Prescrizione e recidiva: un’analisi della Cassazione sull’inammissibilità del ricorso
Comprendere come interagiscono prescrizione e recidiva è fondamentale nel diritto penale, poiché da questo calcolo può dipendere l’esito di un intero processo. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un chiaro esempio delle conseguenze di un’errata interpretazione di queste norme. Il caso in esame dimostra come la contestazione della recidiva reiterata possa estendere significativamente i tempi di prescrizione, rendendo un ricorso basato su un calcolo sbagliato manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale ha origine da una condanna per i delitti di lesioni personali e minaccia aggravata, in concorso tra più persone. La Corte di Appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, aveva confermato la responsabilità penale dell’imputato per tali reati, pur dichiarando l’estinzione per prescrizione di una contravvenzione minore. L’imputato decideva di ricorrere in Cassazione, affidando la sua difesa a un unico motivo: l’avvenuta prescrizione dei reati anche per i quali era stato condannato.
Il Motivo del Ricorso: Errore sul calcolo della prescrizione e recidiva
Secondo la tesi difensiva, il termine massimo di prescrizione sarebbe scaduto il 22 agosto 2023, data anteriore alla pronuncia della sentenza d’appello (emessa il 13 marzo 2024). Questo calcolo si basava sull’assunto che all’imputato fosse stata contestata la recidiva semplice, prevista dal comma 2 dell’articolo 99 del codice penale.
Tuttavia, l’analisi della Suprema Corte ha rivelato un errore di fondo in questa argomentazione. Il fulcro della questione non risiedeva nella recidiva semplice, bensì nella recidiva reiterata.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, e quindi inammissibile, per una ragione precisa e inequivocabile. Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, i giudici di merito avevano correttamente ritenuto sussistente la recidiva reiterata, disciplinata dal comma 4 dell’articolo 99 del codice penale.
Questa circostanza aggravante ha un impatto determinante sul calcolo della prescrizione. L’articolo 161, comma 2, del codice penale stabilisce infatti che, in caso di recidiva reiterata, l’aumento del termine di prescrizione in seguito a interruzione non è della metà, ma di due terzi. Di conseguenza, il tempo necessario a prescrivere i reati contestati non era di sette anni e mezzo, ma di dieci anni.
Facendo i conti, il termine decennale sarebbe spirato solo il 22 agosto 2024, una data successiva alla sentenza della Corte d’Appello. Pertanto, al momento della decisione di secondo grado, il reato non era affatto prescritto. La Corte ha inoltre ribadito un principio consolidato, citando le Sezioni Unite (sent. n. 12602/2015): la manifesta infondatezza del ricorso impedisce al giudice di legittimità di rilevare una causa di estinzione del reato, come la prescrizione, sopraggiunta dopo la sentenza impugnata.
Le Conclusioni: Conseguenze dell’Inammissibilità
La decisione della Cassazione sottolinea le gravi conseguenze derivanti dalla proposizione di un ricorso palesemente infondato. L’inammissibilità non solo preclude l’esame nel merito della questione, ma comporta anche, ai sensi dell’articolo 616 del codice di procedura penale, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Inoltre, ravvisando una colpa nell’aver presentato un’impugnazione priva di basi solide, la Corte ha condannato l’imputato al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questo provvedimento serve da monito: un’attenta valutazione dei presupposti normativi, in particolare in materie complesse come prescrizione e recidiva, è indispensabile per evitare esiti processuali sfavorevoli e sanzioni economiche.
Come influisce la recidiva reiterata sui termini di prescrizione di un reato?
In caso di interruzione, la recidiva reiterata (art. 99, comma 4, c.p.) comporta un aumento del termine di prescrizione pari a due terzi del tempo base, a differenza dell’aumento della metà previsto per altri casi.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato manifestamente infondato?
Se il ricorso è dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza, non viene esaminato nel merito. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, se si ravvisa una colpa, anche al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende.
Può la Cassazione dichiarare la prescrizione se il termine matura dopo la sentenza d’appello ma prima della sua decisione?
No, secondo un principio consolidato, se il ricorso è inammissibile (ad esempio, per manifesta infondatezza), la Corte di Cassazione non può rilevare la prescrizione del reato maturata successivamente alla sentenza impugnata.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6686 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6686 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a MESAGNE il 09/07/1969
avverso la sentenza del 13/03/2024 della CORTE APPELLO di LECCE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Lecce che, in parziale riforma della prima decisione, ha dichiarato di non doversi procedere nei confronti dell’imputato in ordine alla contravvenzione di cui all’art. 4 I. n. 110 del 1975 e ne ha confermato n resto la dichiarazione di responsabilità per i delitti di cui agli artt. 110, 582 cod. pen. e 110, comma 2 in relazione all’art. 339 cod. pen., rideterminando in mitius il trattamento sanzionatorio,;
considerato che l’unico motivo di ricorso – con il quale si lamenta la violazione della legg penale in ordine alla mancata declaratoria, da parte della Corte territoriale, della prescrizione detto delitti (che sarebbe maturata il 22 agosto 2023, dunque prima della sentenza di secondo grado, essendo stata ritenuta la recidiva ex art. 99, comma 2 cod. pen. – è manifestamente infondato in quanto, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, è stata ritenuta la recidiva reiterata di c all’art. 99, comma 4 cod. pen. da cui consegue un aumento di due terzi del termine di prescrizione per interruzione (art. 161, comma 2 cod. pen.), ragion per cui il tempo necessario a prescrivere, pari ad anni dieci, sarebbe spirato il 22 agosto 2024, quindi successivamente alla sentenza impugnata (resa il 13 marzo 2024), non occorrendo dilungarsi per osservare che la manifesta infondatezza (e, dunque, l’inammissibilità del ricorso) non consente di rilevare la prescrizione in questa sede (cfr Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, COGNOME, Rv. 266818 – 01);
ritenuto che, pertanto, deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, cui consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché ravvisandosi profili di colpa in ragione dell’evidente inammissibilità dell’impugnazione (cfr. Cor cost., sent. n. 186 del 13/06/2000; Sez. 1, n. 30247 del 26/01/2016, COGNOME, Rv. 267585 – 01) – al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro tremila;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 29/01/2025.