Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 13050 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 13050 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Pagani il DATA_NASCITA
avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli del 17/11/2022;
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso;
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
sentite le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO gener NOME COGNOME, che ha chiesto che la sentenza impugnata venga annullata senza rinvio per intervenuta prescrizione del reato;
sentiti i difensori dell’imputato, AVV_NOTAIO, in sostituzione dell’AVV_NOTAIO, e NOME COGNOME, che si sono associati alla richiesta del Procurat generale.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Napoli, con sentenza del 17 novembre 2022 (motivazione depositata il 9 febbraio 2023), decidendo in esito ad annullamento con rinvio della sentenza della Corte appello di Salerno, disposto da questa Corte, Sez. 2, n. 38823 del 25 giugno 2019, in riforma d quella di primo grado e ritenuta l’ulteriore circostanza aggravante contestata (art. 7 dl. del 1991 – ora art. 416 bis.1 cod. pen.) – avendo il Tribunale già ritenuto sussistente quella d “più persone riunite”, di cui art. 629, comma 2, in riferimento all’art. 628, comma 3, n. 1 pen. – ha rideterminato la pena inflitta a NOME COGNOME in anni tre di reclusione ed e 400 di multa, oltre alla pena accessoria della interdizione temporanea dai pubblici uffici.
La statuizione di condanna è relativa al delitto di tentata estorsione (così quali l’originaria imputazione di estorsione consumata), pluriaggravata e in concorso, a danno d COGNOME NOME.
Avverso la sentenza di appello l’imputato ha presentato, a mezzo dei propri difensori ricorso nel quale deduce sei motivi.
2.1. Il primo motivo è relativo alla violazione dell’art. 545-bis cod. proc. pen. in re alla disciplina transitoria stabilita dall’art. 95 del d.lgs. n. 150 del 2022. Sul punto, si che, poiché la pena inflitta all’imputato è inferiore a quattro anni di reclusione, la Corte di avrebbe dovuto attivare il meccanismo finalizzato alla possibile applicazione delle pe sostitutive di cui all’art. 20-bis cod. pen., la cui omissione integra violazione dell’art. 178 lett. cod. proc. pen.
2.2. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazio alla ritenuta sussistenza della penale responsabilità di COGNOME a titolo di concorso nella te estorsione. Egli, infatti, non è l’autore della richiesta estorsiva nei confronti del Gargan limitato, al più, ad esser presente nel momento in cui altri soggetti (COGNOME NOME e COGNOME NOME) avevano minacciato la persona offesa; né è ipotizzabile a suo carico il ruolo “intermediario”, considerato che, da un lato, egli non è stato latore di alcuna richiesta esto e non ha posto in essere atti finalizzati a dissuadere COGNOME a sottrarsi a dette pretese dall’altro lato, risulta che lo stesso COGNOME è stato, a propria volta, vittima di coartaz parte degli stessi soggetti, avendo dunque agito con l’esclusivo scopo di consigliare per il me il COGNOME.
Sotto altro profilo, la sentenza impugnata, si deduce, non ha ottemperato all’indicazio della pronuncia rescindente che aveva demandato al giudice del rinvio la verifica del sussistenza anche della penale responsabilità del COGNOME COGNOME riferimento proprio al concret ruolo da questi svolto nella vicenda. Ancora, gravemente illogica è la motivazione della Cor territoriale in riferimento ai contributi dichiarativi del COGNOME e COGNOME, che dovevano valutati ai sensi dell’art. 192 comma 3 cod. proc. pen., e in ordine ai quali si è incors evidente travisamento della prova.
2.3. Con il terzo motivo si eccepisce che la sentenza impugnata ha omesso di motivare in ordine alla sussistenza dell’aggravante della “mafiosità”. Invero, il ritenuto utilizzo del ” mafioso” nel corso della minaccia estorsiva non ha tenuto conto del fatto che il COGNOME apparteneva ad associazione ex art. 416-bis cod. pen. né questi agì per favorirne alcuna e che, comunque, difettano i caratteri per poter inferire che tale minaccia fosse caratterizzata “metodo mafioso”.
2.4. Con il quarto, articolato motivo, si eccepisce che la sentenza impugnata ha fatto erron applicazione delle norme penali in tema di circostanze e di giudizio di bilanciamento con aggravanti, avendo perdipiù violato il divieto di reformatio in peius. Invero, il giudice del primo appello aveva ritenuto le aggravanti subvalenti rispetto alle attenuanti generiche, mentre sentenza impugnata le ha ritenute prevalenti (nel dispositivo) rispetto alla sola aggravante d al secondo comma dell’art. 629 cod. pen. Inoltre, anche la determinazione della pena per i tentativo non è corretta; infine, mentre la Corte salernitana aveva fissato la pena nel mi edittale, quella impugnata ha inflitto la pena in misura sensibilmente superiore a detto mini senza fornire sul punto alcuna motivazione.
2.5. Il quinto motivo deduce la intervenuta prescrizione del reato (come già richiesto in s di appello), in considerazione del fatto che doveva trovare applicazione la più favorev disciplina della prescrizione antecedente alla riforma del 2005 e che, essendosi ritenuta l’ip del tentativo ed essendo state giudicate le circostanze attenuanti prevalenti rispetto aggravanti il termine massimo di prescrizione va fissato in quindici anni e, risalendo il re t 2002, esso è ampiamente maturato.
2.6. Con il sesto motivo, infine, si eccepisce la illegittimità costituzionale del tra sanzionatorio dell’estorsione che, rispetto al delitto di rapina, presenta una pena più eleva assenza di plausibili ragioni che possano giustificare tale diversità; anzi, la rapina presup una minaccia che non lasci libertà di scelta alla persona offesa e dunque è certament maggiormente lesiva del bene giuridico tutelato rispetto a quella che connota l’estorsione m per essa è stabilita una pena meno afflittiva; in tal modo è violato anche il princi proporzionalità tra sanzione penale e offesa provocata dal reato, profilo già ritenuto rile dalla Corte cost. (sent. n. 341 del 1994).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è parzialmente fondato.
Il primo motivo, nel quale si eccepisce violazione della disciplina transitoria delle sostitutive, è manifestamente infondato. Invero, non risulta che sia stata formulata nel corso giudizio di appello alcuna richiesta in merito. Al riguardo va ribadito il principio, già affe questa Corte, secondo cui «in tema di pene sostitutive, ai sensi della disciplina transi contenuta nell’art. 95 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (c.d. riforma Cartabia), affinché il
di appello sia tenuto a pronunciarsi in merito all’applicabilità o meno delle nuove pene sostit delle pene detentive brevi di cui all’art. 20-bis cod. pen., è necessaria una richiesta in tal dell’imputato, da formulare non necessariamente con l’atto di gravame, ma che deve comunque intervenire, al più tardi, nel corso dell’udienza di discussione in appello» (Sez. 6, n. 330 10/05/2023, Agostino, Rv. 285090 – 01).
Infondato è il secondo motivo, relativo alla configurabilità del concorso a c dell’imputato, profilo oggetto dell’annullamento con rinvio. Sul punto la pronuncia rescindent legittimità aveva precisato che «il difetto di motivazione si rinviene con riguardo alla d valutazione della testimonianza dell’offeso nella parte in cui egli descrive i suoi rapport COGNOME e le concrete modalità di svolgimento della vicenda estorsiva, specie con riguardo a tema della compensazione della somma estorta; in relazione a tali aree tematiche, oggetto di specifica censura, la decisione non rispetta l’obbligo di motivazione rafforzata che incombe giudice di secondo grado che valuta prove decisive in modo antagonista rispetto al primo giudice Il ricorso è, pertanto, fondato e la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio a Corte di appello di Napoli per nuovo giudizio limitatamente alla posizione del COGNOME».
3.1. La sentenza impugnata ha emendato il vulnus motivazionale, argomentando in modo adeguato circa la sussistenza della penale responsabilità dell’imputato che – e il dato è pac – ha organizzato l’incontro tra COGNOME e i due soggetti (COGNOME COGNOME COGNOMECOGNOME nel corso del q costoro hanno profferito la pretesa estorsiva che veniva “accettata” dalla persona offesa (duemi euro per evitare “fastidi” nell’attività edile del COGNOME).
La Corte territoriale, in merito al contributo prestato dal COGNOMECOGNOME COGNOME precisa sei seg termini (pag. 10): “posto che certamente il COGNOME partecipò consapevolmente all’incontr avvenuto tra il COGNOME e gli estorsori … è indubbio che … ha di fatto agevolato la cond questi ultimi, organizzando l’incontro con il COGNOME, fomentando il timore nell’animo di qu in relazione alla pericolosità dei soggetti e rivolgendogli sguardi eloquenti per invitarlo ad alla richiesta estorsiva”.
3.2. Inoltre, la sentenza impugnata evidenzia che un soggetto sentito ex art. 210 cod. pro pen. (COGNOMECOGNOME ha riferito che “COGNOME NOME NOME NOME chiudere una estorsione COGNOME COGNOME mise a disposizione per aiutarlo nel settore delle estorsioni; si occupava di raccogl le rate delle estorsioni, ottenendo, in cambio, delle agevolazioni sul prezzo che doveva paga per le forniture di cemento da parte delle ditte indicate dal clan. Ha precisato che i suoi r diretti con il COGNOME e il COGNOME risalivano alla primavera successiva alla sua scarcera (ottobre 2002); in tale periodo – quando il COGNOME riprese i vari contatti con l’ambiente cr ad Angri – apprese dagli stessi COGNOME, COGNOME ed COGNOME NOME che costoro avevano operato insieme nel settore delle estorsioni … ” (pag. 9). Dichiarazioni che danno conferma modus operandi seguito dal COGNOME.
In relazione alle doglianze relative alla valutazione di attendibilità dei collabor giustizia va rilevato che esse sono state già dichiarate inammissibili dalla sentenz
annullamento “in quanto avanzate per la prima volta in questa sede” e la relativa eccezione in questa sede è chiaramente preclusa.
3.3. Per quanto poi concerne il ruolo svolto dall’imputato (qualificato nella sentenza e ricorso come “intermediario”), è pacifico nella giurisprudenza di legittimità (ex multis, Sez. 2, n. 6824 del 18/01/2017, COGNOME, Rv. 269117 – 01) che «ai fini dell’integrazione del concors di persone nel reato di estorsione è sufficiente la coscienza e volontà di contribuire, con il p comportamento, al raggiungimento dello scopo perseguito da colui che esercita la pretesa illecita; ne consegue che anche l’intermediario, nelle trattative per la determinazione d somma estorta, risponde del reato di concorso in estorsione, salvo che il suo intervento abbi avuto la sola finalità di perseguire l’interesse della vittima e sia stato dettato da m solidarietà umana», finalità, questa, chiaramente da escludersi nel caso in esame.
Inammissibile è il terzo motivo, nel quale si è dedotta la non configurabi dell’aggravante della mafiosità. In primo luogo la sentenza rescindente ha ritenuto la relat censura contenuta nel ricorso del COGNOME “inammissibile per le ragioni esposte sub § 1.2.”, ov si era così espressa: «Nel caso in esame la Corte territoriale con valutazione di meri insindacabile in questa sede in quanto coerente sia con le emergenze processuali, che con le ricordate linee ermeneutiche rilevava che l’atteggiamento tenuto dal ricorrente [COGNOME COGNOME caratterizzato dall’esplicito riferimento alla partecipazione ad un temuto gruppo crimin consentiva il riconoscimento dell’aggravante contestata (pag. 42 della sentenza impugnata)».
4.1. Inoltre, «ai fini della configurabilità dell’aggravante dell’utilizzazione del mafioso, di cui all’art. 7 d.l. 13 maggio 1991 n. 152, convertito in legge 12 luglio 1991, n. non occorre che sia dimostrata o contestata l’esistenza di un’associazione per delinquere, essendo necessario solo che la violenza o la minaccia assumano la veste propria della violenza o della minaccia mafiosa, ossia di quella ben più penetrante, energica ed efficace che deriva dall prospettazione della sua provenienza da un tipo di sodalizio criminoso dedito a molteplici e efferati delitti, sicché, una volta accertato l’utilizzo del metodo mafioso, l’aggravante, natura oggettiva, si applica a tutti i concorrenti nel reato, ancorché le azioni di intimidaz minaccia siano state materialmente commesse solo da alcuni di essi» (Sez. 2, n. 32564 del 12/04/2023, Bisogni, Rv. 285018 – 02); elementi, questi, chiaramente rinvenibili nelle condott minacciose nei confronti di COGNOME.
4.2. Neppure può escludersi la sussistenza della fattispecie – aggravata ex art. 416 bis.1 -in ragione dell’atteggiamento “accomodante” del COGNOME, che ha negoziato al ribasso l’entità del pizzo. Infatti, «in tema di estorsione, la sussistenza dell’aggravante del metodo mafioso n è esclusa dal fatto che la vittima delle minacce abbia assunto un atteggiamento “dialettico rispetto alle ingiuste richieste, ciò non determinando il venir meno della portata intimida delle stesse. (Fattispecie in cui la Corte ha valutato corretta la decisione con la quale s escluso che la riduzione, da parte della vittima, della somma da consegnare nell’immediato all’estorsore, che ne pretendeva una d’importo più elevato, facesse venir meno la particolare e
qualificata portata intimidatoria della richiesta estorsiva e, quindi, la sussi dell’aggravante)» (Sez. 2, n. 6683 del 12/01/2023; Bloise, Rv. 284392 – 01).
Anche il quarto motivo – con il quale si deduce violazione del divieto di reformatio in peius – è manifestamente infondato. Invero, a fronte della condanna per la ritenuta ipotesi dell tentata estorsione a quattro anni di reclusione, inflitta in primo grado, la Corte di appe Salerno condannava l’imputato – qualificando il fatto come delitto consumato – alla pena di ann quattro e mesi sei di reclusione. La sentenza impugnata ha ritenuto corretta la qualificazione termini di tentativo di estorsione, applicando una pena inferiore sia a quella irrogata in p grado, sia a quella del primo appello (la differenza rispetto a quest’ultima è comunque pari terzo ex art. 56 cod.pen: Corte di Salerno = quattro anni e sei mesi; Corte di Napoli = tre anni Di tal che, non può configurarsi alcun illegittimo aggravamento sanzionatorio. Peraltro, passaggio da delitto consumato (primo appello) a delitto tentato (secondo appello) ha determinato, come si vedrà, un significativo vantaggio per l’imputato in ordine al termi massimo di prescrizione.
Fondato è, invece, il quinto motivo con il quale si è invocata l’intervenuta prescrizio conclusione, questa, condivisa dal AVV_NOTAIO generale.
6.1. Invero, ratione temporis commissi delictí, la disciplina applicabile in tema di prescrizione, in quanto maggiormente favorevole nel caso di specie, è quella antecedente alla I.n. 251 del 2005 (c.d. legge ex Cirielli). La fattispecie è stata qualificata in termini di tentativo ed è pluriggravata (in particolare dalla circostanza delle “più persone riunite” e da quella d “mafiosità”). La pena massima per l’ipotesi base di estorsione è di dieci anni di reclusione e questa deve essere applicato l’aumento massimo stabilito per la circostanza di cui all’art. 7 n. 152 del 1991 (ora art. 416 bis.l. cod. pen.) – che, sin dalla sua introduzione, è sottrat giudizio di bilanciamento ex art. 69 cod. pen. – pari alla metà; invece, l’altra aggrava ancorchè ad effetto speciale, non è esclusa dal “bilanciamento”, ed è dunque elisa dalle attenuanti generiche ritenute, quanto meno, equivalenti (anche se il dispositivo della sentenz impugnata le qualifica come “prevalenti sull’aggravante di cui all’art. 629, comma 2, cod. pen.”) Pertanto, si torna alla pena massima per l’ipotesi non aggravata, che deve però essere aumentata ex art. 7 cit., determinandosi la pena in quindici anni, che va ridotta di un terzo art. 56 cod. pen. tornandosi quindi a dieci anni.
6.2. Nel calcolo del tempo massimo di prescrizione non può applicarsi il particolare regime degli atti interruttivi, introdotto dalla In. 251 per i delitti di cui all’art. 51 comma 3 bis ! cod. proc. ; pen. (tra i quali rientra il fatto contestato) in quanto esso è successivo alla commissione reato e più sfavorevole. Dunque, il termine massimo di prescrizione, comprese le interruzioni, è pari a quindici anni (dieci più l’aumento della metà ex art. 161 cod. pen., nella formulazione allora vigente) e, risalendo i fatti al 2002, anche considerando i periodi di sospensione, il r è ampiamente prescritto.
Infine, va precisato che l’annullamento con rinvio della prima sentenza di appello è relati alla configurabilità del reato – e dunque alla responsabilità penale – e non ha dunque “bloccato la prescrizione (Sez. 5, n. 51098 del 19/09/2019, M., Rv. 278050 – 01).
Il sesto motivo di ricorso risulta assorbito, tenuto conto che la dedotta question legittimità costituzionale risulta irrilevante in considerazione della declaratoria di inter prescrizione.
P. Q. M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il reato è estinto per prescrizione.
Così deciso il 29 febbraio 2024
)I c C o onsigl re e nsore
Il Presidente