Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 17211 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 17211 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a AVOLA il 25/04/1966
avverso la sentenza del 29/02/2024 della Corte d’appello di Catania Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere, NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
Udito il difensore, avv. NOME COGNOME il quale si è riportato ai motivi de ricorso, insistendo per l’accoglimento degli stessi.
Lette le conclusioni scritte del difensore della parte civile, avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata, la Corte di Appello di Catania, in riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Siracusa, ha rideterminato la pena inflitta all’imputato in anno uno di reclusione, confermando il giudizio di responsabilità per i reati di cui agli artt. 610, 81 comma 2, 582,585, 577, comma 1, n. 2, 635 cod.pen., in danno di NOME COGNOME
2.L’imputato, per il tramite del proprio difensore, avv.NOME COGNOME ha proposto ricorso.
2.1. Con primo motivo, denuncia vizio di motivazione per contrasto fra dispositivo e motivazione. Deduce che la Corte di appello, nella parte dispositiva della sentenza, ha indicato la pena finale in un anno di reclusione, mentre nella parte motiva ha indicato la pena di mesi dieci di reclusione.
2.2. Con secondo motivo denuncia violazione dell’art. 606,comnna 1, lett. d) cod.proc.pen., in ordine alla mancata rinnovazione dell’istruzione dibattimentale attraverso l’escussione dei testi COGNOME e COGNOME ritenuta necessaria per le contraddizioni configurabili nel narrato della persona offesa.
2.3. Con terzo motivo denuncia vizio di motivazione essendo stata omessa ogni motivazione relativa alle lesioni subite dall’imputato ed alla querela proposta dal medesimo nei confronti della parte civile.
2.4. Con quarto motivo denuncia vizio di motivazione in relazione all’art. 610 cod.pen. Deduce che, secondo la ricostruzione della persona offesa, l’aggressione fisica da parte dell’imputato sarebbe avvenuta dopo che la medesima aveva convogliato l’acqua sul suo fondo; di conseguenza sarebbe mancata una coartazione della volontà della stessa, sia nella fase ideativa che nella fase attuativa della scelta deliberata. La Corte di appello avrebbe, invece, ritenuto che l’imputato, deviando illegittimamente il flusso dell’acqua verso il terreno di cui era affittuario, aveva costretto la persona offesa a subire la mancanza di acqua proveniente dalla condotta consortile. In tal modo non aveva chiarito in che modo l’aggressione postuma avesse potuto concretizzare il reato di cui all’art. 610 cod.pen.
Il Procuratore generale ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio,,,, limitatamente alla rimodulazione del trattamento sanzionatorio in ordine al reato di cui al capo A) e sua configurazione come delitto tentato.
Il difensore di parte civile ha depositato conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso.
Il difensore dell’imputato ha insistito nell’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
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1. IL ricorso è infondato ma deve essere dichiarata l’estinzione dei reati ascritti all’imputato, essendo la prescrizione maturata il 14 marzo 2024, anche considerato il periodo di sospensione della prescrizione di sessantaquattro giorni, legato all’emergenza pandemica, prevista dall’art. 83, comma 4, del decretolegge 17 marzo 2020, n. 18 (convertito, con modificazioni, nella legge 24 aprile 2020, n. 27).
Ai sensi dell’art. 578 cod. proc. pen., il giudice di appello e la Corte di Cassazione, nel dichiarare estinto per prescrizione il reato per il quale è stata pronunciata condanna, anche generica, alle restituzioni o al risarcimento dei danni, sono tenuti, tuttavia, a decidere sull’impugnazione ai soli effetti civili; tal fine, occorre procedere all’esame dei motivi di ricorso suscettibili di assumere reale incidenza sulla conferma o meno delle statuizioni civili adottate con la sentenza di primo grado, non potendosi dare conferma alle statuizioni civili in ragione della mera mancanza di prova dell’innocenza dell’imputato, secondo quanto previsto dall’art. 129, comma 2, cod. proc. pen. (Sez. 1, n. 14822 del 20/02/2020, Rv. 278943 – 01; Sez. 5, n. 5764 del 7/12/2012, dep. 5/2/2013, COGNOME, Rv. 254965 – 01; Sez. 5, n. 14522 del 24/3/2009, COGNOME, Rv. 243343 – 01; Sez. 6, n. 21102 del 9/3/2004, COGNOME, Rv. 229023 – 01).
2. Ciò premesso – ferma la fondatezza del primo motivo con cui la difesa ha censurato il contrasto fra dispositivo e motivazione della sentenza impugnata in relazione alla determinazione del quantum di pena, tuttavia, irrilevante ai fini del giudizio per l’intervenuta prescrizione dei reati- deve rilevarsi l’infondatezza della doglianza articolata con il secondo motivo con cui la difesa si duole della mancata rinnovazione dell’istruzione dibattimentale per sentire i testi COGNOME e COGNOME. In termini generali, va ricordato che l’omesso esercizio dei poteri istruttori di cui all’art. 603, comma 3, cod. proc. pen., può essere sindacato, in fase di legittimità, qualora si dimostri l’esistenza, nell’apparato motivazionale posto a base della decisione impugnata, di lacune o manifeste illogicità concernenti punti di decisiva rilevanza, che avrebbero potuto essere evitate provvedendosi all’assunzione o alla riassunzione di determinate prove in appello (Sez. 5, n. 32379 del 12/04/2018, Rv. 273577 – 01; sez. 6, n. 1256 del 28/11/2013, Rv. 258236; Sez. 2, n. 36630 del 15/05/2013, Rv. 257062; sez. 2, n. 35987 del 17/06/2010, Rv.248181; sez. 1, n. 9151 del 28/06/1999, Rv. 213923; Sez. 6, n. 7519 del 05/06/1998, Rv. 211265; sez. 1, n. 3622 del 11/01/1995, Rv. 201493; Sez. 1, n. 6911 del 29/04/1992, Rv. 190555; sez. 5, n. 42618 del 20/09/2023, Sedino, non mass. ; Sez. 1, n. 41797 del 09/06/2023, non mass.). Nel caso in esame la censura è stata sollevata in modo del tutto generico senza neppure
indicare le ragioni della decisività di un nuovo esame dei testi e va, pertanto, respinta.
3.È inammissibile il terzo motivo con cui la difesa contesta genericamente la credibilità delle dichiarazioni rese dalla persona offesa ponendo, in particolare, l’accento su una presunta reciprocità delle lesioni che avrebbe condotto anche l’imputato a proporre querela relativamente al medesimo episodio. La doglianza rifugge da ogni confronto con le argomentazioni della sentenza impugnata, limitandosi a reiterare il motivo d’appello relativo ad analoga doglianza, non assolvendo la funzione di critica argomentata al provvedimento, omettendo di considerare che il procedimento incoato nei confronti della persona offesa, a seguito di querela dell’imputato, è stato archiviato per infondatezza della notizia di reato. Appaiono, inoltre, del tutto generiche le critiche all’attendibilità dell persona offesa, essendo state le sue dichiarazioni ritenute riscontrate dalla certificazione medica acquisita e considerate attendibili per la mancanza di profili di contraddittorietà interna nella ricostruzione resa, avendo la sentenza impugnata, con motivazione immune da vizi, ben sottolineato la possibilità che un’aggressione da tergo possa avere determinato le lesioni riportate dalla persona offesa considerato il mezzo aggressivo utilizzato ( un tubo di plastica dura).
4.È infondato il quarto motivo. All’imputato è stato contestato ( capo A) di avere costretto NOME Michele a tollerare la mancanza di acqua nel suo terreno durante il proprio turno di erogazione, procurandogli le lesioni contestate al capo B), giudicate guaribili in giorni 17.
La difesa ha contestato la sussistenza degli elementi costitutivi del reato di cui all’art. 610 cod.pen. rilevando “l’erroneità della ricostruzione dei fatti in merit alla legittima disponibilità del Romano dell’acqua consortile e alla successione cronologica dei fatti”, in quanto, a suo dire, anche secondo le dichiarazioni della persona offesa, “l’aggressione sarebbe avvenuta in un momento temporale successivo all’esecuzione della manovra che gli aveva consentito di prelevare l’acqua consortile”.
Dalla lettura della sentenza di primo grado emerge, tuttavia, che: la persona offesa si era accorta dell’ammanco di acqua nel suo terreno; la medesima, seguendo la linea della condotta idrica, aveva constatato la deviazione dell’acqua, ed il suo convogliamento in una vasca di raccolta esistente nel terreno in godimento all’imputato; l’imputato, successivamente, era intervenuto, bloccando la persona offesa nel suo tentativo di manovrare sulla saracinesca per fare defluire nuovamente l’acqua e farla giungere nel proprio fondo, inveendo contro la medesima ed arrivando a colpirla con un tubo per farla desistere da ogni manovra diretta al ripristino dell’erogazione.
La Corte territoriale ha confermato l’attendibilità della ricostruzione fornita dalla persona offesa, in quanto avvalorata dalle immagini riprese dalla medesima
con il telefono cellulare, sottolineando, sulla scorta di tale versione, l’irrilevanza del «dato formale dell’effettiva titolarità del Romano di fruire in quella
determinata fascia oraria dell’acqua consortile, derivante dalla tabella di servizio».
La sentenza di appello -saldandosi con quella precedente così da formare un unico complessivo corpo argomentativo in quanto concordi nell’analisi e nella
valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive decisioni
(Sez. U, n. 6682 del 04/02/1992, COGNOME, Rv. 191229; Sez. 6, n. 8309 del
14/01/2021, COGNOME; Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 257595; Sez. 3, n. 13926 del
01/12/2011, dep. 2012, NOME, Rv. 252615)- fornisce una motivazione congrua ed immune da vizi confermando la correttezza della qualificazione giuridica della
condotta posta in essere dall’imputato in termini di violenza privata evidenziando come il medesimo abbia costretto la persona offesa a tollerare la mancanza di
acqua, già verificata, sul proprio fondo attraverso la propria aggressione, come del resto contestato.
In conclusione la sentenza impugnata deve essere annullata agli effetti penali, perche’ i reati sono estinti per prescrizione. Il ricorso deve essere rigettato agli effetti civili con condanna dell’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile, che si liquidano in complessivi euro 2840,00, oltre accessori di legge.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti penali, perche’ i reati sono estinti per prescrizione. Rigetta il ricorso agli effetti civili. Condanna, inolt l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile NOME COGNOME che liquida in complessivi euro 2840,00, oltre accessori di legge.
Così deciso il 11/03/2025.