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Prescrizione e recidiva: il no della Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che lamentava la mancata dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione. La Corte ha chiarito che la recidiva reiterata, in quanto circostanza aggravante a effetto speciale, estende i termini di prescrizione. Poiché il reato non era prescritto al momento della sentenza d’appello, e il ricorso è stato ritenuto manifestamente infondato, l’inammissibilità ha impedito di considerare la prescrizione maturata successivamente. Il caso evidenzia l’importanza del corretto calcolo dei termini in presenza di recidiva.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Prescrizione e Recidiva: l’Ordinanza della Cassazione che fa Chiarezza

L’interazione tra prescrizione e recidiva rappresenta uno dei nodi tecnici più complessi del diritto penale, con conseguenze dirette sull’esito dei processi. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 9379/2024) offre un’importante lezione su come la recidiva reiterata influenzi il calcolo dei termini di prescrizione e sulle conseguenze di un ricorso manifestamente infondato. Analizziamo insieme la decisione per comprenderne la portata pratica.

I Fatti del Caso

Un imputato, condannato dalla Corte d’Appello di Milano, proponeva ricorso per Cassazione basandosi su un unico motivo: la presunta estinzione del reato per intervenuta prescrizione. A suo dire, i giudici di merito avrebbero errato nel non proscioglierlo, non tenendo conto del tempo trascorso dalla commissione del fatto, avvenuta nel lontano 2011.

La Recidiva Reiterata e il Calcolo della Prescrizione

Il cuore della questione giuridica risiede nell’impatto della recidiva sul tempo necessario a prescrivere un reato. Nel caso specifico, all’imputato era stata contestata la “recidiva reiterata, specifica e infraquinquennale”, una forma aggravata che si verifica quando un soggetto, già recidivo, commette un nuovo reato dello stesso tipo entro cinque anni dalla condanna precedente.

La Corte ha ribadito un principio fondamentale: questa tipologia di recidiva è una circostanza aggravante a “effetto speciale”. Ciò comporta due effetti cruciali sul calcolo della prescrizione:

1. Aumento del termine base: Ai sensi dell’art. 157 c.p., il termine base di prescrizione viene aumentato. La Corte chiarisce che tale aumento si calcola sul massimo della pena prevista per il reato e non sul termine minimo di prescrizione.
2. Aumento della proroga: In presenza di atti interruttivi del processo (come un decreto di citazione a giudizio), la recidiva reiterata aumenta anche l’entità della proroga massima del termine, secondo quanto stabilito dall’art. 161, comma 2, c.p.

Di conseguenza, il tempo necessario per estinguere il reato si era notevolmente allungato, superando i dieci anni, a cui si aggiungevano ulteriori periodi di sospensione del processo.

Le Motivazioni della Suprema Corte sulla Prescrizione e Recidiva

La Cassazione ha giudicato il ricorso “manifestamente infondato”. I giudici hanno verificato che, applicando correttamente le norme su prescrizione e recidiva, alla data della sentenza d’appello (17 maggio 2023) il reato commesso il 10 dicembre 2011 non era ancora prescritto.

Il punto decisivo, tuttavia, risiede in un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità (richiamando la sentenza a Sezioni Unite n. 32/2000). Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, si crea una barriera processuale che impedisce alla Corte di esaminare questioni che potrebbero essere sorte successivamente alla sentenza impugnata. In altre parole, l’inammissibilità del ricorso “cristallizza” la situazione giuridica al momento della decisione d’appello.

Pertanto, anche se il termine di prescrizione fosse maturato nel tempo intercorso tra la sentenza d’appello e la decisione della Cassazione, quest’ultima non avrebbe potuto rilevarlo a causa dell’originaria infondatezza e, quindi, inammissibilità del ricorso stesso.

Conclusioni

L’ordinanza in esame offre due importanti spunti di riflessione. In primo luogo, conferma la severità con cui l’ordinamento tratta la recidiva reiterata, considerandola un fattore che allunga significativamente i tempi della giustizia. In secondo luogo, essa funge da monito sulla necessità di presentare ricorsi solidamente argomentati. Un’impugnazione basata su motivi palesemente infondati non solo non ottiene il risultato sperato, ma preclude anche la possibilità di beneficiare di cause di estinzione del reato maturate in un momento successivo, con l’ulteriore conseguenza della condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

In che modo la recidiva reiterata influisce sul calcolo della prescrizione?
La recidiva reiterata, specifica e infraquinquennale, agisce come una circostanza aggravante a effetto speciale. Questo significa che incide sia sul termine base di prescrizione, calcolato sul massimo della pena prevista per il reato, sia sull’estensione massima di tale termine in presenza di atti interruttivi, come stabilito dagli articoli 157 e 161 del codice penale.

Cosa succede se il reato si prescrive dopo la sentenza d’appello ma prima della decisione della Cassazione?
Se il ricorso per Cassazione è giudicato inammissibile perché manifestamente infondato, la Corte non può rilevare l’eventuale prescrizione maturata dopo la data della sentenza impugnata. L’inammissibilità del ricorso preclude l’esame di tale questione e cristallizza la situazione giuridica al momento della decisione di secondo grado.

Quali sono state le conseguenze per il ricorrente il cui ricorso è stato giudicato inammissibile?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, proprio a causa della manifesta infondatezza del suo ricorso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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