Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 4601 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5   Num. 4601  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME NOME a MUSSOMELI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 02/05/2023 della CORTE DI CASSAZIONE di ROMA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette/sentite le conclusioni del PG COGNOME
Il Proc. Gen. si riporta alla requisitoria depositata e conclude per l’inammissibilità del ricorso.
udito il difensore
Il Difensore COGNOME NOME del foro di CALTANISSETTA insiste per una rivalutazione dei termini di prescrizione.
Il Difensore NOME del foro di CALTANISSETTA si associa alla richiesta del co-difensore e si riporta ai motivi del ricorso.
Ritenuto in fatto
COGNOME NOME ha proposto richiesta per la correzione dell’errore materiale o di fatto ai sen dell’art. 625 bis cod. proc. pen. contenuto nella sentenza della prima sezione della Corte Cassazione del 2 maggio 2023, nella parte in cui non avrebbe dichiarato estinti per prescrizione i reati contestati ai capi a) e b) della rubrica – 81 cpv. c.p., 30 e 31 L. n. 646/82, commesso il 16 agosto 2013 – e 81 comma 1 e cpv. c.p., 76, comma 7 e 80 del Decr. Lgs. n. 159/11, trasfusi negli artt. 76 comma 7 e 80 della L. n. 161 del 2017, commesso il 16 agosto 2013 – pur avendo accolto i motivi di ricorso riguardanti i reati contestati ai capi c contestati in continuazione, con la rideterminazione della pena.
1.Tramite i difensori di fiducia, è stato articolato un unico motivo, inteso a lamentare un er di calcolo del tempo necessario a prescrivere, avuto riguardo ai periodi di sospensione de termine di prescrizione maturati nel corso del processo; il tempus commissi delicti sarebbe stato correttamente individuato nel 16 agosto 2013 e la Corte di Cassazione avrebbe espressamente individuato il tempo necessario al compimento del termine massimo di prescrizione in anni nove, con l’aggiunta dei periodi di sospensione collegati ai rinvii udienze del giudizio di merito su richiesta dell’imputato, del suo difensore o a cau dell’emergenza pandemica; l’unica causa di sospensione perciò valutabile sarebbe attribuibile al periodo Covid-19, per 68 giorni; il ricorso non sarebbe stato dichiarato inammissibile, solo parzialmente rigettato e, pertanto, si sarebbe validamente instaurato il rappor processuale a sua volta prodromico al conteggio del termine di prescrizione, estintivo dei rea contestati; a tale conclusione avrebbe dovuto pervenirsi anche a voler propendere per l’inammissibilità di taluni motivi di ricorso, avuto riguardo all’avvenuta unificazione di contestazioni nel reato continuato.
Insomma, al momento della pronuncia del dispositivo della sentenza della Corte di Cassazione – anche a voler calcolare la sospensione dei termini di prescrizione ex lege imposta per 63 giorni dal 9 marzo 2020 al 11 maggio 2020 per effetto della legislazione speciale del periodo della pandemia – avrebbe dovuto rilevarsi il compimento del termine massimo di prescrizione, in relazione ai reati contestati ai capi a) e b), sopracitati.
In data 17 novembre 2023 la difesa del ricorrente ha fatto pervenire memoria di replica all conclusioni del AVV_NOTAIO Generale.
Considerato in diritto
Il ricorso è inammissibile, in quanto proposto fuori dall’ipotesi prevista dal comma 1 dell 625 bis cod. proc. pen. e in ogni caso manifestamente infondato.
1.Per un verso, l’errore di fatto verificatosi nel giudizio di legittimità e oggetto del previsto dall’art. 625-bis cod. proc. pen. consiste in un errore percettivo causato da una svi o da un equivoco in cui la Corte di cassazione sia incorsa nella lettura degli atti inte giudizio stesso e connotato dall’influenza esercitata sul processo formativo della volont viziato dall’inesatta percezione delle risultanze processuali, a condizione, tuttavia, che a condotto a una decisione diversa da quella che sarebbe stata adottata senza di esso (cfr. Sez. U n.16103 del 27/03/2002, Basile, Rv.221280 e 221283).
A riguardo dei reati contestati ai capi a) e b), ai quali si riferisce la richiesta in sc Corte di Cassazione, a prescindere dal dato lessicale del dispositivo della sentenza, h apprezzato ed esplicitamente dichiarato in parte motiva l’inammissibilità dei motivi dedotti, le seguenti proposizioni:
“…..quanto, poi, al secondo motivo di doglianza, deve rilevarsi la novità della relativa cen non avendo la difesa mai dedotto, da quanto emerge dal testo della sentenza di secondo grado, la questione della non configurabilità della recidiva specifica per difetto del req della identità di indole tra il delitto di associazione mafiosa e quello di omessa comunicazi delle variazioni patrimoniali. Ne consegue, dunque, l’inammissibilità della doglianza in parola. Va, nondimeno, osservato che, nel merito, essa sarebbe comunque manifestamente infondata, essendo la fattispecie contestata diretta a colpire le accumulazioni patrimoniali dei soggetti condannati per reati di mafia e non potendo, dunque, che riconoscersi la presenza di caratteristiche comuni, quanto a obiettività giuridica e scop tutela, tra le relative figure di reato. Dalla inammissibilità del secondo motivo consegue anche l’inammissibilità del primo profilo di doglianza, di cui costituisce la premessa logico-giuridica. Invero, la preclusione derivante dalla mancata proposizione di qualunque censura rispetto alla configurabilità della recidiva specifica, comporta che una vol che quest’ultima è stata ritenuta sussistente, il termine di prescrizione, essendosi al cospett una circostanza a effetto speciale, è stato conseguentemente elevato, secondo la previsione dell’art. 157, primo comma, cod. pen., a 9 anni (pari al limite edittale massimo di sei an reclusione previsto per il delitto di cui agli artt. 30 e 31, legge 13 settembre 1982, n aumentato della metà). Un termine che, anche tenuto conto delle sospensioni e interruzioni maturate nel corso del giudizio di merito, non era ancora decorso al momento della pronuncia della sentenza di secondo grado, avvenuta il 17/02/2022 “.
Vale allora il principio di diritto, espresso dal massimo consesso nomofilattico, secondo il qu “in caso di ricorso avverso una sentenza di condanna cumulativa, che riguardi più reati ascrit allo stesso imputato, l’autonomia dell’azione penale e dei rapporti processuali inerenti ai sin capi di imputazione impedisce che l’ammissibilità dell’impugnazione per uno dei reati possa determinare l’instaurazione di un valido rapporto processuale anche per i reati in relazione
quali i motivi dedotti siano inammissibili, con la conseguenza che per tali reati, nei cui conf si è formato il giudicato parziale, è preclusa la possibilità di rilevare la prescrizione ma dopo la sentenza di appello” (Sez. U n. 6903 del 27/05/2016, Aiello, Rv.268966).
E, di conseguenza, con specifico riferimento al caso della impugnazione della sentenza cumulativa che abbia ricondotto i singoli reati, autonomamente contestati, al medesimo disegno criminoso proprio della continuazione, è stato più volte affermato il condivisi corollario secondo il quale “in caso di ricorso avverso una sentenza di condanna cumulativa, che riguardi più reati unificati dal vincolo della continuazione, l’autonomia dell’azione penale e dei rapporti processuali inerenti ai singoli capi di imputazione impedisce c l’ammissibilità dell’impugnazione per uno dei reati possa determinare l’instaurazione di u valido rapporto processuale anche per i reati in relazione ai quali i motivi dedotti s inammissibili, con la conseguenza che per tali reati, nei cui confronti si è formato il giud parziale, è preclusa la possibilità di rilevare la prescrizione maturata dopo la sentenz appello(Cass. sez. 3, n. 20899 del 25/01/2017, COGNOME, Rv. 270130; sez. 6, n. 20525 del 13/04/2022, COGNOME, Rv. 283269; sez. 3, n. 26807 del 16/03/2023, COGNOME, Rv.284783).
In definitiva, l’accoglimento dei motivi di ricorso riguardanti i reati contestati ai cap dell’imputazione non influisce sulla statuizione di inammissibilità delle ragioni di censura primi due motivi di ricorso, che si è riverberata sulla reiezione delle questioni d’interv estinzione del reato per il decorso della prescrizione in relazione ai delitti di cui ai capi in virtù della corretta contestazione della recidiva specifica e della sua rilevanza ai f calcolo del termine massimo di prescrizione.
In altre parole, i motivi di ricorso attinenti alla intervenuta prescrizione dei reati di c a) e b) oggetto d’interesse, all’epoca proposti – ed affrontati a pag.8 della sentenza di chiede la correzione – sono stati esaminati dalla Corte di legittimità in diretta correlazion conclusione relativa alla loro genetica inammissibilità già declinata alle pagg. 5-7 provvedimento e, di conseguenza, in linea con i principi espressi dal massimo consesso nomofilattico con le sentenze delle Sezioni Unite Ricci, n. 12602 del 17/12/2015, Rv. 266818 e COGNOME, n. 32 del 22/11/2000, Rv. 217266, in base alle quali non è consentito al giudice d legittimità, in presenza di un ricorso inammissibile, rilevare l’estinzione del reat intervenuta prescrizione maturata dopo la sentenza d’appello; per tale ragione, evidentemente, la prima sezione di questa Corte si è limitata a vagliare la questione propost con il primo motivo di ricorso, che aveva dedotto l’intervenuta prescrizione dei reati “già p del giudizio di secondo grado” e si è limitata a calcolare il primo termine di prescrizione, anni, certamente non ancora decorso alla data di emissione della sentenza di secondo grado; insomma, non è ravvisabile alcun errore percettivo, perchè la questione relativa al decorso de termine di prescrizione in pendenza del giudizio di cassazione (e che si assume decorso dopo la sentenza d’appello), agitata dal ricorrente, deve considerarsi implicitamente disattesa dal
struttura e dall’impianto della motivazione, nonché dalle premesse essenziali, logiche giuridiche che compendiano la ratio decidendi della sentenza medesima, la formazione della cui volontà, attraverso un compiuto esame del suo tessuto espositivo, è chiara ed inequivoca.
2.Per altro verso, come correttamente osservato, già in sede di conclusioni scritte, d AVV_NOTAIO Generale presso questa Corte la recidiva reiterata, specifica e infraquinquennale, in quanto circostanza aggravante ad effetto speciale, incide sia sul computo del termine-base di prescrizione ai sensi dell’art. 157, comma secondo, cod. pen., sia sull’entità della prorog suddetto termine in presenza di atti interruttivi, ai sensi dell’art. 161, comma secondo, pen.”(Sez. 2, Sentenza n. 57755 del 12/10/2018 Ud. (dep. 20/12/2018), COGNOME, Rv. 274721 – 01); il criterio interpretativo vale in generale, in tema di recidiva qualificata, e ripetutamente ribadito dalla giurisprudenza di legittimità anche a riguardo della compatibilità con il principio del “ne bis in idem” sostanziale o dell’art. 4 del Protocol della CEDU, come interpretato dalla sentenza della Corte EDU del 10 febbraio 2009 nel caso Zolotoukhine c/Russia, nel cui ambito di tutela non rientra l’istituto della prescrizion multis, Cass. sez. 5 n. 32679 del 13/06/2018, COGNOME, Rv. 273490; sez. 2, n. 5985 del 10/11/2017, COGNOME, Rv. 272015).
Pertanto, anche al netto del conteggio delle sospensioni del corso della prescrizion concretizzatesi nelle varie fasi del processo di merito, il termine prescrizionale minimo anni, per effetto dell’aumento della metà prodotto dalla recidiva di cui all’art. 99 comma 2 cod. pen., deve essere aumentato di una ulteriore metà a norma dell’art. 161, secondo comma, cod. pen. per la ricorrenza di più atti interruttivi, sicché il termine mas complessivo sarebbe comunque pari ad anni 13 e mesi 6 (9 anni + 4 anni e 6 mesi): termine che, avuto riguardo al tempus commissi delicti (16 agosto 2013) non risultava decorso al momento della pronuncia del dispositivo della sentenza di legittimità, come non lo sarebbe tuttora.
3.Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., alla declaratoria di inammissibilità del ric conseguono la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e, non potendosi escludere profili di colpa nella formulazione dei motivi, anche al versamento dell somma di euro 3000 a favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processual e della somma di euro 3000 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 24/11/2023