Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 43637 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 43637 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a RHO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 05/05/2023 del GIP TRIBUNALE di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG in persona del Sostituto Procuratore generale NOME
COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 5 maggio 2023 il Tribunale di Milano, in funzione di giudice dell’esecuzione /ha rigettato l’istanza presentata da NOME COGNOME avente ad oggetto la declaratoria di estinzione della pena pecuniaria.
Rilevata l’intervenuta notifica della cartella esattoriale relativa al pagamento della predetta pena in epoca precedente al maturarsi del termine di prescrizione (ossia il 2 marzo 2015), considerato che l’inizio della procedura di recupero impedisce l’ulteriore decorrenza del termine prescrizionale, in quanto manifesta la pretesa punitiva dello Stato, l’istanza è stata respinta.
Avverso tale provvedimento è stata proposta opposizione ex art. 667, comma 4, cod. proc. pen. che è stata rigettata, con ordinanza del 21 febbraio 2024, sulla scorta delle medesime argomentazioni contenute nell’ordinanza pronunciata all’esito dell’istanza originaria.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME, per mezzo del proprio difensore, AVV_NOTAIO, articolando due motivi.
2.1. Con il primo ha eccepito violazione di legge evidenziando, in primo luogo, come il procedimento penale abbia avuto ad oggetto una contravvenzione commessa nel 2010 per la quale è stata inflitta la pena congiunta dell’ammenda e dell’arresto, con sostituzione della pena detentiva nella corrispondente pena pecuniaria.
In ordine all’inizio della decorrenza del termine prescrizionale, ha segnalato come, dal combinato disposto degli artt. 172 cod. pen., 212, 213 e 235 d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, lo stesso debba essere individuato nella scadenza di quello di un mese assegnato nella cartella esattoriale per il pagamento.
Da tale momento, quindi, inizierebbe a decorrere il termine di prescrizione.
E’ stata censurata, pertanto, l’affermazione secondo cui la notificazione della cartella produrrebbe l’effetto di impedire l’estinzione della pena; interpretazione fatta propria dal giudice dell’esecuzione nel provvedimento impugnato.
2.2. Con il secondo motivo è stata eccepita la mancanza di motivazione in ordine all’allegazione difensiva secondo cui, collocandosi il dies a quo dell’inizio della decorrenza della prescrizione dalla notifica della cartella esattoriale, la pena pecuniaria si era estinta.
Ciò in quanto la notificazione della cartella è avvenuta il 2 marzo 2015 e, quindi, il termine di prescrizione sarebbe maturato alla data del 2 marzo 2020.
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Il Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere rigettato.
Preliminarmente rileva, secondo quanto addotto, dallo stesso ricorrente, che la pena dell’ammenda gli è stata irrogata unitamente a quella di mesi due di arresto.
Ciò, avrebbe dovuto indurlo a ragionare nella prospettiva stabilita dall’art. 173, comma secondo, cod. pen. e, quindi, a confrontarsi con l’orientamento di questa Corte secondo cui «ai fini dell’estinzione della pena per decorso del tempo, ove siano inflitte congiuntamente le pene dell’arresto e dell’ammenda, la possibilità di prescrizione della seconda è collegata soltanto al decorso del termine stabilito per l’arresto. Pertanto la pena dell’ammenda si prescrive se è prescritta la pena congiunta dell’arresto e, viceversa, non si può ritenere prescritta qualora l’esecuzione della pena dell’arresto sia iniziata nel termine previsto» (Sez. 3, n. 1605 del 20/05/1998, COGNOME, Rv. 211345).
In termini conformi si pone l’orientamento affermatosi in tema di condanna congiunta a reclusione e multa: «il termine di prescrizione della pena pecuniaria individuato dall’art. 172, comma terzo, cod. pen. è determinato “per relationem”, in funzione di quello applicabile alla pena detentiva congiuntamente inflitta, e non è influenzato da vicende successive, quali quelle concernenti l’esecuzione della predetta sanzione detentiva o la sua stessa estinzione. (In applicazione del principio, la Corte ha annullato l’ordinanza del giudice dell’esecuzione che aveva ritenuto sospeso il termine di prescrizione della pena pecuniaria durante l’espiazione di quella detentiva)» (Sez. 1, n. 8166 del 16/01/2018, COGNOME, Rv. 272418, conforme Sez. 1, n. 19736 del 25/03/2013, Generali, Rv. 255326).
I motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente partendo, entrambi, dall’assunto secondo cui la notificazione della cartella determina la nuova decorrenza del termine quinquennale di prescrizione.
Le correlate deduzioni sono infondate, nel regime precedente alle modifiche introdotte con d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 che non trova applicazione n quanto il reato per cui è stata inflitta la pena è stato commesso prima dell’entrata in vigore di tale decreto.
A norma dell’art. 97, commi 2 e 3, dello stesso decreto, alla procedura di esecuzione e conversione della pena pecuniaria continuano ad applicarsi le norme previgenti.
In primo luogo, rileva il principio (pacifico) secondo cui «ai fini dell’estinzione della pena pecuniaria per decorso del tempo rileva, quale fatto impeditivo, il solo momento dell’inizio dell’esecuzione, non venendo in conto né il modo – coattivo o spontaneo – in cui tale inizio ha avuto luogo né le successive concrete tempistiche dell’esecuzione medesima. (Fattispecie in cui è stato escluso che la pena dell’ammenda inflitta al condannato si fosse estinta per decorso del tempo in ragione dell’avvenuta notifica della cartella esattoriale prima del compimento del termine di legge)» (Sez. 1, n. 22312 del 08/07/2020, COGNOME, Rv. 279453; Sez. 3, n. 17228 del 03/11/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269981).
Sul punto è stato affermato, proprio dalla prima delle due sentenze ora citate che «come affermato più volte da questa Corte con orientamento che si condivide e si riafferma, in tema di estinzione della pena pecuniaria per decorso del tempo, rileva, quale fatto impeditivo, il solo momento dell’inizio dell’esecuzione, a partire dal quale le concrete modalità e le scansioni temporali della procedura stessa risultano irrilevanti. In altri termini, l’inizi dell’esecuzione, che realizza la pretesa alla riscossione del credito dello Stato, è sufficiente ad evitare l’estinzione della pena e nessuna rilevanza – in mancanza di una previsione legislativa in tal senso – assume la circostanza che tale inizio sia avvenuto coattivamente, oppure con la collaborazione del condannato».
E’ pacifico, inoltre, che non trovino applicazione alla prescrizione della pena le cause di sospensione o interruzione, in assenza di disposizioni che, in tale ambito, siano corrispondenti agli artt. 159 e 160 cod. pen. che devono essere riferite alla sola prescrizione del reato, sicché l’inizio dell’esecuzione determina la cessazione della decorrenza del termine di prescrizione, non già la sua interruzione.
In tema di individuazione del momento di inizio della procedura di esecuzione e, in particolare sulla questione se lo stesso debba farsi coincidere con l’iscrizione a ruolo ovvero con la notifica della cartella di pagamento, le oscillazioni della giurisprudenza di questa Corte (che ha evidenziato, in più occasioni, la coesistenza della duplice interpretazione ora descritta) sono state recentemente oggetto di netta presa di posizione a favore della tesi secondo cui è l’iscrizione a ruolo a determinare la cessazione della decorrenza della prescrizione.
Sez. 1, n. 22515 del 28/02/2024, GLYPH Voivoda, Rv. 286582 ha, infatti, affermato che «in tema di estinzione per decorso del tempo della pena
pecuniaria inflitta per reati commessi prima dell’entrata in vigore del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, il termine decennale di prescrizione – in relazione al quale non sono previste cause di interruzione o di sospensione – cessa di decorrere con l’inizio dell’esecuzione, e, dunque, con l’iscrizione a ruolo della pretesa di pagamento, che manifesta in maniera univoca la volontà dello Stato di riscuotere il credito».
Oltre a ripercorrere lo stato della giurisprudenza di questa Corte sui principali temi di rilievo nella materia di interesse, è stato evidenziato come l’iscrizione a ruolo esprima la «manifestazione univoca della volontà dello Stato di eseguire la pena pecuniaria in conformità alle regole generali del sistema processuale penale in cui non ha rilievo, ai fini della prescrizione, la notifica degli atti in cui lo Stato esprime la pretesa punitiva».
Sul punto è stato richiamato quanto deciso, in conformità, fra gli altri, da Sez. U, n. 13390 del 28/10/1998, COGNOME, Rv. 211904 secondo cui, ai fini penalistici, l’inerzia dell’esercizio del diritto da parte del titolare, non può essere ravvisata quando l’atto è già perfetto a seguito della sua emissione.
Il passaggio fondamentale della decisione delle Sezioni Unite è stato individuato nel seguente: «vi sono, difatti, atti dai quali derivano effetti (indicati di volta in volta dall’ordinamento) sin dalla loro formazione. Hanno cioè efficacia immediata. Come sostenuto in dottrina, l’autoritarietà dell’atto si traduce, in tali casi, nella sua esecutività, producendo l’atto, per sè solo, automaticamente, l’effetto che la legge vi ricollega. Altri atti richiedono, invece, un’ulteriore fase, i quanto l’autorità, per far valere la sua “pretesa”, deve avvalersi di comportamenti o di operazioni ulteriori. Fra di essi rientrano quelli che devono essere portati a conoscenza onde spiegare i propri effetti. E ciò perché, come osservato in dottrina, concorre una qualche partecipazione del soggetto passivo. 5. E, appunto, nella categoria di atti autoritativi immediatamente esecutivi rientrano i provvedimenti dell’autorità giudiziaria, ai quali l’art. 160 attribuisce efficacia interruttiva del corso della prescrizione, poiché essi sono formati, compiuti e producono effetti indipendentemente e ancor prima che l’interessato ne abbia conoscenza. I suddetti atti (quali “sentenza”, “ordinanza”, “decreto”) sono tutti espressivi della vis ac potestas punitiva, che viene manifestata su impulso di ufficio, e non abbisogna della cooperazione del soggetto verso il quale è esercitata. Sicché essi sono strutturalmente e funzionalmente perfetti prima e indipendentemente dalla loro partecipazione all’interessato».
E’ stato condivisibilmente affermato, nel recente arresto di questa Corte, che «la collaborazione dell’interessato non rileva ai fini del decorso del fenomeno estintivo della pena pecuniaria per decorso del tempo, proprio perché esso
dipende dalla mera espressione della vis ac potestas punitiva da parte dell’organo dello Stato».
Il precedente richiamato deve essere integralmente ribadito in questa sede e da ciò deriva l’infondatezza, nel merito, delle deduzioni sviluppate nel ricorso.
Da quanto esposto, deriva che il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
Così deciso il 13/09/2024