Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 12660 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 12660 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME nato a Piedimonte Etneo il 25/07/1958; nel procedimento a carico del medesimo; avverso la sentenza del 08/11/2023 del tribunale di Messina; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria dell’Avvocato Generale dr. NOME COGNOME che ha chie l’annullamento senza rinvio perché i reati sono estinti per prescrizione.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza di cui in epigrafe, il tribunale di Messina condannava COGNOME NOME in ordine ai reati di cui all’art. 256 Dlgs 152/06 applican la pena della ammenda.
Avverso la predetta sentenza COGNOME NOME mediante il proprio difensore ha proposto atto di appello, e la Corte di appello di Messina, rilev la intervenuta condanna alla sola pena della ammenda, con conseguente inappellabilità della sentenza ai sensi dell’art. 593 comma 2 cod. proc. pen. trasmesso gli atti per quanto di eventuale competenza a questa Corte.
Si rappresenta con il primo motivo la richiesta di assoluzione dell’imputa in ordine al capo 2, la richiesta di dichiarare estinto il reato ex art. 318 t
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152/06 per intervenuto adempimento delle prescrizioni previste, l’assoluzione dello stesso in via subordinata ai sensi dell’art. 131 bis cod. pen. ritenendosi sussistere la tenuità del fatto.
Con il secondo motivo relativo al capo 1, si chiede l’assoluzione sostenendosi che non sarebbe stato l’imputato a disporre la prosecuzione della attività di recupero, e comunque l’assoluzione perché il fatto non costituisce reato non essendo l’imputato al corrente della prosecuzione della attività contestata ad opera del fratello;
Con il terzo motivo si chiede la dichiarazione di intervenuta prescrizione dei reati già durante il primo processo.
Con il quarto motivo si chiede la rideterminazione del trattamento sanzionatorio con concessione altresì delle attenuanti generiche e pena contenuta nel minimo.
L’impugnazione è fondata limitatamente al rilievo relativo alla prescrizione. Preliminarmente occorre precisa che la Corte di Appello di Messina, con ordinanza del 20.9.2024, ha dichiarato inappellabile la sentenza del tribunale di Messina qui impugnata, ed ha disposto, ai sensi dell’art 568 comma 5 cod. proc. pen., la trasmissione degli atti presso questa Suprema Corte per l’eventuale qualificazione dell’appello in ricorso, trattandosi di sentenza di condanna alla sola pena dell’ammenda. Va precisato che secondo autorevoli arresti della Corte di cassazione, cui il collegio intende dare seguito: «allorché un provvedimento giurisdizionale sia impugnato dalla parte interessata con un mezzo di gravame diverso da quello legislativamente prescritto, il giudice che riceve l’atto deve limitarsi, a norma dell’art. 568, comma 5, cod. proc. pen., a verificare l’oggettiva impugnabilità del provvedimento, nonché l’esistenza di una voluntas impugnationis, consistente nell’intento di sottoporre l’atto impugnato a sindacato giurisdizionale, e quindi trasmettere gli atti, non necessariamente previa adozione di un atto giurisdizionale, al giudice competente» (cfr. per tutte Sez. U, n. 45371 del 31/10/2001, COGNOME, Rv. 220221 e Sez. U, n. 45372 del 31/10/2001, COGNOME, non massimata).
Si esclude, quindi, la necessità di compiere una “indagine introspettiva” sulla “reale volontà della parte impugnante” e, dunque sui “riflessi pregiudizievoli che derivavano all’ammissibilità dell’impugnazione dalla deliberata scelta di un mezzo non consentito dalla legge” (così in motivazione Sez. U, n. 45371 del 31/10/2001, COGNOME, cit.). L’intervento delle Sezioni Unite COGNOME ha superato, confutandone punto per punto gli argomenti, il precedente orientamento di segno contrario che, invece, privilegiava la reale volontà della
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parte, negando al giudice il potere di sostituire il mezzo d’impugnazione effettivamente voluto con quello astrattamente ammissibile (per tutte Sez. U, n. 16 del 26/11/1997, dep. 1998, Nexhi, Rv. 209336).
La regola dettata dalle Sezioni Unite NOME (sostenuta da ampia e analitica motivazione alla quale si rimanda) appare sostanzialmente consolidata (cfr. da ultimo in motivazione, Sez. 5, n. 42578 del 27/09/2024 Rv. 287234 02).
Nel caso in esame, l’impugnazione è stata proposta da difensore cassazionista, sicché sotto tale aspetto essa è astrattamente ammissibile ex art. 613 c.p.p.. L’impugnazione “de qua” deve essere considerata inammissibile in ordine a tutti i motivi dedotti ad eccezione di quello in tema di prescrizione. Infatti le censure proposte con i primi due motivi mirano alla intera devoluzione del thema decidendum proponendo rivalutazioni del merito e fattuali. Ricorre invece, come anche rilevato dall’Avvocato Generale, tenendo presente l’epoca di realizzazione dei reati, la intervenuta maturazione della relativa prescrizione, già prima della sentenza di primo grado, trattandosi di fatti commessi rispettivamente tra il primo maggio 2016 e il 31.12.2017, e il 3.7.2018, con decorso del tempo massimo di prescrizione al 1.3.2023 e 1.9.2023′ calcolando anche la sospensione di soli 60 giorni ( come correttamente rilevato dalla difesa) per intervenuto impedimento del difensore, laddove la sentenza di primo grado è successiva a tali date, risalendo al 8.11.2023.
Le richieste finali, di assoluzione o rideterminazione comunque della pena, rimangono assorbite.
Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che la sentenza debba essere annullata senza rinvio perché i reati sono estinti per prescrizione.
P.Q.M.
annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè i reati sono estinti per prescrizione.
Così deciso in Roma, il 13 febbraio 2025
Il C nsigliere estensore
IkPresidente