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Prescrizione minaccia: la data della querela fa fede

La Corte di Cassazione ha stabilito che, per il calcolo della prescrizione minaccia, la data precisa indicata nella querela prevale su testimonianze incerte. Un imputato aveva sostenuto che il reato fosse prescritto, basandosi su dichiarazioni vaghe che collocavano i fatti in un periodo antecedente. La Corte ha rigettato il ricorso, confermando che la querela, indicando una data specifica, fornisce la certezza necessaria per il calcolo dei termini, escludendo l’applicazione del principio del ‘favor rei’.

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Pubblicato il 30 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Prescrizione minaccia: la data della querela prevale sulle testimonianze incerte

La corretta individuazione del momento in cui un reato è stato commesso è fondamentale per calcolare i termini della prescrizione. Ma cosa succede se le testimonianze sono vaghe e solo la querela indica una data precisa? Una recente sentenza della Corte di Cassazione fa luce su come risolvere questo dubbio, ponendo l’accento sul valore probatorio della querela nel calcolo della prescrizione minaccia.

Il caso in esame: dalla minaccia alla Cassazione

La vicenda giudiziaria trae origine da una serie di condotte persecutorie di un uomo nei confronti della sua vicina di casa. In primo grado, i fatti erano stati riqualificati nei reati di minaccia (art. 612 c.p.) e molestia (art. 660 c.p.). La Corte d’appello, pur dichiarando la prescrizione per entrambi i reati, aveva notato che la contravvenzione di molestia si era estinta già prima della sentenza di primo grado, mentre il delitto di minaccia no. Di conseguenza, aveva ridotto la somma liquidata a titolo di risarcimento del danno alla parte civile, limitandola alla sola condotta minatoria.

L’imputato ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che anche il reato di minaccia si fosse prescritto prima della decisione di primo grado. Secondo la sua difesa, le testimonianze raccolte, inclusa quella del figlio della persona offesa, erano state generiche, collocando gli eventi nel 2015 o “forse” nel 2016. Applicando il principio del favor rei (la regola del dubbio a favore dell’imputato), la condotta avrebbe dovuto essere datata al più tardi all’1 gennaio 2016, facendo così maturare la prescrizione prima della condanna iniziale.

La questione della prescrizione minaccia e l’incertezza probatoria

Il nodo centrale del ricorso riguardava proprio la determinazione del tempus commissi delicti, ovvero il momento esatto della consumazione del reato. La difesa puntava a far leva sull’incertezza probatoria derivante dalle testimonianze per anticipare la data del fatto e, di conseguenza, il termine di prescrizione. L’argomentazione si fondava su un principio cardine del diritto penale: nel dubbio sulla data di commissione di un reato, si deve scegliere quella più favorevole all’imputato, soprattutto quando da tale scelta dipende l’estinzione del reato stesso.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, ritenendolo infondato. I giudici hanno chiarito che la Corte d’appello aveva correttamente individuato la data di consumazione della minaccia nel 22 novembre 2016. Questa datazione non era arbitraria, ma si basava su un elemento probatorio preciso e decisivo: la querela presentata dalla persona offesa.

Nel testo della querela, infatti, si faceva esplicito e chiaro riferimento a un episodio minatorio e ingiurioso avvenuto proprio in quella data. La Corte ha sottolineato che tale dato, proveniente dall’atto formale che ha dato inizio al procedimento, possiede una specificità che le testimonianze, rese a distanza di tempo, non avevano. Non si trattava, quindi, di un caso di reale incertezza probatoria che avrebbe giustificato l’applicazione del principio del favor rei. La querela forniva un ancoraggio temporale sufficientemente solido. Di conseguenza, alla data della sentenza di primo grado (24 gennaio 2024), il delitto di minaccia non era ancora estinto per prescrizione.

Le conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio importante in materia di prova e prescrizione. Quando si tratta di calcolare i termini per la prescrizione minaccia o di altri reati, il contenuto della querela assume un valore probatorio fondamentale. Se l’atto indica con precisione una data, questa può prevalere su testimonianze successive che si rivelino vaghe o incerte. Per la difesa, ciò significa che non è sufficiente appellarsi a una generica incertezza se esistono atti formali, come la querela, che forniscono indicazioni temporali specifiche. Per la parte offesa, conferma l’importanza di essere il più precisi possibile nella descrizione dei fatti al momento della denuncia, poiché tali dettagli possono rivelarsi decisivi per l’esito del procedimento.

Come si determina la data di un reato per calcolare la prescrizione se le prove sono contrastanti?
La data viene determinata dal giudice sulla base di tutte le prove disponibili. In questo caso, la Corte ha stabilito che la data specifica menzionata nella querela formale della vittima è un elemento più certo e affidabile rispetto a testimonianze successive rese in modo vago.

Quando si applica il principio del ‘favor rei’ per la datazione di un reato?
Il principio del ‘favor rei’ (la regola più favorevole all’imputato) si applica in situazioni di reale e insanabile dubbio. Se, come in questa vicenda, un elemento probatorio come la querela fornisce una datazione precisa, il dubbio viene meno e il principio non trova applicazione.

Cosa succede al risarcimento del danno se il reato è dichiarato prescritto?
Se la prescrizione interviene dopo la sentenza di condanna di primo grado, le statuizioni civili, ovvero la condanna al risarcimento del danno, possono essere confermate. In questo caso, poiché il reato di minaccia non era prescritto al momento della prima sentenza, la condanna al risarcimento (seppur ridotta in appello) è rimasta valida.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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