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Prescrizione occupazione abusiva: quando cessa il reato?

Un individuo, condannato per l’occupazione abusiva di un immobile comunale, ha presentato ricorso in Cassazione sostenendo l’avvenuta prescrizione del reato. A suo dire, la permanenza della condotta illecita si sarebbe interrotta con il suo arresto per altre cause. La Corte Suprema ha dichiarato il ricorso inammissibile, chiarendo che la prescrizione per occupazione abusiva decorre solo dalla volontaria restituzione dell’immobile. Un allontanamento forzato e temporaneo, come la detenzione, non è sufficiente a far cessare il reato.

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Pubblicato il 24 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Prescrizione Occupazione Abusiva: L’Arresto Non Interrompe il Reato

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 37118/2025, ha fornito un’importante precisazione in materia di prescrizione per occupazione abusiva di immobili. La pronuncia chiarisce che la detenzione dell’imputato per altre cause non è sufficiente a determinare la cessazione della condotta illecita, e quindi a far decorrere i termini per la prescrizione. Analizziamo insieme questa decisione fondamentale.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dalla condanna di un soggetto per il reato di invasione di terreni o edifici (art. 633 c.p.), aggravato ai sensi dell’art. 639-bis c.p., per aver occupato abusivamente un immobile di proprietà comunale. La condanna, emessa dal Tribunale e successivamente confermata dalla Corte d’Appello, veniva impugnata dinanzi alla Corte di Cassazione.

L’imputato, tramite il suo difensore, presentava un unico motivo di ricorso: la violazione di legge in riferimento all’art. 157 c.p., che disciplina la prescrizione dei reati.

Il Motivo del Ricorso: la Prescrizione per Occupazione Abusiva

La tesi difensiva sosteneva che il reato si fosse estinto per prescrizione. Secondo il ricorrente, la condotta di occupazione abusiva, che costituisce un reato permanente, sarebbe cessata in una data precisa: il 5 giugno 2017. In quel giorno, l’imputato era stato arrestato in esecuzione di un cumulo di pene. Questo evento, secondo la difesa, avrebbe interrotto la permanenza del reato, facendo così decorrere il termine di prescrizione, che sarebbe quindi maturato prima della pronuncia della sentenza d’appello.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte Suprema ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo il motivo proposto manifestamente infondato. Di conseguenza, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Sebbene la questione della prescrizione non fosse stata sollevata nel giudizio di appello, la Corte ha ricordato che, secondo un principio consolidato (affermato anche dalle Sezioni Unite), è ammissibile il ricorso che deduce la prescrizione maturata prima della sentenza di secondo grado, anche se non eccepita in quella sede. Tuttavia, nel merito, la tesi del ricorrente non ha trovato accoglimento.

Le Motivazioni

Il cuore della decisione risiede nella corretta interpretazione del concetto di ‘cessazione della permanenza’ nel reato di occupazione abusiva. La Corte ha stabilito che lo stato detentivo dell’imputato non è idoneo a far cessare la condotta illecita. L’arresto, infatti, determina unicamente un allontanamento temporaneo e involontario dall’immobile, ma non equivale al rilascio dello stesso.

Il presupposto necessario per dichiarare la cessazione della permanenza del reato è la restituzione del bene all’ente proprietario. Finché l’immobile non viene volontariamente rilasciato o materialmente recuperato dal legittimo proprietario, l’offesa al patrimonio continua a sussistere. L’assenza forzata dell’occupante non ripristina la disponibilità del bene in capo all’avente diritto. Pertanto, il termine per la prescrizione non aveva mai iniziato a decorrere dalla data indicata dalla difesa.

La Corte ha inoltre sottolineato che la richiesta del ricorrente implicava un accertamento di fatto (la verifica dell’effettiva cessazione dell’occupazione), attività che è preclusa in sede di legittimità, specialmente se non era stata sollecitata nel giudizio di appello.

Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio cruciale per la gestione dei reati permanenti come l’occupazione abusiva. La prescrizione per occupazione abusiva inizia a decorrere non da un qualsiasi evento che allontani l’autore del reato dall’immobile, ma solo dal momento in cui la situazione antigiuridica viene meno in modo definitivo, ovvero con la volontaria riconsegna del bene o con un atto coattivo di sgombero. Questo significa che la detenzione per altre cause non ‘salva’ l’imputato dalla prosecuzione del reato e non fa scattare il cronometro della prescrizione, garantendo una tutela più efficace del diritto di proprietà.

L’arresto per un’altra causa interrompe la permanenza del reato di occupazione abusiva di immobile?
No, secondo la Corte di Cassazione, lo stato detentivo dell’imputato determina solo un temporaneo e involontario allontanamento dall’immobile, ma non il rilascio dello stesso con restituzione al proprietario, che è il presupposto per la cessazione della permanenza del reato.

Quando inizia a decorrere la prescrizione per il reato di occupazione abusiva?
La prescrizione per il reato di occupazione abusiva, essendo un reato permanente, inizia a decorrere solo dal momento in cui la condotta illecita cessa, ovvero quando l’immobile viene volontariamente rilasciato e restituito al legittimo proprietario.

È possibile sollevare per la prima volta in Cassazione la questione della prescrizione maturata prima della sentenza d’appello?
Sì, la Corte ha affermato che è ammissibile il ricorso con cui si deduce l’estinzione del reato per prescrizione maturata prima della sentenza d’appello, anche se non eccepita in quella sede. Tuttavia, nel caso specifico, il motivo è stato ritenuto manifestamente infondato nel merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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