Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10590 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10590 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a CERIGNOLA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 21/04/2022 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
che, con sentenza in data 21 aprile 2022, la Corte di Appello di Bari ha confermato la sentenza di condanna pronunciata nei confronti di COGNOME NOME per il delitto di cui agli artt. 81 cpv., 624 e 625, comma 1, nn. 2 e 7 cod. pen. (fatto commesso in Cerignola il 13 febbraio 2014);
che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore, articolando un solo motivo a più censure;
che, con motivi nuovi articolati attraverso memoria trasmessa tramite EMAIL in data 16 gennaio 2024, il difensore del ricorrente eccepiva l’intervenuta prescrizione del reato, argomentando nel senso che, poiché il Tribunale aveva concesso all’imputato le attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti, aveva riqualificato il reato commesso da furto aggravato a furto semplice.
CONSIDERATO IN DIRITTO
– che il motivo aggiunto, che va esaminato in via prioritaria per ragioni di ordine logico, perché attiene al nomen iuris da riconoscere al fatto – se furto semplice o se furto aggravato -, è manifestamente infondato, posto che l’art. 1.57, comma 3, cod. pen, stabilisce che «Non si applicano le disposizioni dell’articolo 69 e il tempo necessario a prescrivere è determinato a norma del secondo comma, che stabilisce che:« Per determinare il tempo necessario a prescrivere si ha riguardo alla pena stabilita dalla legge per il reato consumato o tentato, senza tener conto della diminuzione per le circostanze attenuanti e dell’aumento per le circostanze aggravanti, salvo che per le aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria e per quelle ad effetto speciale, nel qual caso si tiene conto dell’aumento massimo di pena previsto per l’aggravante», dunque, nel caso al vaglio della circostanza aggravante di cui all’art. 625, comma 3, cod. pen., che stabilisce che «Se concorrono due o più delle circostanze prevedute dai numeri precedenti, ovvero se una di tali circostanze concorre con altra fra quelle indicate nell’articolo 61, la pena è della reclusione da tre a dieci anni e della multa da euro 206 a euro 1.549», di modo che, contestato e ritenuto il delitto di furto pluriaggravato, il delitto si prescrive in anni 12 e mesi 6, ossia il 13 agosto 2026;
– che il motivo proposto con il motivo principale, che contesta, sotto l’egida formale del vizio di motivazione, la dichiarazione di responsabilità dell’imputato per il reato ascrittogli, è affidato a doglianze generiche, meramente reiterative delle stesse censure articolate con i motivi di gravame, riproposte senza alcun confronto critico con le ragioni poste a sostegno della decisione sul punto e, comunque, non consentite in questa sede in quanto, contrapponendosi un alternativo apprezzamento delle prove alla valutazione operatane dai giudici di merito nelle loro conformi decisioni, si richiede a questa Corte di prendere posizione tra le diverse letture dei fatti, mediante la diretta esibizione di elementi delle prove stesse che si pretendono evidenti e dimostrativi del vizio di errato loro apprezzamento: operazione, di certo, quivi preclusa, tanto più in presenza di un apparato motivazionale (quale quello osteso a pag. 6 della sentenza impugnata, in cui la Corte territoriale ha motivato la responsabilità dell’imputato per il reato contestato in lume della piena disponibilità delle rispettive unità abitative, del godimento dei favorevoli effetti derivanti dall’allaccio abusivo in oggetto e della mancanza di alcuna valida ricostruzione alternativa dei fatti) che, nel suo complesso, non si espone a rilievi di illogicità di macroscopica evidenza (Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Rv. 214794);
– che l’ulteriore censura, con la quale ci si duole dell’operata graduazione della pena, oltre che replicare senza alcun elemento di effettiva novità i rilievi articolati con i motivi di gravame, pur correttamente e congruamente disattesi dal giudice di appello, prospetta questione non consentita nel giudizio di legittimità e, comunque, manifestamente infondata, posto che la graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati
negli artt. 132 e 133 cod. pen., con la conseguenza che è inammissibile la doglianza che in Cassazione miri ad una nuova valutazione della sua congruità ove la relativa determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013 – dep. 04/02/2014, Rv. 259142; Sez. 3, n. 1182 del 17/10/2007 – dep. 11/01/2008, Rv. 238851), come nel caso di specie (vedasi pag. 6 della sentenza impugnata);
– rilevato che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 a favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 28 febbraio 2024
Il consigliere estensore
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Il Presicle te