Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 30815 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 30815 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 04/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME COGNOME MODESTO nato a SIMERI CRICHI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 08/11/2023 della CORTE APPELLO di CATANZARO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME,
che ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d’Appello di Catanzaro, con sentenza del 8 novembre 2023, ha confermato la sentenza del Tribunale di GLYPH Catanzaro del 23.9.2019 con cui, a seguito di opposizione a decreto penale di condanna, NOME COGNOME era stato condannato in ordine al reato di ‘cui agli artt. 186, comma 2 lett. b), d.lgs 30 aprile 1992 n. 285 commesso in Badolato Marina il 12 dicembre 2017, alla pena ritenuta di giustizia.
NOME era stato ritenuto responsabile per avere condotto l’autovettura Opel Astra in stato di ebbrezza in conseguenza dell’uso di bevande alcoliche (tasso alcolemico accertato pari a 1,44 g/I alla prima prova e 1,56 g/I alla seconda prova).
L’imputato ha proposto ricorso, a mezzo di proprio difensore, formulando due motivi.
2.1 Con il primo motivo, ha dedotto il vizio di motivazione per avere la Corte di Appello ritenuto utilizzabile l’accertamento dell’alcoltest. Il difensore osserva che entrambi gli scontrini erano stati corretti a penna nella indicazione dell’orario e della data ek che uno dei due recava la dicitura “volume insufficiente”. In ragione di ciò le misurazioni avrebbero dovuto essere considerate prive di valore e la Corte, pertanto, avrebbe dovuto mandare assolto l’imputato.
I Giudici avevano, invece, escluso che le correzioni a penna, apportate dagli operanti dopo che era intervenuta l’ora legale non registrata in automatico dall’apparecchio, fossero indicative 4 , unienetto funzionamento dell’apparecchio. In realtà il fatto che l’operante accertatore non fosse stato in grado di impostare in modo corretto i dati temporali, prima di procedere ai rilievi, e il fatto che in uno due scontrini fosse comparsa la dicitura volume insufficiente, erano indici significativi della sua incapacità di utilizzare l’apparecchio, sicché i relativi es strumentali non potevano essere considerati attendibili.
A fronte di tali emergenze, in maniera irragionevole, la Corte aveva rigettato la richiesta della difesa di acquisire i certificati e i documenti riguardanti la taratur dell’apparecchio.
2.2. Con il secondo motivo, ha dedotto la violazione di legge per non avere la Corte di Appello dichiarato la estinzione del reato per prescrizione. Pur avendo il difensore rilevato all’udienza di discussione essere decorso il termine di prescrizione, la Corte nulla aveva replicato.
Il difensore ribadisce che il termine di prescrizione per le contravvenzioni è di 4 anni e che pertanto essendo stato il reato commesso il 12 dicembre 2017 alla data della sentenza di secondo grado tale termine era già decorso. Anche applicando, ratione temporis, la disciplina prevista dalla legge 103/2017 (c.d. Legge Orlando) che prevede la sospensione del corso della prescrizione per un tempo comunque non superiore a un anno e sei mesi tra il termine di cui all’art. 544 cod. proc. pen per il deposito della sentenza di primo grado e la pronuncia del dispositivo della sentenza che definisce il grado successivo di giudizio, il reato era – secondo il difensore- ugualmente prescritto.
Il Procuratore generale, nella persona del sostituto NOME COGNOME, ha rassegnato conclusioni scritte con cui ha chiesto annullare la sentenza impugnata per essere il reato estinto per intervenuta prescrizione, maturata già prima della sentenza di secondo grado.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Il primo motivo è manifestamente infondato.
La Corte ha chiarito che non vi era motivo alcuno per dubitare del corretto funzionamento dell’apparecchio. Quanto al profilo delle correzioni a mano apposte sugli scontrini, i giudici hanno richiamato la deposizione del teste di polizia giudiziaria, il quale aveva spiegato che gli orari erano stati scritti a mano, in quanto l’apparecchio non si sincronizzava in maniera automatica nel momento del passaggio dall’ora solare all’ora legale, e che la data era stata pure modificata, in quanto il controllo era stato operato a cavallo della mezzanotte. Quanto al profilo della dicitura volume insufficiente, i giudici hanno osservato che la compresenza di tale dicitura e del tasso alcolemico rilevato non valeva ad inficiare la validità dell’accertamento, posto che l’apparecchio non aveva segnalato alcun errore. In ragione di ciò le richieste istruttorie, volte ad acquisire documentazione relativa alla omologazione e alle revisioni periodiche erano dunque meramente esplorative, in assenza di elementi in atl:i da cui dedurre il non corretto funzionamento dell’etilometro utilizzato per le misurazioni.
2.1. Il percorso argomentativo adottato dai giudici è coerente con i dati emersi e esente dai profili di illegittimità segnalati dal ricorrente.
2.2.L’omologazione e le verifiche periodiche dell’apparecchio etilonnetro sono espressamente previste dall’art. 379, commi 6, 7 e 8, reg. esec. cod. strada.
A questo proposito, la più recente giurisprudenza di legittimità ha chiarito che, quando la misurazione del livello di alcool nel sangue mediante etilometro assume rilievo (come avviene nei giudizi penali per guida in stato d’ebbrezza ex art. 186, comma 2, cod. strada), all’attribuzione dell’onere della prova in capo all’accusa circa l’omologazione e l’esecuzione delle verifiche periodiche sull’apparecchio utilizzato per l’alcoltest, fa riscontro un onere di allegazione da parte del soggetto accusato, avente ad oggetto la contestazione del buon funzionamento dell’apparecchio (Sez. 4, n. 3201 del 12/12/2019, dep. 2020, Santini, Rv. 278032). La circostanza che il citato art. 379 prescriva l’omologazione e la periodica verifica dell’etilometro, dunque, non comporta che, a sostegno dell’imputazione, l’accusa debba immediatamente corredare i risultati della rilevazione etilometrica con i dati relativi all’esecuzione di tali operazioni, perché si tratta di dati riferiti ad attività necessariamente prodromiche al momento della misurazione del tasso alcolemico che «non hanno di per sé rilievo probatorio ai fini dell’accertamento dello stato di ebbrezza dell’imputato» (Sez. 4, n. 33978 del 17/03/2021, COGNOME, Rv. 281828 pag. 4 della motivazione). Muovendo da queste premesse, è del tutto fisiologico che la verifica processuale del rispetto delle prescrizioni dell’art. 379 reg. esec. cod. strada debba essere sollecitata dall’imputato, sul quale grava un onere di allegazione volto a c:ontestare la validità dell’accertamento eseguito. Tale onere non può risolversi nella mera richiesta di essere portato a conoscenza dei dati relativi all’omologazione e alla revisione periodica dello strumento (oltre a Sez. 4, n. 33978 del 17/0:3/2021, COGNOME, Rv. 281828 già citata, cfr. anche: Sez. 4, n. 3939 del 12/0112021, COGNOME, non massimata; Sez. 4, n. 35951 del 25/11/2020, COGNOME, non massimata) e deve concretizzarsi nell’allegazione di un qualche dato che possa far dubitare che l’omologazione o la revisione possano essere avvenute.
Nel caso di specie, la Corte, in maniera non manifestamente illogica, ha ritenuto che i supposti indici di malfunzionamento dell’apparecchio indicati dalla difesa, tali non fossero, alla luce dell’istruttoria compiuta, sicché ragionevolmente le richieste di acquisire la documentazione relativa alla taratura e alle revisioni dell’apparecchio state ritenute esplorative.
Il secondo motivo, con cui si è eccepita la intervenuta prescrizione del reato, prima della sentenza di secondo grado, è manifestarrene infondato.
3.1.La premessa generale da cui occorre muovere (ribadita da ultimo anche da Sez. 1 , n. 2629 del 29/09/2023, dep. 2024, Falco, Rv. 285724 – 01) è che, secondo la giurisprudenza costante della Corte costituzionale, la prescrizione del reato costituisce un istituto di natura sostanziale che incide sulla punibilità, sicché rientra nell’alveo costituzionale del principio di legalità penale sostanziale
enunciato dall’art. 25, comma 2, Cost.. In particolare con la sentenza n. 278 del 2020 la Corte costituzionale ha ribadito il principio della irretroattività della norma di legge che, fissando la durata nel tempo di prescrizione dei reati, ne allunghi il decorso ampliando in peius la perseguibilità del fatto commesso, e della retroattività, quale norma più favorevole ai sensi dell’articolo 2 del codice penale, della norma che invece riduca la durata del tempo di prescrizione.
3.2. Ciò premesso si osserva che il reato per cui si procede è stato commesso il 12 dicembre 2017 e, dunque, dopo l’entrata in vigore della legge 23 giugno 2017 n. 103, applicabile ai fatti commessi a decorrere dal 3 agosto 2017 ( c.d. legge Orlando). Tale legge aveva modificato il previgente art. 159, comma 2, cod. proc. pen, e introdotto la sospensione del corso della prescrizione: a) dal termine previsto dall’art. 544 cod. proc. pen. per il deposito della sentenza di condanna di primo grado, sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza che definisce il grado successivo per un tempo comunque non superiore a un anno e sei mesi; b) dal termine previsto dall’art. 544 cod. proc. pen. per il deposito della motivazione della sentenza di condanna di secondo grado, siro alla pronuncia del dispositivo della sentenza definitiva, per un tempo comunque non superiore a un anno e sei mesi.
L’art. 159, comma 2, cod. proc. pen., così come introdotto dalla legge su indicata, era stato riformulato dall’art. 1, comma 1, lett. e) n. 1 della legge 9 gennaio 2019 n. 3 (c.d. legge Bonafede), che aveva introdotto, a decorrere dal 1 gennaio 2020, la previsione per cui il corso della prescrizione rimane sospeso dalla pronunzia della sentenza di primo grado, o dal decreto di condanna, fino alla data di esecutività della sentenza che definisce il giudizio o della irrevocabilità del decreto di condanna. La disciplina della prescrizione dettata dalla c.d. legge Bonafede, determinando la sospensione del suo decorso fino alla definitività della sentenza o alla irrevocabilità del decreto di condanna, era certamente più sfavorevole per l’imputato rispetto a quella dettata dal previgente art. 159, comma 2, cod. pen. , sicché poteva trovare applicazione, ai sensi dell’art. 2 cod. pen., solo ai reati commessi dopo la sua entrata in vigore, che è stata differita dalla stessa legge, come detto, al 1 gennaio 2020.
L’art. 159, comma 2, cod. pen. è stato, infine, definitivamente abrogato dall’art. 2, comma 1, lett. a) della legge 27 settembre 2021 n. 134, che ha introdotto, solo per i reati commessi a far data dall’ 1 gennaio 2020 (ai sensi dell’art.2 comma 3), all’art. 344 bis cod. proc. pen., l’istituto di natura processuale della improcedibilità dell’azione penale in caso di mancata definizione del giudizio di appello e di cassazione entro il termine, rispettivamente, di due anni e di un anno, decorrenti dal novantesimo giorno successivo alla scadenza del termine previsto dall’art. 544 cod. proc. pen. eventualmente prorogato ai sensi
dell’art. 154 disp. att. cod. proc. pen., termini prorogabili con ordinanza nei casi previsti dall’art. 344 bis, comma 4, cod. proc. pen.
Con riferimento alla applicabilità dell’istituto della improcedibilità, è stat ritenuta manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 344 bis cod. proc. pen., introdotto dall’art. 2, comma 2, della legge 27 settembre 2021, n. 134, per contrasto con gli artt. 3, 25 e 111 Cost., nella parte in cui limita ai procedimenti relativi a reati commessi a far data dal primo gennaio 2020 l’improcedibilità delle impugnazioni per superamento del termine di durata massima del giudizio di legittimità: si è in tal senso ritenuto che la limitazione cronologica dell’applicazione di tale causa di improcedibilità, cui consegue la non punibilità delle condotte, sia frutto di una scelta discrezionale del legislatore, giustificata dalla diversità delle situazioni e risulti coerente con la riform introdotta dalla legge 9 gennaio 2019, n. 3, in materia di sospensione del termine di prescrizione nei giudizi di impugnazione, egualmente applicabile ai soli reati commessi a decorrere della suddetta data, essendo ragionevole la graduale introduzione dell’istituto per consentire un’adeguata organizzazione degli uffici giudiziari (Sez. 3, n. 1567 del 14/12/2021, dep. 2022, lana, Rv. 282408).
La Riforma Cartabia nell’abrogare l’art. 159, comma 2, cod. pen., così come formulato dalla legge Bonafede, ha anche introdotto, specularmente l’art. 161 bis cod. pen., secondo cui il corso della prescrizione cessa definitivamente con la pronuncia della sentenza di primo grado. Si deve evidenziare che tra l’art. 159, comma 2, cod. pen., come modificato dalla c.d. legge Bonafede e l’art. 161 bis cod. pen.,, introdotto dalla Riforma Cartabia, sussiste continuità normativa, in quanto l’art. 161 bis cod. pen. riproduce, riformulandola lessicalmente, la stessa previsione dell’art. 159, comma 2, cod. pen.: prevedere che il corso della prescrizione rimanga sospeso dalla pronunzia della sentenza di primo grado, o dal decreto di condanna, fino alla data di esecutività della sentenza che definisce il giudizio o della irrevocabilità del decreto di condannala, equivale, nella sostanza, a sancire che il corso della prescrizione cessi con la sentenza di primo grado, ovvero con l’emissione del decreto penale di condanna.
La Riforma Cartabia, dunque, nell’abrogare l’art. 159, c:omma 2, cod. pen, ne ha trasfuso il contenuto nella disposizione, invero più appropriata dal punto di vista terminologico, di cui all’art. 161 bis cod. pen. Ne consegue che, nel valutare la disciplina della prescrizione applicabile, per effetto della successione delle leggi nel tempo, si deve tenere conto che il blocco della prescrizione dopo la sentenza di primo grado già dettato dall’art. 159, comma 2, cod. pen, continua ad operare ai sensi dell’art. 161 bis. cod. pen.
La disciplina della prescrizione dettata dalla c.d. Riforma Cartabia, dunque, è più sfavorevole per l’imputato, rispetto a quella dettata dalla legge Orlando, che, comunque, prevedeva, anche dopo la pronuncia della sentenza di primo grado e di grado di appello, il decorrere del termine di prescrizione, sia pure con periodi di sospensione. Ne consegue che ai fatti commessi dopo l’entrata in vigore della c.d. Riforma Orlando, fino al 31 dicembre 2019, si deve continuare ad applicare il regime della prescrizione dettato da tale legge, con il computo dei periodi di sospensione previsti dall’art. 159 comma 2, come in allora formulato.
Si realizza, così, la coesistenza di diversi regimi di prescrizione, applicabili in ragione della data del commesso reato e in particolare:
-per i reati commessi fino al 2 agosto 2017 si applica la disciplina della prescrizione dettata dagli artt. 157 e ss cod. pen. così come riformulati dalla legge 5 dicembre 2005 n. 251 ( c.d. legge ex Cirielli);
per i reati commessi a far data dal 3 agosto 2017, fino al 31 dicembre 2019, si applica la disciplina della prescrizione come prevista dalla legge GLYPH 23 giugno 2017 n. 103 (c.d. legge Orlando) con i periodi di sospensione previsti dall’art. 159, comma 2, cod. pen. nel testo introdotto da detta legge;
per i reati commessi a far data dal 1 gennaio 2020 si applica in primo grado la disciplina della prescrizione come dettata dagli artt. 157 e ss cod. proc. pen. e nei gradi successivi la disciplina della improcedibilità, introdotta legge 27 settembre 2021 n. 134 c.d. Riforma Cartabia.
In GLYPH tale GLYPH senso GLYPH è GLYPH anche GLYPH l’orientamento GLYPH della GLYPH sentenza Sez 1 , n. 2629 del 29/09/2023, dep. 2024, Falco, Rv. 285724 sopra richiamata cui il collegio intende dare continuità e con cui si è anche ribadito che la cessazione del corso della prescrizione del reato prevista dall’art. 161-bis cod. pen., introdotto dall’art. 2 legge 27 settembre 2021, n. 134, trova applicazione nei procedimenti relativi ai reati commessi a far data dal 1 gennaio 2020.
Il collegio non ignora che in senso diverso si è espressa Sez. 3 n. 18873 del 27/02/2024 non massimata, secondo la quale ai fatti commessi sotto la sua vigenza la disciplina della prescrizione della c.d. legge Orlando con la previsione di periodi di sospensione, non può trovare applicazione, in quanto l’art. 159, comma 2, cod. pen. è stato modificato dalla legge Bonafede (con la previsione del blocco della prescrizione dopo la sentenza di primo grado) e successivamente abrogato dalla c.d. Riforma Cartabia. Tuttavia non può che ribadirsi come tale ultimo orientamento non tenga conto della contemporanea introduzione ad opera della stessa Riforma Cartabia dell’art. 161 bis cod. pen., che fa cessare il corso della prescrizione dopo la sentenza di primo grado delineando, dunque, una disciplina più sfavorevole rispetto a quella vigente al momento di commissione del reato.
3.3. Ciò premesso, nel caso di specie, al termine massimo di 5 anni di prescrizione dettato dall’art. 157 cod. pen per le contravvenzioni, devono essere aggiunti i periodi di sospensione dal termine per il deposito della sentenza di condanna di primo grado, sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza di appello e dal termine previsto per il deposito della motivazione della sentenza di condanna di secondo grado, sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza definitiva, sicché, conteggiati tali periodi, la prescrizione non è ad oggi decorsa.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende, non sussistendo ragioni di esonero.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma in data 4 giugno 2024
Il Consigl . ensore
Il Presidente