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Prescrizione e recidiva: quando il reato si estingue

La Corte di Cassazione ha annullato una condanna per un reato connesso agli stupefacenti, dichiarandolo estinto per prescrizione. Il caso chiarisce un principio fondamentale su prescrizione e recidiva: anche se il giudice di merito decide di non applicare la recidiva per determinare la pena, questa rimane rilevante per il calcolo dei tempi necessari a estinguere il reato, che quindi risultano più lunghi. La Corte d’Appello aveva erroneamente confermato la condanna nonostante la prescrizione fosse già maturata.

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Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Prescrizione e Recidiva: La Cassazione Annulla Condanna per Decorrenza dei Termini

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale in materia di prescrizione e recidiva, annullando una condanna perché il reato era già estinto prima della decisione d’appello. La Suprema Corte ha chiarito che la scelta del giudice di merito di non applicare la recidiva ai fini della determinazione della pena non ne esclude la rilevanza per il calcolo del tempo necessario alla prescrizione. Questo intervento corregge un errore della Corte d’Appello e offre importanti indicazioni procedurali.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine da una condanna emessa dal Tribunale di Viterbo nel 2019 per un reato in materia di stupefacenti, commesso nel febbraio 2017. L’imputata era stata condannata a quattro mesi di reclusione e 800 euro di multa. In quella sede, i giudici avevano ritenuto le circostanze attenuanti generiche prevalenti sull’aggravante contestata e avevano ‘disapplicato’ la recidiva, pur formalmente contestata dall’accusa.

La Corte d’Appello di Roma, nel 2024, aveva confermato la sentenza di primo grado, revocando però il beneficio della sospensione condizionale della pena. Contro questa decisione ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore Generale, lamentando che i giudici d’appello non avessero rilevato d’ufficio l’avvenuta estinzione del reato per prescrizione.

La Questione Giuridica: Calcolo della Prescrizione e Recidiva

Il nodo centrale della questione riguardava il calcolo del termine di prescrizione. Il Procuratore Generale sosteneva che il reato si fosse prescritto nell’agosto del 2024, quindi prima della pronuncia della sentenza d’appello (ottobre 2024). L’errore della Corte d’Appello sarebbe stato quello di non considerare gli effetti della recidiva contestata sul termine di prescrizione, forse perché la stessa era stata ‘disapplicata’ in primo grado.

La giurisprudenza costante, tuttavia, distingue nettamente tra la valutazione della recidiva ai fini della pena e la sua rilevanza per altri istituti, come la prescrizione. Anche se un giudice ritiene di non aumentare la pena a causa della recidiva, la sua semplice contestazione formale è sufficiente a prolungare i termini di prescrizione del reato, come previsto dal codice penale.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso del Procuratore Generale pienamente fondato. I giudici di legittimità hanno accolto la tesi secondo cui il reato si era effettivamente estinto prima della sentenza di secondo grado.

Le Motivazioni

La Cassazione ha spiegato che la disapplicazione della recidiva da parte del giudice di merito è una valutazione che attiene esclusivamente al trattamento sanzionatorio, ovvero alla quantità di pena da infliggere. Tale decisione, però, è del tutto ininfluente ai fini del calcolo del tempo necessario per la prescrizione. Poiché la recidiva era stata legittimamente contestata, essa doveva essere considerata nel computo dei termini, determinandone l’allungamento. La Corte d’Appello, pur avendo rilevato in motivazione la maturazione della prescrizione, è caduta in palese contraddizione confermando la condanna nel dispositivo. Di fronte all’estinzione del reato, il giudice ha l’obbligo di dichiararla immediatamente, come previsto dall’articolo 129 del codice di procedura penale. Di conseguenza, la sentenza di condanna è stata annullata senza rinvio perché il fatto non era più punibile.

Le Conclusioni

Questa pronuncia ribadisce con forza un principio consolidato: la contestazione formale della recidiva ha effetti automatici sull’allungamento dei termini di prescrizione, indipendentemente dal fatto che il giudice la utilizzi o meno per inasprire la pena. La sentenza serve da monito per i giudici di merito, richiamandoli al dovere di verificare d’ufficio, in ogni stato e grado del processo, la possibile estinzione del reato. Per l’imputato, ciò significa la definitiva chiusura del procedimento penale, sebbene non con una formula assolutoria nel merito, ma per una causa estintiva che impedisce allo Stato di proseguire l’azione penale.

La disapplicazione della recidiva da parte del giudice influisce sul calcolo della prescrizione?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che la disapplicazione della recidiva ai fini della determinazione della pena è ininfluente per il calcolo dei termini di prescrizione. Ciò che rileva è la sua formale contestazione nel procedimento, che allunga i termini a prescindere dalla valutazione del giudice sulla sanzione.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza di condanna?
La Corte ha annullato la sentenza perché il reato si era estinto per prescrizione prima che la Corte d’Appello emettesse la sua pronuncia. Il giudice d’appello avrebbe dovuto rilevare d’ufficio questa causa estintiva e prosciogliere l’imputata, invece di confermare la condanna.

Chi ha proposto ricorso in Cassazione in questo caso?
Il ricorso è stato proposto dal Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Roma, il quale ha agito nell’interesse della legge, eccependo proprio la mancata dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione da parte dei giudici d’appello.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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