Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 14486 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 14486 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PONTINIA il 21/11/1962
avverso la sentenza del 01/07/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato, il ricorso e la memoria difensiva;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto P.G. NOME COGNOME
lette le conclusioni della parte civile COGNOME
Ricorso trattato ai sensi dell’art. 611 c.p.p. in assenza di richiesta di trattazione orale
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME a mezzo del difensore di fiducia, ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Roma del 1°/07/2024, con cui è stata confermata la sentenza del Tribunale di Cassino che ha condannato il ricorrente alla pena di giustizia in ordine ai reati di truffa ed appropriazione indebita aggravata, con conferma delle statuizioni civili disposte a favore della costituita parte civile COGNOME Pietro e condanna alle relative spese.
La difesa affida il ricorso a sette motivi che, sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., saranno enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
2.1. Violazione dell’art. 124 cod. pen. con riguardo alla tardività della querela.
2.2. Violazione degli artt. 125, 426 e 546 cod. proc. pen., nonché il vizio di motivazione, anche sotto il profilo del travisamento della prova, in ordine all’esistenza di condotte sussumibili nell’alveo delle fattispecie contestate, anche con riguardo alla ritenuta aggravante dell’abuso di prestazione d’opera.
2.3. Violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione, anche sotto il profilo del travisamento della prova, con riferimento alla ritenuta appropriazione indebita aggravata ex art. 61 n. 11 cod. pen., non essendovi prova che la persona offesa avesse mai dato incarico all’imputato, né come promotore finanziario, né come agente di assicurazione. Né sarebbe dimostrato che l’imputato si sia appropriato di somme al medesimo conferite dalla p.o. e destinate al pagamento del premio della polizza sottoscritta con le Assicurazioni Generali.
2.4. Violazione degli artt. 62-bis e 133 cod. pen. ed il vizio di motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio.
2.5. Nullità del giudizio per mancata notifica all’imputato del decreto di citazione a giudizio presso il difensore domiciliatario.
2.6. Intervenuta prescrizione dei reati, la cui consumazione andava collocata dal 2013 al 2015.
2.7. Vizio di motivazione in ordine al diniego di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche e aumenti per la continuazione.
Il Pubblico ministero, nella persona del sostituto P.G. NOME COGNOME con requisitoria del 31 gennaio 2025, ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Con nota del 20 febbraio 2025, il difensore e patrono della parte civile COGNOME COGNOME ha concluso per il rigetto del ricorso, con conferma delle statuizioni civili e condanna dell’imputato al pagamento degli onorari di assistenza e difesa
sostenute nel presente grado, come da nota spese allegata.
Con memoria del 2 marzo 2025, a cui sono allegate anche le conclusioni in termini di prescrizione del reato rese dal pubblico ministero nel giudizio di appello, la difesa dell’imputato ha replicato alle conclusioni del P.G., insistendo per l’accoglimento del ricorso
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato quanto all’eccezione di prescrizione, restando, di conseguenza assorbite le censure svolte sul trattamento sanzionatorio. è, invece, inammissibile riguardo agli altri motivi inerenti al corretto instaurarsi del giudizio di primo grado, alla procedibilità dell’azione penale e all’affermazione di responsabilità dell’imputato.
Manifestamente infondata è l’eccezione di nullità del giudizio per mancata notifica all’imputato del decreto di citazione a giudizio presso il difensore domiciliatario.
Dall’esame del fascicolo processuale, a cui il Collegio può accedere trattandosi di questione processuale, risulta che l’imputato fu ritualmente citato il 7 agosto 2019 alle ore 12:53:30 mediante pec indirizzata allo studio dell’avv. NOME COGNOME quale domiciliatario. La circostanza che si tratti della notifica per l’imputato e non, come sostiene il ricorrente, per il difensore, si ricava dall’espressa indicazione del nominativo dell’imputato quale soggetto interessato a ricevere l’atto (nella specie il decreto di citazione a giudizio con l’avviso della nuova udienza di comparizione). Tale conclusione, peraltro, risulta ulteriormente avvalorata dalla lettura del verbale dell’udienza del 25 giugno 2019, ove il giudice dà atto che il pubblico ministero produce la prova dell’avvenuta notifica del decreto di citazione per il difensore e, stante la mancanza di prova che tale notifica fosse avvenuta per l’imputato, si dispone la rinnovazione, per come poi comprovato dalla relativa relata che segue il verbale di udienza. Corretta risulta, pertanto, la motivazione resa al riguardo dalla Corte d’appello che a pag. 2 ha rigettato l’eccezione stante l’avvenuta notifica.
Manifestamente infondato è il motivo inerente al difetto di querela.
La tempestività della querela rinviene congrua motivazione. La sentenza impugnata ha, infatti, dato atto di come l’azione punitiva venne ritualmente esercitata dalla persona offesa allorché ebbe completa contezza dei reati di cui era rimasto vittima intorno alla metà del mese di ottobre 2017 allorquando l’imputato
ebbe ad ammettere di non avere versato nei termini perché le somme erano state da lui utilizzate per personali esigenze. Risulta, pertanto, individuato il momento temporale da cui è cominciato a decorrere il termine per la proposizione della querela, non ancora spirato allorché la persona offesa querelò l’imputato (alla fine del mese di dicembre 2017).
Del tutto generici sono i motivi in ordine all’affermazione di responsabilità.
Il ricorrente, infatti, non si confronta con l’indicazione delle fonti di prova cui emerge che l’imputato, in un unico contesto, si appropriò indebitamente delle somme destinate al pagamento del premio di polizza, inducendo in errore – con gli artifizi e raggiri specificati nel capo di imputazione (v. anche sentenza di primo grado a pag. 3) la parte civile sulla copertura assicurativa (al riguardo, si è fatt riferimento alle dichiarazioni della persona offesa, alla documentazione relativa alla polizza assicurativa stipulata nel 2005, alle disposizioni di bonifico e a contenuto dell’estratto conto inviato dalla società assicuratrice).
Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi con riferimento alla ritenuta appropriazione indebita aggravata ex art. 61 n. 11 cod. pen., in quanto anche su tale aspetto il ricorrente omette di confrontarsi con gli elementi di prova indicati dalle sentenze di merito a corredo dell’affermazione di responsabilità e della sussistenza dell’aggravante contestata.
Fondato è il motivo con cui si lamenta l’omessa pronuncia in ordine all’eccezione di prescrizione dei reati.
Si è, infatti, al cospetto di una truffa a consumazione prolungata, nell’ambito della quale si innesta anche l’appropriazione indebita delle relative somme, costituita dal mancato versamento dei premi relativi agli anni 2013, 2014 e 2015, riferibili ad un unico contratto di assicurazione (v. pag.3 della sentenza di primo grado). Pertanto, considerando quale data più favorevole all’imputato quella del 15 febbraio 2015 allorché la p.o. effettuò l’ultimo bonifico in suo favore per il pagamento del relativo premio, il reato è prescritto essendo decorso alla data della sentenza d’appello il termine massimo di prescrizione pari ad anni sette e mesi sei, non potendo computarsi la sospensione ex lege n. 103 del 2017, in quanto applicabile ai fatti commessi dopo la data di entrata in vigore (4 agosto 2017) e non risultando intervenute altre cause di sospensione.
La Corte d’appello, benché la difesa avesse eccepito la prescrizione nelle conclusioni dell’atto di appello, indicando anche la data di consumazione del reato da cui dovesse farsi decorrere il termine id prescrizione, ha del tutto omesso di esaminare il relativo motivo.
La sentenza impugnata, pertanto, deve essere annullata senza rinvio per
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essere i reati estinti per prescrizione, con conferma, ai sensi dell’art. 578, comma
1, cod. proc. pen., delle statuizioni civili rese a favore della parte civile De santis
NOME
6. Assorbite dall’accoglimento del motivo sulla prescrizione sono le censure inerenti al trattamento sanzionatorio (dosimetria della pena, concessione delle
attenuanti generiche ed aumenti per la continuazione).
7. Rileva, infine, la Corte che non può accogliersi la richiesta di rifusione delle spese formulata nell’interesse della parte civile.
Come da ultimo riaffermato nella sentenza delle Sezioni Unite “COGNOME“
(Sez. U, n. 877 del 14/07/2022, dep. 2023, Rv. 283886 in motivazione) già nella sentenza delle Sezioni Unite “Gallo” (Sez. U, n. 5466 del 28/01/2004, Rv. 226716-
01) si era chiarito che nel procedimento che si svolge dinanzi alla Corte di cassazione in camera di consiglio nelle forme previste dagli artt. 610 e 611 cod.
proc. pen., ovvero con rito camerale c.d. “non partecipato”, quando il ricorso dell’imputato viene dichiarato, per qualsiasi causa, inammissibile, va disposta la condanna al pagamento delle spese processuali in favore della parte civile, purché, in sede di legittimità, la stessa parte civile abbia effettivamente esplicato, nei modi e nei limiti consentiti, un’attività diretta a contrastare la pretesa dell’imputato per la tutela dei propri interessi.
Nel caso in esame, in applicazione di tale condiviso principio di diritto, costantemente enunciato in riferimento a tutte le forme di giudizio camerale non partecipato, la liquidazione delle spese processali riferibili alla fase di legittimità i favore della parte civile non è dovuta, perché essa non ha fornito alcun contributo, essendosi limitata a richiedere il rigetto del ricorso, con vittoria di spese, senza contrastare specificamente i motivi di impugnazione proposti.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti penali perché i reati sono estinti per prescrizione. Rigetta il ricorso agli effetti civili. Nulla per le spe di parte civile.
Così deciso, il 5 marzo 2025.