Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 20688 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 20688 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 09/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
LA TERRA NOME NOME a COMISO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/04/2023 della CORTE ASSISE APPELLO di CATANIA visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Trattazione scritta
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugNOME, la Corte di assise di appello di Catania confermava la sentenza con la quale la Corte di assise di Siracusa aveva condanNOME NOME COGNOME alla pena, condizionalmente sospesa, di anni 1, mesi 3 di ·rat reclusione ed C 18.000 di multa per i reati di cui égtí art. 12 nn. 1, 3 lett. d) Igs. 286 del 1998, di cui ai capi 5) e 7) della rubrica.
Avverso l’indicata sentenza, ricorre NOME COGNOME, a mezzo del difensore AVV_NOTAIO, deducendo, quale unico motivo di ricorso, rilevante ex art. 606 lett. b) ed e) cod. proc. pen., la mancanza e manifesta illogicità della sentenza in relazione ai principi stabiliti in tema di valutazione della prova, con specifico riferimento alla dimostrazione dell’elemento psicologico del reato di cui all’art. 12 d. Igs. 286 del 1998, nonché inosservanza ed erronea interpretazione della legge penale con riferimento agli artt. 43, 110 cod. pen., in relazione all’art. 12 d. Igs. 286 del 1998.
Si duole in particolare la Difesa che, a fronte di specifiche deduzioni svolte in atto di appello con riferimento all’elemento soggettivo del reato, la Corte territoriale si sia limitata a richiamare la sentenza di primo grado senza confutazione dei motivi di impugnazione.
In particolare la Corte territoriale ha desunto il dolo del concorso nel reato esclusivamente sulla base dell’apporto materiale, pacificamente prestato dal RAGIONE_SOCIALE, senza tuttavia accertare l’effettiva conoscenza in capo al predetto dell’azione delittuosa posta in essere dal concorrente COGNOME (irrevocabilmente condanNOME per i reati oggi in contestazione all’odierno imputato). I Giudici di appello, al pari di quelli di primo grado, hanno altresì errato nel trarre, dal contenuto di talune intercettazioni, una indiretta confessione da parte dell’imputato, dal momento che esse, al contrario, corroborano le obiezioni difensive. La consapevolezza, in capo al RAGIONE_SOCIALE, della falsità della documentazione sottesa alle pratiche per il ricongiungimento famigliare, di cui ai capi di imputazione n. 5 e 7, per cui è intervenuta condanna, è stata erroneamente ritenuto elemento dimostrativo del concorso nel reato.
Il Sostituto Procuratore generale presso questa Corte, dott.ssa NOME COGNOME, ha fatto pervenire requisitoria scritta con la quale ha chiesto declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La sentenza impugnata va annullata senza rinvio nei limiti e sulla base delle considerazioni che seguono.
2.La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 63 del 10 marzo 2022, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 12, comma 3, lett. d), D. Igs 25 luglio 1998, n. 286, limitatamente alle parole «utilizzando servizi internazionali di trasporto ovvero documenti contraffatti o alterati o comunque illegalmente ottenuti»: in particolare, è stata ritenuta manifestamente sproporzionata la pena da 5 anni a 15 anni di reclusione, prevista dal Testo Unico sull’immigrazione, per coloro i quali abbiano favorito l’ingresso illegale di extracomunitari nel territorio italiano utilizzando falsa documentazione, con la precisazione che le elevatissime pene stabilite per le ipotesi aggravate di favoreggiamento dell’immigrazione possono ragionevolmente spiegarsi solo in chiave di contrasto al traffico internazionale di migranti, gestito da organizzazioni criminali che ricavano da questa attività ingenti profitti, ma sono evidentemente sproporzionate rispetto a situazioni diverse, nelle quali non risulta alcun coinvolgimento in tali organizzazioni.
La citata circostanza aggravante prevista dall’art. 12, comma 3, lett. d), D. Igs 25 luglio 1998, n. 286, e dichiarata incostituzionale è, dunque, inapplicabile al caso di specie.
È opportuno specificare che si trattava dell’unica aggravante ritenuta sussistente, come risulta inequivocabilmente arguibile dalla circostanza che il Giudice di primo grado, nel motivare il trattamento sanzioNOMErio, scriveva testualmente (pag. 10) «A La COGNOME devono essere riconosciute le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla residua circostanza aggravante (aver utilizzato documenti contraffatti)».
Nel consegue che i contestati reati, commessi rispettivamente il 11/05/2011 (capo 5) ed il 22/04/2011 (capo 7), ricadendo nella previsione normativa di cui al comma 1 dell’art. 12 D. Igs 25 luglio 1998, n. 286, e soggiacendo alla cornice sanzioNOMEria ivi prevista, devono ritenersi prescritti. Dalla data di commissione dei fatti il termine massimo di prescrizione previsto dall’art. 157, comma primo, aumentato di un quarto ex 160, comma terzo, cod. pen., di sette anni e mezzo, a cui vanno aggiunti giorni 536 di sospensione (come risulta dalla sentenza di secondo grado, pag. 19) risultano decorsi rispettivamente nell’aprile- maggio 2020.
In conclusione, l’impugnata sentenza deve essere annullata senza rinvio, ai sensi dell’art. 620, comma 1, lett. a), cod. proc. pen., per essere i reati ascritti al La COGNOME estinti per prescrizione.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché, esclusa l’aggravante dell’utilizzazione di documenti contraffatti o alterati o comunque illegalmente ottenuti di cui all’art. 12, comma 3, lett. d), d. Igs. n. 286/98, i reati sono estinti per prescrizione.
Così deciso il 09/02/2024