Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 26884 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 26884 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 18/09/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette:
la requisitoria scritta presentata – ex art. 23, comma 8, decreto-legge 28 ottobre 2020, 137, conv. con modif. dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176 – dal Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione NOME COGNOME che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso;
le conclusioni rassegnate, ai sensi della stessa norma, dall’AVV_NOTAIO che, nell’interesse dell’imputato, ha ribadito la fondatezza dei motivi di ricorso e ha chiest dichiarare l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del giorno 18 settembre 2023 la Corte di appello di Napoli ha confermato la sentenza resa in data 20 gennaio 2016 dal Tribunale di Noia, che aveva affermato la responsabilità di NOME COGNOME (in concorso con altri) per il delitto di furto aggravato perch commesso con violenza sulle cose (artt. 624 e 625, comma 1, n. 2, cod. pen.), ritenuta la recidiva specifica, reiterata ed infraquinquennale, lo aveva condannato alle pene di giustizia.
Avverso la sentenza di appello il difensore di NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, articolando due motivi (di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma disp. att. cod. proc. pen.).
2.1. Con il primo motivo è stata denunciata la violazione degli artt. 157, comma 2, e 161, comma 2, cod. pen., in ragione dell’erroneo computo del termine di prescrizione del reato: ad avviso della difesa, non sarebbe possibile tener conto della recidiva per la determinazione sia del termine di cui all’art. 157, comma 2, cod. peri. sia del termine massimo previsto dall’art. 16 comma 2, cod. pen., poiché si determinerebbe una violazione del divieto di bis in idem; e la Corte di merito non avrebbe in alcun modo motivato sulla richiesta di declaratoria della prescrizione avanzata dal Procuratore generale distrettuale proprio in ossequio a tale esegesi.
2.2. Con il secondo motivo sono stati dedotti la violazione dell’art. 99, comma 4, cod. pen. e vizio di motivazione in ordine all’aumento del tempo necessario a prescrivere a causa della recidiva. Nel caso in esame la recidiva, seppur formalmente riconosciuta, non sarebbe poi stata applicata in termini di incremento della pena, poiché è stata stimata equivalente all riconosciute circostanze attenuanti: il che dimostrerebbe che essa non è stata ritenuta e, pertanto, dovrebbe essere esclusa anche dal computo della prescrizione. Inoltre, difetterebbe la motivazione della sentenza sulla sussistenza della recidiva e sulla menzionata richiesta dal Procuratore generale di dichiarare l’estinzione del reato per prescrizione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi di ricorso, che possono essere esaminati congiuntamente, sono inammissibili.
Deve, anzitutto, osservarsi che in questa sede non può utilmente dedursi il vizio di motivazione sulla sussistenza della contestata recidiva, trattandosi di censura inedita, dato che l’atto di appello non aveva avanzato alcuna doglianza sul punto. Difatti, «non possono essere dedotte con il ricorso per cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di pronunciare siccome non devolute con la dovuta specificità alla sua cognizione, tranne che si tratti di questioni rilevabili di ufficio in ogni stato e grado del gi o che non sarebbe stato possibile dedurre in precedenza» (Sez. 5, n. 37875 del 04/07/2019, COGNOME, Rv. 277637 – 01; Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, COGNOME, Rv. 270316; Sez. 2, n. 13826 del 17/02/2017, COGNOME, Rv. 269745 – 01; Sez. 2, n. 22362 del 19/04/2013, COGNOME
Domenica; cfr. Sez. U, n. 40275 del 15/07/2021, COGNOME, Rv. Rv. 282095 – 01, non massimata sul punto).
In secondo luogo, «in tema di ricorso per cassazione, i vizi di motivazione indicati dall’art 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. non sono mai denunciabili con riferimento alle questioni di diritto, non solo quando la soluzione adottata dal giudice sia giuridicamente corretta, ma anche nel caso contrario, essendo, in tale ipotesi, necessario dedurre come motivo di ricorso l’intervenuta violazione di legge» (Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, Filardo, Rv. 280027 – 05 ); ragion per cui non può rilevare ex se che la Corte di merito non abbia espressamente argomentato, pure alla luce delle conclusioni del Procuratore generale distrettuale, sulla corretta applicazione delle norme penali in violazione delle quali, ad avvi della difesa, non sarebbe stata dichiarata la prescrizione del reato.
Ciò posto, la prospettazione difensiva è manifestamente infondata.
Questa Corte ha già chiarito che, ai fini del computo del termine di prescrizione, occorre tener conto della recidiva contestata e ritenuta in sentenza, a nulla rilevando che nel giudizi di comparazione con circostanze attenuanti essa sia stata considerata subvalente o equivalente: difatti, la circostanza aggravante deve ritenersi, oltre che riconosciut applicata, non solo quando esplica il suo effetto tipico di aggravamento della pena, ma anche quando produca, nel bilanciamento tra circostanze aggravanti e attenuanti di cui all’art. 69 cod. pen. un altro degli effetti che le sono propri, cioè quello di paralizzare un’attenuant impedendo a questa di svolgere la sua funzione di concreto alleviamento della pena da irrogare (Sez. 2, n. 4178 del 05/12/2018, COGNOME, Rv. 274899 – 01; Sez. 5, n. 41784 del 27/05/2016, COGNOME, Rv. 268271 – 01; Sez. 2, n. 2731 del 02/12/2015, COGNOME, Rv. 265729 01; cfr. pure Sez. 1, n. 36258 del 07/10/2020, COGNOME, Rv. 280059 – 01).
Inoltre, la costante giurisprudenza di legittimità ha affermato che la recidiva qualifica quale circostanza ad effetto speciale, incide sia sul calcolo del termine prescrizionale minimo del reato ex art. 157, comma 2, cod. pen. sia, in presenza di atti interruttivi, sul termine massimo ex art. 161, comma 2, cod. pen., dovendosi escludere che ciò comporti una violazione del principio del ne bis in idem sostanziale o dell’art. 4 del Protocollo n. 7 della Carta EDU (cfr. Sez. 4, n. 44610 del 21/09/2023, COGNOME, Rv. 285267 – 01; Sez. 4, n. 6152 del 19/12/2017, COGNOME, Rv. 272021 – 01; Sez. 2, n. 57755 del 12/10/2018, COGNOME, Rv. 274721 – 01).
Ne deriva, con evidenza, che non è spirato il termine di prescrizione del reato, pari a complessivi tredici anni e quattro mesi (tenuto conto, ai sensi dell’art. 157, comma 2, cit. della recidiva ex art. 99, comma 4, cod. pen. nel limite di un terzo ex art. 63, comma 4, cod. pen. – poiché concorre con la circostanza aggravante di cui all’art. 625, comma 1, n. 2, cod. pen.; nonché dell’aumento di due terzi, sempre per la ritenuta recidiva, ai sensi dell’art 161, comma 2, cod. pen.), dato che esso è stato commesso il 10 maggio 2012.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen. deve disporsi la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro tremila, atteso che l’evidente inammissibilità dell’impugnazione impone di attribuirgli profili di colpa (cfr. Corte cost., sent. n. 186 13/06/2000; Sez. 1, n. 30247 del 26/01/2016, Failla, Rv. 267585 – 01).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 07/03/2024.