Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 15809 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 15809 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 11/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME COGNOME nato a ERCHIE il 28/09/1952
avverso la sentenza del 22/01/2024 della CORTE D’APPELLO DI LECCE Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello, in relazione alla condanna civile disposta in relazione al capo a); inammissibilità in relazione al capo b).
Il difensore della parte civile ASL Brindisi, avvocato NOME COGNOME chiede il rigetto del ricorso; deposita conclusioni e nota spese.
L’avvocato NOME COGNOME nell’interesse del ricorrente COGNOME NOME COGNOME chiede l’annullamento del provvedimento impugnato con rinvio al giudice penale.
Il codifensore avvocato NOME COGNOME riportandosi al ricorso depositato, ne chiede l’accoglimento.
Ritenuto in fatto
Con sentenza in data 22 gennaio 2024, la Corte d’appello di Lecce, in parziale riforma della sentenza emessa dal GUP presso il Tribunale di Brindisi all’esito di giudizio abbreviato, ha ritenuto NOME COGNOME responsabile del reato di cui agli artt. 81, 479 in relazione all’art. 476, comma 2 cod. pen. (capo B) per tutti gli episodi contestati, ad eccezione di quello relativo al referto del 24.10.2014, in relazione al quale lo ha assolto perché il fatto non sussiste. Ha, inoltre, dichiarato non doversi procedere in relazione al reato di cui agli artt. 81, 640, comma 2, n. 1 cod. pen. (capo A), perché estinto per prescrizione e ha rideterminato la pena inflitta in anni uno, mesi cinque e giorni dieci di reclusione, confermando nel resto la sentenza impugnata.
È contestato all’imputato, in qualità di dirigente medico della ASL di Brindisi in servizio nel comune di Mesagne, di aver indotto in errore la predetta Asl mediante artifici e raggiri consistiti nel marcare in entrata il badge presso il poliambulatorio sit in Erchie per poi allontanarsi e svolgere attività lavorativa privata, nonché mediante la falsa attestazione di aver svolto visite fiscali, in tal modo procurandosi un ingiusto profitto. Inoltre, al fine di commettere tale reato, nell’esercizio delle sue funzioni, taluni giorni specificamente indicati, avrebbe attestato falsamente di essersi recato in vari comuni della provincia di Brindisi per svolgere visite fiscali, ottenendo la relativa indennità.
Avverso tale sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione articolando due censure, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto disposto dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo deduce vizio di violazione di legge in relazione agli artt. 185 e 640, comma 2, n. 1, cod. pen., 129 e 578 cod. proc. pen., nonché vizio di motivazione. Il ricorrente sostiene che la documentazione dal medesimo prodotta smentirebbe ictu oculi la prospettazione accusatoria, senza necessità di svolgere alcun accertamento, sicché erroneamente il giudice d’appello avrebbe dichiarato la prescrizione del reato, anziché emettere una pronuncia ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen. Da detta documentazione emergerebbe chiaramente che nelle giornate e negli orari considerati, ed in particolare, tra il momento in cui l’imputato marcava il badge presso il Poliambulatorio di Erchie e il momento in cui arrivava presso la sede capofila del comune di Mesagne, egli avrebbe sempre espletato attività lavorativa di natura istituzionale e che i dati emergenti dai pedinannenti eseguiti dai Carabinieri sarebbero erronei.
Inoltre, la Corte territoriale, pur avendo dato atto che l’imputato aveva svolto analitiche censure avverso le singole condotte fraudolente contestate al capo A) dell’imputazione, si sarebbe genericamente limitata a rinviare alle considerazioni svolte dal primo giudice, rilevando che le medesime rimanevano immutate. In tal modo la sentenza impugnata avrebbe del tutto omesso di considerare le critiche svolte con i motivi di appello, nei quali si evidenziava la sussistenza di prove documentali attestanti le attività svolte da COGNOME nelle varie giornate lavorative, affermando in maniera assertiva che i referti medico-legali relativi alle visite dal medesimo svolte sarebbero stati falsi.
2.2. Con il secondo motivo si deduce il vizio di violazione di legge in relazione agli artt. 479-476 cod. pen., nonché vizio di motivazione con riguardo alla affermata falsità dei referti medici redatti nelle date specificate nel capo di imputazione. La sentenza impugnata sarebbe incorsa in un travisamento della prova, avendo omesso di considerare che ciascun referto sarebbe supportato da una prova documentale costituita dalla richiesta di accertamento fiscale avanzata all’Asl di Brindisi dagli enti pubblici presso cui lavorano di vari soggetti cui detti certificati si riferiscono che ta richiesta sarebbe riportata nel medesimo referto. Inoltre, in manifestamente illogico la sentenza impugnata avrebbe ridimensionato le prove testimoniali con cui le persone sottoposte a visita fiscale avevano confermato il giorno in cui essa era avvenuta, sostenendo che, pur potendo dette dichiarazioni essere veritiere, stante il tempo trascorso dai fatti, ben avrebbero potuto riferirsi ad un giorno diverso. Secondo il ricorrente si tratterebbe di valutazioni illogiche e meramente assertive, smentite dalle prove documentali prodotte, dalle quali emergerebbero puntualmente le attività istituzionali svolte dal COGNOME nei giorni indicati nel capo di imputazione.
Il Procuratore generale ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello, in relazione alle statuizioni civili disposte con riguardo al reato di cui al capo A) dell’imputazione; ha chiesto inoltre dichiararsi l’inammissibilità del ricorso in relazione al reato di cui capo B).
Considerato in diritto
Il ricorso è fondato nei termini che seguono.
Il primo motivo è fondato nei limiti di seguito precisati.
2.1. La Corte territoriale, con la sentenza impugnata, ha dichiarato il reato di cui al capo A) dell’imputazione, estinto per intervenuta prescrizione. Tuttavia, essendovi stata costituzione di parte civile, ha ritenuto, in applicazione dell’art. 578 cod. proc.
pen., di dover decidere sull’impugnazione agli effetti civili, applicando ai fini dell valutazione dell’illecito civile – in conformità con quanto statuito dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 182 del 2021 – il criterio civilistico della “probabilit prevalente”. Ha quindi ravvisato la sussistenza di elementi per confermare le valutazioni espresse dal giudice di primo grado, che aveva affermato la responsabilità dell’imputato per il reato di cui all’art. 640 cod. pen.
Il ricorrente ha censurato tale motivazione sul rilievo che, benché dalla documentazione prodotta emergesse con evidenza l’insussistenza dei fatti contestati, la Corte territoriale non avrebbe illustrato le ragioni della mancata assoluzione dell’imputato nel merito, pur in presenza di una causa sopravvenuta di estinzione del reato.
Il rilievo merita accogli mento. Secondo quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità, pur in caso di estinzione del reato dichiarata in appello, la mancanza di motivazione da parte di tale giudice sulla causa di proscioglimento nel merito che la parte, con specifici motivi, abbia prospettato come “evidente”, comporta l’annullamento della sentenza con rinvio al giudice penale, attesi gli effetti penali del decísum (Sez. 5, n. 3525 del 15/10/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259533 – 01; Sez. 5, Sentenza n. 5764 del 07/12/2012, dep. 2013, COGNOME, Rv. 254965).
Occorre inoltre considerare che le Sezioni unite COGNOME hanno affermato che, nel caso di contraddittorietà o insufficienza della prova, prevale l’obbligo di immediata declaratoria delle cause di non punibilità, dovendosi privilegiare le esigenze di speditezza sottese all’art. 129 cod. proc. pen., ed essendo l’equilibrio del sistema garantito dalla possibilità per l’imputato di rinunciare alle cause estintive. Tale regola tuttavia non vale in presenza della parte civile. In tal caso, ove in sede d’appello sia sopravvenuta una causa estintiva del reato, e il giudice, in ragione della presenza della parte civile, sia chiamato a valutare il compendio probatorio ai fini delle statuizioni civili, prevale il prosciogli mento nel merito secondo la regola dell’art. 530, commi 1 e 2 cod. proc. pen. (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, COGNOME, Rv. 244273 – 01). In tal caso, divenendo recessiva l’esigenza di speditezza del processo, riemerge la necessità di assolvere l’imputato non solo nel caso di evidenza dell’innocenza, «ma anche nel caso in cui, pur essendovi alcuni elementi probatori a carico, essi siano inidonei a fondare una dichiarazione di responsabilità penale secondo la regola di giudizio di cui al secondo comma dell’art. 530» cod. proc. pen.
Le Sezioni unite Calpitano hanno successivamente verificato la “tenuta” di tali principi a seguito dell’intervento della Corte costituzionale che, con la sentenza interpretativa di rigetto n. 182 del 2021, ha affermato che il giudice chiamato a valutare la responsabilità civile da reato, una volta dichiarato prescritto il reato, deve accertare il fatto illecito senza esaminare, sia pure íncidenter tantum, la responsabilità penale. Secondo le Sezioni unite, tale pronuncia non impone al giudice
di appello di limitarsi a prendere atto della causa estintiva, «pervenendosi altrimenti al paradosso di negare, in virtù del principio di presunta innocenza, la possibilità per il giudice di valutare i presupposti dell’assoluzione nel merito, che rappresenta l’obiettivo primario del diritto di difesa».
Si è pertanto affermato il principio per cui, «nel giudizio di appello avverso la sentenza di condanna dell’imputato anche al risarcimento dei danni, il giudice, intervenuta nelle more l’estinzione del reato per prescrizione, non può limitarsi a prendere atto della causa estintiva, adottando le conseguenti statuizioni civili fondate sui criteri enunciati dalla sentenza della Corte Costituzionale n,182 del 2021, ma è comunque tenuto, stante la presenza della parte civile, a valutare, anche a fronte di prove insufficienti o contraddittorie, la sussistenza dei presupposti per l’assoluzione nel merito» (Sez. U, n. 36208 del 28/03/2024, Calpitano, Rv. 286880 – 01).
2.2. Nel caso in esame, la Corte d’appello di Lecce ha omesso di operare tale valutazione, incorrendo nel vizio denunciato. Essa non si è in alcun modo confrontata con le puntuali argomentazioni svolte dall’imputato in ordine alla insussistenza del reato di cui all’art. 640 cod. pen., e neppure con la copiosa documentazione prodotta a sostegno della prospettazione difensiva, anche eventualmente al solo fine di escluderne la rilevanza, limitandosi ad affermare in modo apodittico che detta documentazione non muterebbe le considerazioni svolte dalla sentenza di primo grado, cui si limita a fare rinvio, senza illustrare le ragioni per cui le censure formulate dal ricorrente dovevano ritenersi infondate.
Il secondo motivo, concernente il reato di cui agli artt. 479-476 cod. pen., di cui al capo B), è fondato.
A fronte della contestazione, contenuta nell’editto accusatorio, di aver attestato falsamente di essersi recato in alcuni luoghi della provincia di Brindisi per svolgere visite fiscali nelle date specificamente indicate, l’imputato aveva prodotto documentazione dalla quale risultava l’effettivo svolgimento delle attività descritte nei referti dal medesimo redatti.
Nel valutare i singoli episodi contestati al ricorrente, la Corte territoriale ha ritenuto sostanzialmente inattendibili le dichiarazioni testimoniali delle persone sottoposte a visita, pur affermando che esse potevano essere intrinsecamente veritiere; d’altro canto, ha del tutto omesso di valutare le risultanze della documentazione prodotta dall’imputato e, specificamente, la corrispondenza tra le date dei referti e quelle delle richieste di visita fiscale avanzate alla ASL dagli enti presso cui lavoravano i soggetti sottoposti a visita. In tal modo la motivazione risulta al contempo manifestamente illogica, quanto alla valutazione della prova testimoniale, e del tutto ommessa in relazione all’esame della documentazione
prodotta dall’imputato e alle argomentazioni dal medesimo svolte, secondo cui essa avrebbe attestato l’effettivo svolgimento dell’attività attestata dai suddetti ref
4. Le considerazioni svolte impongono l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Lecce per un nuovo giudizio.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Lecce.
Così è deciso, 11/12/2024
Il Consigliere estensore
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NOME 7
11:
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Il Presidente
Vessichelli
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