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Prescrizione maltrattamento animali: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha annullato una condanna per maltrattamento di animali, dichiarando l’estinzione del reato. La decisione si basa sulla maturata prescrizione per il maltrattamento di animali, chiarendo che la recidiva non considerata in primo grado non allunga i termini per la prescrizione.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Prescrizione Maltrattamento Animali: La Cassazione Annulla la Condanna

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha annullato una condanna per crudeltà verso animali, mettendo in luce un aspetto fondamentale del diritto processuale penale: la prescrizione del maltrattamento di animali. Nonostante la conferma della colpevolezza nei primi due gradi di giudizio, l’imputata ha visto la sua condanna cancellata per il decorso del tempo. Questa decisione offre importanti chiarimenti su come si calcolano i termini di prescrizione e sul ruolo della recidiva.

I Fatti di Causa

Il caso riguardava una persona accusata di aver sottoposto due cani a sevizie, in violazione dell’art. 544-ter del codice penale. Secondo le ricostruzioni dei tribunali di merito, gli animali erano detenuti in un recinto-box in pessime condizioni igieniche, circondati da escrementi, senza cibo e con una ciotola di acqua sporca. Inoltre, uno dei due cani era legato con una corda al collo talmente stretta da limitarne i movimenti e rischiarne lo strangolamento. I fatti contestati si erano protratti fino al 4 giugno 2012.

Sia il Tribunale in primo grado (nel 2014) sia la Corte d’Appello (nel 2020) avevano ritenuto l’imputata colpevole, condannandola a due mesi di reclusione, con pena sospesa.

I Motivi del Ricorso e la Prescrizione del Maltrattamento Animali

La difesa ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due argomenti principali:

1. Estinzione del reato per prescrizione: Si sosteneva che il tempo massimo per perseguire il reato (sette anni e sei mesi dalla data dei fatti) fosse già trascorso prima della sentenza d’appello.
2. Vizio di motivazione: Si contestava che i giudici non avessero adeguatamente provato l’intenzione di nuocere (“dolo”) e l’elemento delle “sevizie”, suggerendo che il fatto potesse al massimo rientrare nella meno grave contravvenzione di cui all’art. 727 del codice penale (detenzione di animali in condizioni incompatibili con la loro natura).

La Decisione della Corte: la Prescrizione Prevale

La Corte di Cassazione ha accolto il primo motivo, ritenendolo fondato e assorbente rispetto al secondo. La sentenza è stata quindi annullata senza rinvio perché il reato era estinto.

le motivazioni

La Corte ha spiegato che, per il reato di maltrattamento di animali, il termine di prescrizione massimo era di sette anni e mezzo. Essendo il reato terminato il 4 giugno 2012, la prescrizione si era compiuta il 4 dicembre 2019, ben prima della pronuncia della Corte d’Appello del 15 ottobre 2020.

Un punto cruciale della decisione riguarda la recidiva. Anche se all’imputata era stata contestata la recidiva, questa non era stata effettivamente applicata dai giudici di merito per aumentare la pena. La Cassazione, richiamando un principio consolidato delle Sezioni Unite, ha ribadito che la recidiva non può allungare i termini della prescrizione se non viene concretamente considerata dal giudice ai fini della determinazione della pena. Di conseguenza, il calcolo doveva essere effettuato sulla base del termine ordinario.

Infine, la Corte ha specificato che, di fronte a un reato prescritto, l’annullamento della condanna è d’obbligo, a meno che non emerga con assoluta evidenza dagli atti che l’imputato non ha commesso il fatto o che il fatto non costituisce reato. In questo caso, pur potendo esserci un vizio di motivazione, non vi era un’evidenza tale da giustificare un’assoluzione nel merito.

le conclusioni

Questa sentenza è un importante promemoria sull’importanza dei termini processuali nel sistema penale. Dimostra come la prescrizione per il maltrattamento di animali possa portare all’estinzione del reato anche di fronte a condotte gravi e accertate, se il processo non si conclude entro i tempi stabiliti dalla legge. Il principio chiarito sulla non applicabilità della recidiva ai fini della prescrizione, se non considerata per la pena, rappresenta un punto fermo di garanzia per l’imputato e un monito sull’efficienza della giustizia.

Quando si estingue per prescrizione il reato di maltrattamento di animali?
Secondo la sentenza, il reato si estingue una volta decorso il termine massimo di prescrizione, che nel caso di specie è stato calcolato in sette anni e sei mesi dalla data di commissione dei fatti, in assenza di cause di sospensione o interruzione rilevanti.

La recidiva contestata allunga sempre i tempi della prescrizione?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la recidiva, pur se formalmente contestata all’imputato, non produce l’effetto di allungare i termini di prescrizione se non è stata concretamente presa in considerazione dal giudice per aumentare la pena.

Se un reato è prescritto, il giudice può comunque assolvere l’imputato nel merito?
Sì, ma solo a condizione che dagli atti processuali emerga in modo assolutamente evidente e inequivocabile che il fatto non sussiste, che l’imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato. In mancanza di tale evidenza, il giudice deve limitarsi a dichiarare l’estinzione del reato per prescrizione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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