Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 14221 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 14221 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME nato a Sant’Agata di Esaro il 27/04/1970; nel procedimento a carico del medesimo; avverso la sentenza del 27/03/2024 della Corte di appello di Catanzaro; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sost. Procuratore Generale dr NOME COGNOME chiesto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza di cui in epigrafe la Corte di appello di Catanz riformando la sentenza del tribunale di Castrovillari del 30.5.2022 in ord reato ex art. 256 comma 1 del Dlgs. 152/06, rideterminava la pena fin confermandola nel resto.
Avverso la suindicata sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione mediante il suo difensore.
Con il primo motivo, deduce il vizio di violazione di legge in ordi al reato di cui all’art. 256 comma 1 del Dlgs. 152/06 in ordine alla applicata, che avrebbe dovuto corrispondere alla previsione di pena pecuniari detentiva alternativa, di cui all’art. 256 citato comma 1 lett. a), per r pericolosi e quindi avrebbe dovuto essere diversa da quella, congiunta, pre
per legge in ordine a rifiuti pericolosi. Si contesta la valutazione operata dal giudice circa il carattere pericoloso dei rifiuti trasportati, tale non essendo né materiale ferroso né i barattoli di vernice. Sul punto sarebbe mancata ogni necessaria verifica.
GLYPH Con il secondo motivo, deduce vizi di violazione di legge per intervenuta decorrenza della prescrizione al momento della pubblicazione della sentenza impugnata, del 30.5.2022, epoca in cui la disposizione ex art. 159 comma 2 cod. pen., come novellata con la cd. legge Orlando, che prolungava il tempo della prescrizione mediante relativa sospensione per un anno e sei mesi, dal termine previsto per il deposito della sentenza ex art. 544 cod. proc. pen. e sino al deposito del dispositivo della sentenza del grado successivo, per non oltre 1 anno e sei mesi, non era più operativa. Il reato quindi doveva ritenersi prescritto, pur con il calcolo di 123 gg da aggiungere alla durata di 5 anni, alla data del 17.1.2023.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Deve considerarsi innanzitutto il secondo motivo per ragioni di priorità logico – giuridiche. Si tratta di censura infondata in quanto, trattandosi di reato commesso il 16.9.2017, trova applicazione la disciplina dettata dall’art. 1, comma 11 lett. b), legge 23 giugno 2017 n.103, in base alla quale il corso della prescrizione è da ritenersi sospeso dal termine previsto dall’art. 544 cod. proc. pen. per il deposito della motivazione della sentenza di condanna di primo grado, ossia nel caso in esame dal 24 gennaio 2023, sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza di appello, ossia sino al 6 marzo 2024, per un periodo complessivo di un anno, un mese e 10 giorni. Il termine di prescrizione del reato dunque, considerati anche 569 giorni di sospensione della prescrizione in relazione allo svolgimento del giudizio di primo grado, va indicato nella data del 18 maggio 2025.
Si tratta di ricostruzione in linea con la recente deliberazione delle Sezioni Unite di questa Corte, emergente da informazione provvisoria e relativa al quesito «se la disciplina della sospensione del corso della prescrizione di cui all’art. 159, commi secondo, terzo e quarto, cod. pen., nel testo introdotto dalla legge 23 giugno 2017, n. 103 continui ad essere applicabile, dopo l’introduzione dell’art. 2, comma 1, a), della legge 27 novembre 2021, n. 134, in relazione ai reati commessi dal 3 agosto 2017 al 31 dicembre 2019». Secondo l’informazione provvisoria n. 19/2024, diramata dalla Suprema Corte, all’esito dell’udienza del 12 dicembre 2024, le Sezioni unite hanno dato soluzione al quesito in senso
affermativo, accogliendo la soluzione fatta propria nella quasi totalità delle pronunce massinnate. In particolare, «per i reati commessi dal 3 agosto 2017 al
31 dicembre 2019 si applica la disciplina di cui alla legge n. 103 del 2017. Per i reati commessi a partire dall’i gennaio 2020 trova applicazione la disciplina di
cui alla legge n. 134 del 2021».
2. GLYPH
Il secondo motivo è inammissibile, in quanto in tema di gestione di rifiuti, l’accertamento della natura di un oggetto quale rifiuto, ai sensi dell’a
183 d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 costituisce una “quaestio facti” (Sez. 3 – n.
25548 del 26/03/2019 Rv. 276009 – 02), come tale demandata al giudice di merito e insindacabile in sede di legittimità, se sorretta da motivazione esente da
vizi logici o giuridici, come nel caso in esame, in cui i giudici hanno valorizzato congruamente lo stato arrugginito dei materiali e la presenza di barattoli di
vernice come tali anche essi pericolosi. A tale ultimo riguardo va evidenziato che
è previsto il codice Cer 08 01 11* per pitture e vernici di scarto, contenenti solventi organici o altre sostanze pericolose considerate rifiuti pericolosi. Inoltre
la classificazione di una sostanza o di un oggetto quale rifiuto non deve necessariamente basarsi su un accertamento peritale, potendo legittimamente fondarsi anche su elementi probatori, quali le dichiarazioni testimoniali, i riliev fotografici o gli esiti di ispezioni e sequestri (Sez. 3, n. 33102 del 07/06/2022, COGNOME, Rv. 283417; conf.: Sez. 3, n. 7705 del 28/06/1991, De Vita Rv. 187805). Consegue anche la corretta applicazione della pena conforme alla fattispecie ex art. 256 comma 1 cit. inerente rifiuti pericolosi.
Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere rigettato con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, il 13 marzo 2025.