Prescrizione e recidiva: La Cassazione chiarisce il calcolo
Quando un reato si estingue per il passare del tempo? La risposta non è sempre semplice, specialmente quando entra in gioco la storia criminale dell’imputato. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione (n. 22347/2024) ci offre un chiaro esempio di come il calcolo della prescrizione e recidiva sia strettamente collegato, portando a conseguenze significative per l’esito del processo. Il caso riguarda un uomo condannato per ricettazione che ha visto il suo ricorso respinto proprio a causa di un’errata valutazione dei termini di prescrizione.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale ha origine da fatti di ricettazione risalenti a un’epoca anteriore e prossima al 15 dicembre 2008. L’imputato, dopo la condanna in Corte d’Appello a Napoli nel giugno 2023, ha presentato ricorso in Cassazione. Il suo unico motivo di doglianza era la presunta estinzione del reato per intervenuta prescrizione. Secondo la sua tesi, il tempo massimo previsto dalla legge per perseguire quel reato era già trascorso alla data della sentenza di secondo grado.
L’impatto della recidiva sul calcolo della prescrizione
La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato, e quindi inammissibile. Il punto cruciale della decisione risiede nella corretta applicazione delle norme sulla prescrizione e recidiva. All’imputato era stata correttamente contestata la cosiddetta “recidiva reiterata specifica”, una condizione che si verifica quando un soggetto, già condannato e dichiarato recidivo, commette un nuovo reato della stessa indole.
Questo status ha un effetto diretto e sostanziale sui tempi di prescrizione. La Corte ha spiegato che, operando il congruo aumento previsto per la recidiva, il termine prescrizionale per il reato in questione non era affatto maturato. I giudici hanno effettuato un calcolo preciso: il termine si sarebbe compiuto in 17 anni, 9 mesi e 10 giorni. Partendo dalla data del reato (convenzionalmente fissata al 15/12/2008 per il calcolo), la prescrizione si perfezionerà soltanto il 25 settembre 2026. Di conseguenza, al momento della sentenza d’appello del 2023, il reato era ancora pienamente perseguibile.
Le Motivazioni della Decisione
La motivazione della Corte di Cassazione è netta e si fonda su un’applicazione rigorosa della legge. I giudici hanno stabilito che la corretta contestazione della recidiva reiterata specifica “esclude in radice” la possibilità che il reato si fosse prescritto. L’argomentazione dell’appellante è stata giudicata infondata in modo palese, poiché non teneva conto dell’aumento del termine di prescrizione imposto dalla sua condizione di recidivo qualificato. L’errore nel calcolo ha reso il motivo di ricorso privo di qualsiasi fondamento giuridico, portando inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità.
Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del diritto penale: la storia criminale di un imputato ha un peso non solo sulla determinazione della pena, ma anche sugli aspetti procedurali, come la durata della prescrizione. La recidiva, in particolare quella reiterata e specifica, agisce come un meccanismo che estende la finestra temporale a disposizione dello Stato per perseguire un reato, garantendo che chi delinque ripetutamente non possa beneficiare facilmente dell’estinzione per il decorso del tempo. La decisione si è conclusa con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende, una conseguenza standard per i ricorsi giudicati inammissibili.
Cosa succede al termine di prescrizione se viene contestata la recidiva reiterata specifica?
Il termine di prescrizione del reato viene notevolmente allungato. Nel caso specifico, la Corte ha calcolato che il termine maturerà in 17 anni, 9 mesi e 10 giorni dalla data del fatto.
Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché manifestamente infondato. L’argomentazione sulla prescrizione si basava su un calcolo errato che non considerava l’aumento dei termini dovuto alla recidiva contestata.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della decisione?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22347 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22347 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a POMIGLIANO D’ARCO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 21/06/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
ritenuto che l’unico motivo di ricorso, che contesta il vizio motivazionale e la violazione di legge in ordine all’art. 129 cod. proc. pen. per intervenut prescrizione del reato di cui all’art. 648 cod. pen., è manifestamente infondato in quanto la corretta contestazione della recidiva reiterata specifica esclude in radice l’eccepito perfezionamento del termine di prescrizione alla data della sentenza di appello;
che i fatti risalgono ad epoca anteriore e prossima al 15/12/2008 e che quindi, operando congruo aumento per la recidiva correttamente ritenuta, il termine prescrizionale maturerà in anni 17, mesi 9 e giorni 10: pertanto, andrà a perfezionarsi in data 25/09/2026 (15/09/2036 più giorni 10 = 25/09/2036);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 16/04/2024
Il Consigliere Estensore