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Prescrizione pena: il dies a quo con sospensione

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza che dichiarava estinta una pena per prescrizione. Il caso riguardava una condanna con pena sospesa. La Corte ha stabilito che il termine per la prescrizione pena non decorre dalla data in cui la condanna originale è divenuta definitiva, ma dalla data in cui diventa irrevocabile la sentenza per il nuovo reato che causa la revoca della sospensione condizionale. Di conseguenza, il calcolo del giudice di merito era errato e la pena non era prescritta.

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Pubblicato il 20 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Prescrizione Pena Sospesa: la Cassazione fissa il Dies a Quo alla Revoca del Beneficio

La questione della prescrizione pena è un pilastro del diritto penale esecutivo, ma presenta complessità notevoli quando si intreccia con istituti come la sospensione condizionale. Con la sentenza n. 21020 del 2024, la Corte di Cassazione ha offerto un chiarimento cruciale, stabilendo che il termine di prescrizione per una pena sospesa inizia a decorrere non dal passaggio in giudicato della condanna, ma dal momento in cui diviene definitiva la sentenza che accerta il nuovo reato e causa la revoca del beneficio.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una decisione del Tribunale di Foggia, in funzione di giudice dell’esecuzione, che aveva dichiarato estinte per decorso del tempo le pene della reclusione e della multa inflitte a un soggetto con una sentenza del 1999, divenuta irrevocabile nel 2005. A tale condanna era stato concesso il beneficio della sospensione condizionale.

Successivamente, il condannato commetteva un nuovo reato, la cui sentenza di condanna diveniva irrevocabile il 19 aprile 2018. Questo evento costituiva il presupposto per la revoca della sospensione condizionale precedentemente concessa. Di conseguenza, veniva emesso un ordine di esecuzione per pene concorrenti, che includeva anche la pena del 1999.

Contrariamente a quanto sostenuto dalla Procura, il giudice dell’esecuzione riteneva che la prescrizione fosse già maturata il 5 ottobre 2015, ovvero dieci anni dopo il passaggio in giudicato della prima sentenza. La Procura della Repubblica proponeva quindi ricorso per cassazione, lamentando l’errata applicazione dell’art. 172 del codice penale.

La Decisione della Corte e la corretta interpretazione sulla prescrizione pena

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della Procura, annullando senza rinvio l’ordinanza impugnata. I giudici di legittimità hanno ribadito un principio fondamentale in materia di prescrizione pena condizionalmente sospesa.

Il punto centrale della controversia era l’individuazione del dies a quo, ossia il giorno da cui far partire il conteggio del termine decennale di prescrizione. Il Tribunale lo aveva erroneamente fissato nella data di irrevocabilità della sentenza originaria (5 ottobre 2005). La Cassazione, invece, ha chiarito che in caso di sospensione condizionale, la pena non è immediatamente eseguibile. L’eseguibilità, e con essa la decorrenza della prescrizione, è subordinata a un evento futuro e incerto: la commissione di un nuovo reato entro i termini di legge, che comporta la revoca del beneficio.

La revoca come momento determinante

La Corte ha specificato che il termine di prescrizione inizia a decorrere solo dalla data di irrevocabilità della sentenza che accerta il reato presupposto per la revoca, ai sensi dell’art. 168, primo comma, n. 1, c.p. Nel caso di specie, tale data era il 19 aprile 2018. Poiché l’esecuzione della pena era iniziata l’11 gennaio 2019, era evidente che il termine di dieci anni non fosse affatto trascorso.

Le Motivazioni

La motivazione della Suprema Corte si fonda su una logica giuridica stringente. La sospensione condizionale congela l’eseguibilità della pena. Finché il beneficio è operante, lo Stato non può agire per l’esecuzione della sanzione e, di conseguenza, il termine di prescrizione non può iniziare a correre. Il dies a quo può scattare solo nel momento in cui la pena ridiventa eseguibile, e ciò avviene con la revoca del beneficio.

La revoca, a sua volta, non è automatica ma si fonda sull’accertamento definitivo di una nuova condotta criminosa. Pertanto, è la data in cui tale accertamento diventa incontrovertibile (passaggio in giudicato della seconda sentenza) a segnare il momento in cui la pena originaria torna a essere esigibile e, quindi, soggetta a prescrizione.

I giudici hanno anche smontato la tesi difensiva secondo cui altre sentenze precedenti avrebbero potuto determinare la revoca. La Corte ha osservato che tali sentenze si riferivano a reati commessi prima del 5 ottobre 2005, data di irrevocabilità della prima condanna, e quindi erano inidonee a causare la revoca della sospensione, che richiede la commissione di un nuovo reato successivamente alla concessione del beneficio.

Le Conclusioni

Questa sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale di grande importanza pratica. Per i condannati che beneficiano della sospensione condizionale, il provvedimento chiarisce che il periodo di “prova” non estingue la pena originaria, ma ne sospende solo l’esecuzione. La commissione di un nuovo reato nel quinquennio non solo comporta una nuova condanna, ma “rianima” anche la precedente, facendo ripartire da quel momento il conteggio per la sua prescrizione. In sostanza, il beneficio della sospensione è una chance che, se sprecata, comporta conseguenze aggravate, posticipando notevolmente nel tempo l’eventuale estinzione della pena per prescrizione.

Quando inizia a decorrere la prescrizione di una pena la cui esecuzione era stata sospesa condizionalmente?
Il termine di prescrizione della pena decorre non dalla data di irrevocabilità della sentenza di condanna, ma dalla data in cui diventa irrevocabile la sentenza che accerta il nuovo reato, commesso nei termini di legge, che costituisce il presupposto per la revoca della sospensione condizionale.

Perché le sentenze relative a reati commessi prima della condanna con pena sospesa non sono rilevanti per la revoca?
Perché la revoca della sospensione condizionale, ai sensi dell’art. 168 c.p., presuppone che il condannato commetta un nuovo delitto o una contravvenzione della stessa indole entro un determinato periodo di tempo successivo alla sentenza di condanna che ha concesso il beneficio. I reati commessi in precedenza non possono soddisfare questa condizione temporale.

Può il giudice dell’esecuzione ‘sciogliere’ un cumulo di pene già in esecuzione per dichiararne una parte prescritta?
La sentenza censura implicitamente tale operato, accogliendo il motivo di ricorso del Pubblico Ministero che lamentava l’errore del giudice dell’esecuzione nel dichiarare prescritta una pena già ricompresa in un provvedimento di esecuzione di pene concorrenti, la cui esecuzione era già iniziata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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