Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 23215 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 23215 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Bronte DATA_NASCITA COGNOME NOME, nata a Riposto il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 27/4/2023 emessa dalla Corte di appello di Catania visti gli atti, la sentenza e i ricorsi; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona della Sostituta Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’annullamento senza rinvio per intervenuta prescrizione; udito l’AVV_NOTAIO, difensore di NOME COGNOME, la quale chiede l’accoglimento del ricorso; uditi gli AVV_NOTAIO e NOME COGNOME, difensori di NOME
COGNOME, i quali concludono per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Catania, riformando parzialmente la sentenza di primo grado, rideterminava la pena nei confronti degli imputati in mesi 10 e giorni 20 di reclusione ciascuno confermando la condanna in ordine al reato di peculato. In particolare, i ricorrenti erano ritenuti responsabili di essersi appropriati di parte compensi loro versati da pazienti visitati in regime di “intramoenia allargata”, omettendo di conferire alla ASL di appartenenza la quota dovuta.
Avverso tale sentenza, i ricorrenti, sia pur con separati ricorsi, hanno proposto i medesimi motivi di impugnazione che, pertanto, possono essere unitariamente sintetizzati.
2.1. Con il primo motivo, deducono la violazione degli artt. 157 e 158 cod. pen., sostenendo che alla data della pronuncia della sentenza di appello – 27 aprile 2023 – i reati dovevano ritenersi prescritti. A tale conclusione giungono sul presupposto che le rispettive imputazioni indicavano la commissione dei reati “nel corso dell’anno 2010”.
Applicando la consolidata giurisprudenza secondo cui, in mancanza di un specificazioni, il riferimento temporale generico deve essere ancorato alla data più favorevole per l’imputato, sostengono i ricorrenti che il termine iniziale per calcolo della prescrizione doveva essere individuato nel 10 gennaio 2023. Tenendo conto del termine massimo pari a 12 anni e 6 mesi, maggiorato di ulteriori 197 giorni di sospensione, ne conseguiva l’intervenuta estinzione dei reati in data 14 gennaio 2023.
La Corte di appello avrebbe erroneamente ritenuto di ancorare il termine iniziale per il calcolo della prescrizione in relazione all’ultima prestazione sanitar in relazione alla quale i ricorrenti avrebbero percepito un compenso non riversato all’RAGIONE_SOCIALE.
2.2. Con il secondo e terzo motivo, contestano il vizio di motivazione in merito alla ritenuta sussistenza dell’elemento oggettivo e soggettivo del reato.
Entrambi i ricorrenti sottolineano la minima rilevanza delle appropriazioni contestate, da ritenersi frutto di mero errore nella gestione degli incassi da parte della segretaria che si occupava della fatturazione.
In particolare, non era emerso che i sanitari avessero fornito specifiche indicazioni alla segretaria affinché omettesse la fatturazione; al contempo, potevano essersi verificare concomitanze particolari – quali l’indisponibilità momentanea dei moduli per la fatturazione, forniti dalla RAGIONE_SOCIALE – che avevano impedito la registrazione dei pagamenti, senza che ciò comportasse la prova,
é
anche sotto il profilo soggettivo, del reato di peculato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono fondati.
Il primo motivo di ricorso, non essendo inammissibile, impone di rilevare l’intervenuta prescrizione, sia pur in epoca successiva rispetto all’adozione della sentenza di appello.
Nel merito, si ritiene che la Corte di appello ha correttamente ritenuto di non applicare il principio secondo cui qualora il reato sia contestato come commesso genericamente fino ad un certo anno o mese, senza ulteriore specificazione, il termine di prescrizione, in applicazione del principio del “favor rei”, comincia a decorrere dal primo giorno utile dell’anno o del mese indicato (Sez.6, n. 16202 dell’11/3/2021, Voza, Rv. 280900).
Sul tema, infatti, si ritiene condivisibile la diversa regola secondo cui i principio del “favor rei”, in base al quale, nel dubbio sulla data di decorrenza del termine di prescrizione, il momento iniziale deve essere fissato in modo che risulti più favorevole all’imputato, opera solo in caso di incertezza assoluta sulla data di commissione del reato o, comunque, sull’inizio del termine di prescrizione, ma non quando sia possibile eliminare tale incertezza, anche attraverso deduzioni logiche (Sez.6, n. 7245 del 12/1/2024, Gueye, Rv. 285953).
Nel caso di specie, la Corte di appello ha individuato – con motivazione immune da censure – la data ultima di commissione delle condotte di reato, ancorandole all’ultima delle visite compiute da ciascun imputato e, in relazione alle quali, non è stata emessa regolare fattura.
2.1. Acclarata la correttezza del criterio di individuazione del dies a quo del termine di prescrizione, deve ugualmente pervenirsi alla dichiarazione di estinzione del reato.
Nei confronti dell’imputato COGNOME il termine ultimo di commissione del reato è stato individuato dalla Corte di appello nel giorno 10 dicembre 2010, rispetto al quale, sommando il termine massimo di anni 12 e mesi 6, oltre a 197 giorni di sospensione, ne consegue che l’estinzione per prescrizione è maturata il 24 dicembre 2023.
Per quanto riguarda l’imputata COGNOME, per la quale il termine ultimo di commissione del reato è stato individuato in data 18 agosto 2020, la prescrizione è maturata il 3 settembre 2023.
Per completezza, si rileva che risulterebbero astrattamente fondati anche i motivi concernenti la verifica in ordine alla configurabilità del reato di peculato, non potendosi ritenere la sussistenza del reato a fronte della mera violazione dell’obbligo di fatturazione.
Questa Corte, infatti, ha già avuto modo di sottolineare come in tema di peculato, il possesso del bene oggetto di appropriazione presuppone un titolo di legittimazione che rinvenga la propria causa in disposizioni di legge od organizzative, non essendo sufficiente la mera disponibilità dì fatto o occasionale, ovvero conseguente a un’espressa violazione delle norme disciplinanti il maneggio di denaro pubblico. Fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio la sentenza di condanna relativa all’appropriazione, da parte di un medico svolgente attività libero-professionale in regime di “intramoenia allargata”, delle somme versate direttamente dai pazienti come corrispettivo delle prestazioni sanitarie, non essendo stati compiutamente accertati la legittimità di tale prassi e il legame funzionale tra l’attività dell’imputato e la disponibilità di tali somme (Sez.6, n 45084 del 19/1/2021, Genazzanì, Rv.282290).
Quanto detto avrebbe comportato la necessità dell’annullamento con rinvio della sentenza ìmpugnata, rendendosi necessario una compiuta ricostruzione del quadro normativo entro il quale l’attività intramoenia veniva espletata e della regolamentazione della stessa.
Tale ulteriore accertamento, tuttavia, è evidentemente incompatibile con l’intervenuta estinzione del reato che impone l’immediata pronuncia di sentenza dì non doversi procedere.
Alla luce di tali considerazioni, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, dovendosi dare atto dell’intervenuta estìnzìone per prescrizione dei reati contestati ai ricorrenti.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché i reati sono estinti per prescrizione.
Così deciso il 22 maggio 2024