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Prescrizione e recidiva: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso, chiarendo l’impatto della recidiva reiterata sul calcolo della prescrizione. L’appellante aveva erroneamente calcolato i termini, non considerando che la recidiva ex art. 99, comma 4 c.p. aumenta di due terzi il termine di prescrizione. Poiché il reato non era prescritto al momento della sentenza d’appello, il ricorso basato su questo unico motivo è stato ritenuto manifestamente infondato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Prescrizione e recidiva: un’analisi della Cassazione sull’inammissibilità del ricorso

Comprendere come interagiscono prescrizione e recidiva è fondamentale nel diritto penale, poiché da questo calcolo può dipendere l’esito di un intero processo. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un chiaro esempio delle conseguenze di un’errata interpretazione di queste norme. Il caso in esame dimostra come la contestazione della recidiva reiterata possa estendere significativamente i tempi di prescrizione, rendendo un ricorso basato su un calcolo sbagliato manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine da una condanna per i delitti di lesioni personali e minaccia aggravata, in concorso tra più persone. La Corte di Appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, aveva confermato la responsabilità penale dell’imputato per tali reati, pur dichiarando l’estinzione per prescrizione di una contravvenzione minore. L’imputato decideva di ricorrere in Cassazione, affidando la sua difesa a un unico motivo: l’avvenuta prescrizione dei reati anche per i quali era stato condannato.

Il Motivo del Ricorso: Errore sul calcolo della prescrizione e recidiva

Secondo la tesi difensiva, il termine massimo di prescrizione sarebbe scaduto il 22 agosto 2023, data anteriore alla pronuncia della sentenza d’appello (emessa il 13 marzo 2024). Questo calcolo si basava sull’assunto che all’imputato fosse stata contestata la recidiva semplice, prevista dal comma 2 dell’articolo 99 del codice penale.

Tuttavia, l’analisi della Suprema Corte ha rivelato un errore di fondo in questa argomentazione. Il fulcro della questione non risiedeva nella recidiva semplice, bensì nella recidiva reiterata.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, e quindi inammissibile, per una ragione precisa e inequivocabile. Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, i giudici di merito avevano correttamente ritenuto sussistente la recidiva reiterata, disciplinata dal comma 4 dell’articolo 99 del codice penale.

Questa circostanza aggravante ha un impatto determinante sul calcolo della prescrizione. L’articolo 161, comma 2, del codice penale stabilisce infatti che, in caso di recidiva reiterata, l’aumento del termine di prescrizione in seguito a interruzione non è della metà, ma di due terzi. Di conseguenza, il tempo necessario a prescrivere i reati contestati non era di sette anni e mezzo, ma di dieci anni.

Facendo i conti, il termine decennale sarebbe spirato solo il 22 agosto 2024, una data successiva alla sentenza della Corte d’Appello. Pertanto, al momento della decisione di secondo grado, il reato non era affatto prescritto. La Corte ha inoltre ribadito un principio consolidato, citando le Sezioni Unite (sent. n. 12602/2015): la manifesta infondatezza del ricorso impedisce al giudice di legittimità di rilevare una causa di estinzione del reato, come la prescrizione, sopraggiunta dopo la sentenza impugnata.

Le Conclusioni: Conseguenze dell’Inammissibilità

La decisione della Cassazione sottolinea le gravi conseguenze derivanti dalla proposizione di un ricorso palesemente infondato. L’inammissibilità non solo preclude l’esame nel merito della questione, ma comporta anche, ai sensi dell’articolo 616 del codice di procedura penale, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Inoltre, ravvisando una colpa nell’aver presentato un’impugnazione priva di basi solide, la Corte ha condannato l’imputato al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questo provvedimento serve da monito: un’attenta valutazione dei presupposti normativi, in particolare in materie complesse come prescrizione e recidiva, è indispensabile per evitare esiti processuali sfavorevoli e sanzioni economiche.

Come influisce la recidiva reiterata sui termini di prescrizione di un reato?
In caso di interruzione, la recidiva reiterata (art. 99, comma 4, c.p.) comporta un aumento del termine di prescrizione pari a due terzi del tempo base, a differenza dell’aumento della metà previsto per altri casi.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato manifestamente infondato?
Se il ricorso è dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza, non viene esaminato nel merito. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, se si ravvisa una colpa, anche al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende.

Può la Cassazione dichiarare la prescrizione se il termine matura dopo la sentenza d’appello ma prima della sua decisione?
No, secondo un principio consolidato, se il ricorso è inammissibile (ad esempio, per manifesta infondatezza), la Corte di Cassazione non può rilevare la prescrizione del reato maturata successivamente alla sentenza impugnata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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