Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 566 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 566 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 13/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME nato a CROTONE il 01/05/1968
avverso la sentenza del 24/04/2024 della Corte d’appello di Catanzaro; esaminati gli atti;
letta la memoria depositata dalla Procura Generale, in persona del Sostituto procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza per intervenuta prescrizione.
RILEVATO IN FATTO
NOME Massimo propone ricorsox avverso la sentenza con la quale la Corte di appello di Catanzaro, il 24 aprile 2024, ha confermato la pronunzia di condanna, emessa a seguito di rito abbreviato, in data 10 giugno 2021 / dal Tribunale di Crotone, che lo aveva condannato alla pena di mesi quattro di arresto per il reato p. e p. dall’art. 116, comma 15 1 Cod. Strada (con recidiva nel biennio), commesso il 9.4.2019.
La Corte territoriale ha rilevato che l’imputato, come era emerso dalla istruttoria dibattimentale, si era messo alla guida di una autovettura privo di
patente perché revocata con provvedimento del 4 marzo 2002 dalla Prefettura di Crotone ed in presenza di reiterazione successive ad altra violazione risalente al 24 febbraio 2018 ed al 19 settembre 2018.
Il ricorrente chiede l’annullamento della sentenza, lamentando, con unico articolato motivo, vizio di carenza di motivazione circa il perfezionamento della prima violazione amministrativa e circa il mancato riconoscimento della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto (art. 131 bis cod. pen.), rilevando comunque che il reato sarebbe estinto per prescrizione già dal 9 aprile 2024, prima della pronuncia impugnata.
Il Procuratore Generale, nella persona del Sostituto procuratore NOME COGNOME ha depositato memoria con la quale ha chiesto annullarsi senza rinvio la sentenza per intervenuta prescrizione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
In via preliminare, va esaminato il profilo, relativo alla dedotta prescrizione del reato sin dal 9 aprile 2024.
Il motivo è infondato.
La questione richiama la problematica della legge applicabile ai reati commessi nel vigore della legge 23 giugno 2017, n. 103 (cd. riforma Orlando), e cioè tra il 3 agosto 2017 e il 31 dicembre 2019, con riferimento alla considerazione dei periodi di sospensione ex art. 159, comma secondo, cod. pen., nel testo introdotto dall’art. 11, lett. b), legge cit.
Il contrasto determinatosi tra le pronunce della Corte di cassazione che ritengono che il regime delineato dalla cd. legge Orlando costituiscA regime più favorevole, sia rispetto a quello previsto dall’art. 1, comma 1, lett. e), n. 1, legge 9 gennaio 2019, n. 3 (cd. riforma Bonafede), che, vigente dal 1 gennaio 2020, ha riformulato l’art. 159, comma secondo, cod. pen., prevedendo la sospensione del corso della prescrizione dalla pronunzia della sentenza di primo grado o dal decreto penale di condanna fino all’esecutività della sentenza o all’irrevocabilità del decreto, sia rispetto a quello delineato dall’art. 2 legge 27 settembre 2021, n. 134, abrogativo dell’art. 159, secondo comma, cit., che ha introdotto l’art. 161-bis cod. pen., a termini del quale il decorso della prescrizione cessa con la sentenza di primo grado, nonché l’art. 344-bis cod. proc. pen., a tenore del quale, per i reati commessi dal 1 gennaio 2020, la mancata definizione del giudizio di appello e di quello di cassazione entro i termini rispettivamente indicati costituisce causa di
improcedibilità dell’azione penale (tra le altre Sez. 4, n. 26294 del 2024 Rv. 286653 – 01; Sez. 4, Sentenza n. 28474 del 10/07/2024 Rv. 286811 – 02), e altre decisioni difformi (Sez. 3, n. 18873 del 27/02/2024 Rv. 286436 – 01), stato risolto, confermando il primo orientamento, dalle Sezioni Unite del 12 dicembre 2024, come comunicato con informazione provvisoria n. 19 del 2024, in procedimento R.g.n. 22932 del 2024.
3. Pertanto, alla fattispecie in esame, relativa a reato commesso il 9 aprile 2019, va applicato il regime di sospensione della cd. Legge Orlando, con la conseguenza che il relativo termine di prescrizione verrà a maturare solo in data 9 ottobre 2025. In particolare, va osservato che la legge 23 giugno 2017, n. 103 (cd. legge Orlando), applicabile ai fatti commessi a decorrere dal 3 agosto 2017, aveva modificato la previgente norma dell’art. 159, comma 2, cod. proc. pen, nonché introdotto la sospensione del corso della prescrizione: a) dal termine previsto dall’art. 544 cod. proc. pen. per il deposito della sentenza di condanna di primo grado, sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza che definisce il grado successivo per un tempo, comunque, non superiore a un anno e sei mesi; b) dal termine previsto dall’art. 544 cod. proc. pen. per il deposito della motivazione della sentenza di condanna di secondo grado, sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza definitiva, per un tempo comunque non superiore a un anno e sei mesi.
L’art. 159, comma 2, cod. proc. pen., così come introdotto dalla suddetta legge, era stato, poi, riformulato dall’art. 1, comma 1, lett. e) n. 1 della legge S.? gennaio 2019, n. 3 (c.d. legge Bonafede), che aveva introdotto, a decorrere dal 10 gennaio 2020, la disposizione per cui il corso della prescrizione rimane sospeso dalla pronunzia della sentenza di primo grado, o dal decreto di condanna, fino alla data di esecutività della sentenza che definisce il giudizio o della irrevocabilità dei decreto di condanna.
L’art. 159, comma 2, cod. proc. pen., è stato, infine, definitivamente abrogato dall’art. 2, comma 1, lett. a) della legge 27 settembre 2021, n. 134, che ha contestualmente introdotto l’art. 161-bis cod. pen., a norma del quale il corso della prescrizione cessa definitivamente con la pronuncia della sentenza di primo grado. La stessa legge ha introdotto all’art. 344-bis cod. proc. pen. – per i soli reati commessi a far data dal 11( gennaio 2020 (ai sensi dell’art. 2 comma 3) l’improcedibilità dell’azione penale in caso di mancata definizione del giudizio di 2 appello e di cassazione entro il termine, rispettivamente, di due anni e di un anno, decorrenti dal novantesimo giorno successivo alla scadenza del termine previsto dall’art. 544 cod. proc. pen. eventualmente prorogato ai sensi dell’art. 154 disp. att. cod. proc. pen., termini prorogabili con ordinanza nei casi previsti dall’art. 344-bis, comma 4, cod. proc. pen.
Con riferimento alla diversa disciplina della prescrizione dettata dalla cd. legge Orlando e dalla c.d. legge Bonafede, il fenomeno della successione delle leggi penali nel tempo non può essere regolamentato dall’art. 2 cod. pen., posto che le leggi succedutesi contengono la previsione della loro applicabilità ai reati commessi a decorrere da una certa data.
Con riferimento alla applicabilità dell’istituto della improcedibilità (peraltro avente carattere processuale), è stata ritenuta manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 344-bis cod. proc. pen., introdotto dall’art. 2, comma 2, della legge 27 settembre 2021, n. 134, per contrasto con gli artt. 3, 25 e 111 Cost., nella parte in cui limita ai procedimenti relativi a reat commessi a far data dal 11 gennaio 2020 l’improcedibilità delle impugnazioni per superamento del termine di durata massima del giudizio di legittimità. Si è, in tal senso, ritenuto che la limitazione cronologica dell’applicazione di tale causa di improcedibilità, cui consegue la non punibilità delle condotte, sia frutto di una scelta discrezionale del legislatore, giustificata dalla diversità delle situazioni e risulti coerente con la riforma introdotta dalla legge 9 gennaio 2019, n. 3, in materia di sospensione del termine di prescrizione nei giudizi di impugnazione, egualmente applicabile ai soli reati commessi a decorrere della suddetta data, essendo ragionevole la graduale introduzione dell’istituto per consentire un’adeguata organizzazione degli uffici giudiziari (Sez. 3, n. 1567 del 14/12/2021, dep. 2022, lana, Rv. 282408-01).
La successione di leggi penali nel tempo, verificatasi con l’abrogazione dai parte della Riforma Cartabia dell’art. 159, comma 2, cod. pen., così come introdotto dalla legge Orlando, e la speculare introduzione dell’art. 161-bis cod. pen. – che fa cessare il corso della prescrizione definitivamente con la pronuncia della sentenza di primo grado – è, invece, disciplinato dall’art. 2 cod. pen., in carenza di previsione di una espressa normazione speciale. Pertanto, deve essere ritenuta disciplina più favorevole quella dettata dalla legge Orlando, per la quale, anche dopo la pronuncia della sentenza di primo e di secondo grado, decorre il termine di prescrizione, sia pure con periodi di sospensione.
Ne deriva, quindi, l’operatività di diversi regimi di prescrizione, da ritenersi applicabili in ragione della data del commesso reato, ed in particolare: per i reati commessi fino al 2 agosto 2017, si applica la disciplina della prescrizione dettata dagli artt. 157 e ss. cod. pen., come riformulati dalla legge 5 dicembre 2005, n. 251 (c.d. legge Cirielli); per i reati commessi a far data dal 3 agosto 2017, fino al 31 dicembre 2020, si applica la disciplina della prescrizione come prevista dalla legge 23 giugno 2017, n. 103 (c.d. legge Orlando), con i periodi di sospensione previsti dall’art. 159, comma 2, cod. pen. nel testo introdotto da detta legge; per
i reati commessi a far data dal 14 gennaio 2020, si applica in primo grado la disciplina della prescrizione come dettata dagli artt. 157 e ss. cod. proc. pen, senza conteggiare la sospensione della prescrizione di cui all’art. 159, comma 2, cod, pen, essendo stata abrogata tale norma dall’art. 2, comma 1, lett. a) della legge 27 settembre 2021, n. 134 e sostituita con l’art. 161-bis cod. pen. (c.d. Riforma Cartabia), e nei gradi successivi la disciplina della improcedibilità, per l’appunto introdotta da tale ultima legge. Ed allora, essendo stato commesso il fatto oggetto del presente giudizio nel pieno vigore della c.d. legge Orlando, al termine massimo dovranno essere aggiunti un anno e sei mesi di sospensione della prescrizione, con l’effetto che, diversamente da quanto prospettato da parte del ricorrente, il reato in esame non è ancora ad oggi estinto per intervenuta prescrizione (Sez.4. n. 39170 del 2023, COGNOME).
I restanti profili del motivo di ricorso sono manifestamente infondati e per alcuni aspetti del tutto generici. In particolare, il ricorrente non si confronta con contenuti della sentenza impugnata relativi al profilo della prova della effettiva esistenza della precedente contestazione dell’illecito amministrativo, atteso che la Corte d’appello ha fatto esplicito riferimento alla circostanza che NOME COGNOME era stato fermato, mentre era alla guida di una Fiat Panda, in data 9 aprile 2019, senza essere in possesso della patente di guida, che gli era stata ritirata dal Prefetto di Crotone dal 4 marzo 2002. Inoltre, in tale occasione, i Carabinieri accertarono anche che l’imputato era stato sanzionato in via amministrativa definitiva, sempre per la medesima condotta, il 27 febbraio 2019 ed il 19 settembre 2018. Il ricorrente neanche contesta tali circostanze, per cui il motivo è palesemente privo di specificità.
Manifestamente infondato è, poi, il profilo relativo al mancato riconoscimento della causa di non punibilità ex art. 131 bis cod.pen., posto che, secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione, a prescindere dalle concrete modalità del fatto, la causa di esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto non è applicabile alla contravvenzione di guida senza patente, difettando in essa il prescritto requisito della non abitualità del comportamento, posto che la condotta assume rilevanza penale, ai sensi dell’art. 116, comma 15, cod. strada, nel solo caso di recidiva nel biennio (Sez. 4, n. 28657 del 05/07/2024, Rv. 286812 – 01).
Nel caso di specie, inoltre, la Corte di appello ha esplicitamente evidenziato che l’accertamento del 9 aprile 2019 era seguito ad altri due di analogo contenuto nell’arco di circa sei mesi, per cui la condotta doveva ritenersi abituale.
Al rigetto dell’impugnazione consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali Così deciso in Roma il 13 dicembre 2024.