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Prescrizione e recidiva: quando il reato non si estingue

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per false dichiarazioni a pubblico ufficiale. Il ricorrente sosteneva l’estinzione del reato per decorso dei termini, ma la Corte ha chiarito che il calcolo della prescrizione e recidiva reiterata comporta un notevole allungamento dei tempi. In particolare, la recidiva incide sia sul termine minimo che su quello massimo, portando la data di estinzione del reato commesso nel 2011 al 2027.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Prescrizione e Recidiva: La Cassazione Chiarisce il Calcolo dei Termini

Comprendere come interagiscono prescrizione e recidiva è cruciale nel diritto penale, poiché da questo calcolo dipende l’estinzione o meno di un reato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: la recidiva reiterata, quale circostanza ad effetto speciale, allunga significativamente i termini di prescrizione, rendendo più difficile per chi delinque abitualmente beneficiare di questa causa di estinzione. Analizziamo insieme la decisione per capire le sue implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un individuo condannato in primo e secondo grado per il reato di falsa attestazione a un pubblico ufficiale sulla propria identità, previsto dall’art. 495 del codice penale. L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su un unico motivo: la violazione di legge per la mancata declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione. Secondo la difesa, il tempo necessario a prescrivere il reato sarebbe maturato prima della decisione della Corte d’Appello.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici hanno respinto la tesi difensiva, confermando l’orientamento prevalente secondo cui la recidiva qualificata incide in modo determinante sul calcolo dei termini di prescrizione, sia quello minimo (art. 157 c.p.) sia quello massimo in presenza di atti interruttivi (art. 161 c.p.). La Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.

Le Motivazioni: L’impatto della recidiva sulla prescrizione

Il fulcro della motivazione risiede nella corretta interpretazione delle norme che regolano l’interazione tra prescrizione e recidiva. La Corte ha spiegato che la recidiva reiterata, essendo una circostanza aggravante ad effetto speciale, non solo aumenta il termine di prescrizione base, ma influisce anche sull’aumento massimo consentito in caso di interruzioni del processo.

Il calcolo corretto, secondo la Cassazione, è il seguente:
1. Data del Reato: 05/01/2011.
2. Termine Base di Prescrizione: 6 anni.
3. Primo Aumento (art. 157 c.p.): A causa della recidiva qualificata, il termine è aumentato di due terzi, portandolo a 10 anni.
4. Secondo Aumento (art. 161 c.p.): In presenza di atti interruttivi, il termine di 10 anni viene ulteriormente aumentato di due terzi, raggiungendo un totale di 16 anni e 8 mesi.

Di conseguenza, la data finale di estinzione del reato è stata fissata al 05/09/2027, ben oltre la data della sentenza d’appello. La Corte ha inoltre precisato che questo meccanismo non viola né il principio del ne bis in idem né le disposizioni della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), poiché l’istituto della prescrizione non rientra nell’ambito di tutela di tali principi secondo l’interpretazione della Corte EDU.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza consolida un principio giuridico di notevole importanza: la carriera criminale di un individuo, attestata dalla recidiva, ha un peso determinante sulla possibilità di estinguere i reati per il semplice decorso del tempo. La decisione serve da monito, sottolineando che il sistema giuridico prevede meccanismi per evitare che soggetti con una spiccata tendenza a delinquere possano eludere la giustizia attraverso i tempi processuali. Per i professionisti del diritto, è un’ulteriore conferma della necessità di un calcolo attento e rigoroso dei termini di prescrizione, specialmente in presenza di circostanze aggravanti come la recidiva.

Come influisce la recidiva reiterata sul calcolo della prescrizione?
La recidiva reiterata, quale circostanza ad effetto speciale, incide doppiamente sul calcolo: aumenta il termine di prescrizione minimo previsto dall’art. 157, comma 2, c.p. e, in presenza di atti interruttivi, aumenta anche il termine massimo previsto dall’art. 161, comma 2, c.p., allungando notevolmente il tempo necessario per l’estinzione del reato.

Perché il calcolo del termine di prescrizione che tiene conto della recidiva non viola il principio del ‘ne bis in idem’?
Secondo la Corte di Cassazione, questo meccanismo di calcolo non viola il principio del ‘ne bis in idem’ (che vieta di essere processati due volte per lo stesso fatto) né l’art. 4 del Protocollo n. 7 della CEDU, perché l’istituto della prescrizione, secondo la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, non rientra nell’ambito di tutela di tale principio.

Qual era il calcolo corretto del termine di prescrizione nel caso esaminato?
Partendo dalla data del reato (5/01/2011), il termine massimo di prescrizione di 6 anni è stato prima aumentato a 10 anni per la recidiva (ex art. 157 c.p.) e poi ulteriormente aumentato a 16 anni e 8 mesi per la presenza di atti interruttivi (ex art. 161 c.p.), fissando la data di estinzione del reato al 5/09/2027.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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