Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 46298 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 46298 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 29/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a SANT’ELPIDIO A MARE il 21/03/1953
avverso l’ordinanza del 17/06/2024 del TRIBUNALE di MACERATA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di Macerata in composizione monocratica – in funzione di giudice dell’esecuzione – ha disposto quanto segue nei confronti di NOME COGNOME:
ha revocato, ai sensi dell’art. 9 del d.P.R. 04 agosto 1978, n. 413, l’indulto concesso quanto alle sentenze sub 1), 3) e 4) del casellario giudiziale, per la pena complessiva di anni uno e mesi otto di reclusione ed euro 77,47 di multa;
ha revocato, a norma dell’art. 4, comma 1, lett. b) del d.P.R. 16 dicembre 1986, n. 865, l’amnistia concessa quanto alla sentenza sub 6) del casellario giudiziale, per la pena di anni uno e mesi sei di arresto.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME a mezzo dell’avv. NOME COGNOME deducendo violazione di legge relativamente all’art. 172 cod. pen. La revoca dei provvedimenti di clemenza, secondo quanto sopra descritto, ha operato in forza della commissione di nuovi reati, ma è andata a incidere su una causa estintiva che aveva operato, senza alcun impatto sociale, per circa mezzo secolo. In alcune delle pronunce oggetto dell’impugnato provvedimento, poi, non era stata ravvisata la recidiva; la preclusione all’effetto estintivo della pena per il recidivo quindi, può incidere solo con riguardo a due delle sentenze.
Il Procuratore generale ha chiesto l’annullamento con rinvio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Giova anzitutto precisare, in primo luogo, che:
la sentenza sub 1 del casellario giudiziale è quella del Tribunale di Rimini del 06/11/1972, passata in giudicato il 06/12/1972 e inerente a un furto del 14/09/1972;
la sentenza sub 3 del casellario giudiziale è quella del Tribunale di Padova del 01/07/76, passata in giudicato il 04/02/1979 e inerente a un tentato furto del 23/06/1976;
la sentenza sub 4 del casellario giudiziale è quella del Tribunale di Macerata del 19/06/1978, passata in giudicato il 23/01/1979 e inerente a un furto del 22/07/1977;
— la sentenza sub 6 del casellario giudiziale è quella della Corte di appello di Ancona del 15/05/1984, passata in giudicato il 12/01/1985 e inerente a un tentato furto del 10/02/1984.
Nonostante fosse ormai decorso un periodo di tempo eccedente, rispetto a quello minimo fissato dall’art. 172 cod. pen., il giudice dell’esecuzione ha revocato i sopra indicati provvedimenti di clemenza, ritenendo però non doversi fare alcuna applicazione della recidiva, ossia fondando il proprio convincimento solo sul fatto che – entro il termine dettato dalle varie norme di clemenza richiamate – siano stati commessi ulteriori reati. Tale percorso decisionale è avversato dalla difesa.
3.1. Occorre allora richiamare le regole ermeneutiche dettate, in primis, da Sez. U, n. 2 del 30/10/2014, dep. 2015, COGNOME, rv. 261399, a mente della quale: «Nel caso in cui l’esecuzione della pena sia subordinata alla revoca dell’indulto, il termine di prescrizione della pena decorre dalla data d’irrevocabilità della sentenza di condanna, quale presupposto della revoca del beneficio». Quanto poi alle modalità di individuazione del momento iniziale di decorrenza del termine di prescrizione della pena, può anche riportarsi il dictum (sebbene espresso con riferimento a pena divenuta eseguibile, ma in ragione del verificarsi delle condizioni per la revoca del beneficio della sospensione condizionale) di Sez. F, n. 27328 del 02/09/2020, Francavilla, rv. 279759). Tale momento iniziale, ad ogni modo, è sempre stato fatto coincidere – secondo una unanime giurisprudenza di legittimità – con quello in cui passi in giudicato la sentenza che costituisce causa della revoca; non rileva pertanto, in punto di fissazione del termine iniziale di decorrenza, ai fini della prescrizione della pena, il momento in cui sia adottato ad opera del giudice dell’esecuzione – l’intervento della revoca di un precedente provvedimento di clemenza.
3.2. Nel caso di specie, emerge dal provvedimento come le sentenze che rappresentano – secondo quanto affermato dallo stesso Giudice dell’esecuzione le cause della impugnata revoca siano, rispettivamente:
la condanna pronunciata relativamente a fatti posti in essere nei giorni 08/08/1978, 14/08/1978 e 29/09/1978 , quanto alla revoca dell’indulto in ordine alle sentenze sub 1), 3) e 4) del casellario;
le condanne pronunciate relativamente a fatti commessi, rispettivamente, il 02/03/1988 e il 14/04/1989 [oggetto delle sentenze della Pretura di San Severino Marche del 08/07/1988 (passata in giudicato il 13/09/1988) e della Corte di appello di Bologna del 26/01/1990 (passata in giudicato il 31/01/1990), riportate
sub 8) e 9) del casellario giudiziale], quanto alla revoca dell’amnistia per la sentenza sub 6).
Dato che – attenendosi strettamente a quanto ricavabile dalle succitate Sezioni Unite Maiorella – “il termine di prescrizione della pena decorre dalla data d’irrevocabilità della sentenza di condanna, quale presupposto della revoca del beneficio” e non dall’emissione del provvedimento di revoca dell’indulto o dell’amnistia (ossia, dall’emissione del provvedimento ora impugnato), deve concludersi che le pene inflitte mediante le sopra dette decisioni siano ampiamente prescritte.
3.3. Tale soluzione esegetica deriva dalla necessità di incentrare l’attenzione – in vista dell’individuazione del dies a quo, relativo al decorso del termine di prescrizione della pena, in caso di revoca di benefici – sul momento in cui, per legge, siano maturate le condizioni che sarebbero state atte a condurre alla revoca stessa. L’effetto della fissazione del termine iniziale di decorrenza, infatti, si produce automaticamente, ossia a prescindere dal fatto che la sussistenza di tali condizioni sia stata – o meno – tempestivamente dichiarata; ciò in quanto le cause in grado di determinare la revoca dei benefici operano di diritto, dunque all’atto stesso del verificarsi dei loro presupposti, mentre le sentenze che le accertano, anche in epoca di molto posteriore, presentano una connotazione meramente dichiarativa e non costitutiva.
Una soluzione interpretativa diversa – che facesse coincidere, invece, il termine di decorrenza della prescrizione della pena con l’intervenuta irrevocabilità della successiva decisione, dichiarativa della sussistenza della causa di revoca (piuttosto che, come più corretto, con il momento di verificazione dei presupposti postulati dalla legge, ai fini della revoca), produrrebbe un effetto incongruamente sfavorevole a carico del condannato, finendo per porre a carico dello stesso le comprensibili conseguenze dannose, connesse al ritardo con cui viene assunta la decisione di revoca del provvedimento di clemenza (Sez. 1, n. 26748 del 21/05/2009, COGNOME, rv. 244714; Sez. 1, n. 5145 del 18/10/1995, COGNOME, rv. 202898). Il ricorso è dunque fondato, deducendo esso l’assenza dei presupposti postulati dalla legge per l’adozione del provvedimento di revoca, trattandosi di pene ormai cadute in prescrizione.
Alla luce delle considerazioni che precedono, deve disporsi l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Macerata.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Macerata.
Così deciso in Roma, 29 ottobre 2024.