, dichiarando il ricorso inammissibile. Il fulcro della decisione risiede nel corretto computo dei termini di prescrizione, che deve tenere conto non solo del tempo massimo previsto dalla legge, ma anche di eventuali periodi di sospensione. I giudici hanno specificato che al termine di prescrizione massimo, fissato in 7 anni e 6 mesi per i reati contestati, doveva essere aggiunto un periodo di sospensione di 18 mesi. Tale sospensione era direttamente correlata alla pronuncia della sentenza di primo grado. Effettuando questo calcolo, emerge chiaramente che, alla data della sentenza d’appello (28/03/2024), il termine complessivo di prescrizione non era ancora decorso. L’omissione di questo calcolo da parte della difesa ha reso il motivo del ricorso manifestamente infondato, portando alla sua inammissibilità.

le conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale in materia di prescrizione reati: il calcolo dei termini non è un mero esercizio aritmetico, ma deve tenere conto di tutte le cause di sospensione e interruzione previste dalla legge. La decisione evidenzia come un’errata interpretazione delle norme procedurali possa portare a un esito sfavorevole, come l’inammissibilità del ricorso e la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. Per gli operatori del diritto, ciò sottolinea la necessità di una scrupolosa attenzione nel calcolare i termini processuali, mentre per i cittadini rafforza la comprensione che il percorso della giustizia è regolato da norme precise che ne determinano la tempistica.

Qual era la principale argomentazione del ricorso presentato in Cassazione?
L’argomentazione principale era che i reati di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni personali si fossero estinti per prescrizione e che la Corte d’appello avesse erroneamente omesso di dichiararlo.

Perché la Corte di Cassazione ha ritenuto infondata la questione sulla prescrizione reati?
La Corte ha ritenuto il ricorso infondato perché nel calcolo del tempo necessario a prescrivere il reato non era stato considerato un periodo di sospensione di 18 mesi, legato alla sentenza di primo grado. Aggiungendo questo periodo al termine massimo di 7 anni e 6 mesi, la prescrizione non era ancora maturata al momento della sentenza d’appello.

Quali sono state le conseguenze per la ricorrente della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, la condanna è diventata definitiva. Inoltre, la ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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