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Prescrizione e recidiva: come si calcola il termine

La Corte di Cassazione chiarisce il calcolo della prescrizione in presenza di recidiva reiterata. Con l’ordinanza n. 19026/2024, ha stabilito che la recidiva, quale circostanza ad effetto speciale, aumenta sia il termine minimo sia quello massimo di prescrizione, respingendo il ricorso di un imputato che riteneva i suoi reati estinti. La decisione sottolinea come la condizione di recidivo influenzi significativamente la durata del procedimento penale.

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Pubblicato il 15 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Prescrizione e recidiva: come si calcola il termine massimo

Il calcolo della prescrizione e recidiva rappresenta uno degli aspetti più tecnici e cruciali del diritto penale. Un’errata interpretazione può determinare l’estinzione di un reato o, al contrario, la prosecuzione di un’azione penale. Con l’ordinanza in esame, la Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: la recidiva reiterata, se contestata e riconosciuta, ha un impatto determinante non solo sul termine ordinario di prescrizione, ma anche su quello massimo, allungando significativamente i tempi per giungere a una sentenza definitiva.

I fatti del caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello. L’imputato sosteneva che i reati a lui ascritti, tra cui ricettazione e spendita di monete false, fossero ormai estinti per decorso del termine di prescrizione. La sua difesa si basava su un calcolo che, tuttavia, non teneva adeguatamente conto di un elemento decisivo del suo profilo penale: la recidiva specifica, reiterata e infraquinquennale.

La questione giuridica: il calcolo della prescrizione e recidiva

Il nodo centrale della questione giuridica riguardava l’influenza della recidiva reiterata sul computo dei termini di prescrizione. In particolare, il ricorrente lamentava un’erronea applicazione dell’articolo 157 del codice penale. La domanda a cui la Suprema Corte è stata chiamata a rispondere era la seguente: la recidiva reiterata, qualificata come circostanza ad effetto speciale, incide solo sul termine ordinario o estende i suoi effetti anche al termine massimo di prescrizione, previsto dall’articolo 161, secondo comma, del codice penale, in presenza di atti interruttivi?

La recidiva come circostanza ad effetto speciale

Per comprendere la decisione, è essenziale chiarire il concetto di “circostanza ad effetto speciale”. Si tratta di quelle circostanze aggravanti che comportano un aumento di pena superiore a un terzo. La giurisprudenza consolidata considera la recidiva reiterata rientrante in questa categoria. Questa qualificazione non è un mero tecnicismo, ma ha conseguenze pratiche rilevantissime, come dimostra la pronuncia in commento.

La decisione della Corte di Cassazione e le motivazioni

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici hanno riaffermato l’orientamento consolidato secondo cui la recidiva reiterata, in quanto circostanza ad effetto speciale, incide su entrambi i fronti del calcolo della prescrizione. Aumenta il termine base previsto dall’art. 157 c.p. e, in presenza di atti che interrompono il decorso della prescrizione (come un decreto di citazione a giudizio), consente di estendere il termine massimo ben oltre il limite ordinario.

Nel caso specifico, il reato era stato commesso nel 2008. Applicando correttamente i calcoli che tengono conto degli aumenti per la recidiva, la Corte ha dimostrato che il termine massimo di prescrizione non era affatto decorso, essendo fissato al 2030. Di conseguenza, la pretesa del ricorrente di vedere il proprio reato estinto è stata respinta.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame offre un importante promemoria sull’importanza della recidiva nel sistema penale italiano. Essa non è solo un fattore da considerare ai fini della determinazione della pena, ma un elemento che incide profondamente sulla stessa procedibilità dell’azione penale. La decisione conferma che la condizione di recidivo reiterato espone il soggetto a un periodo di tempo significativamente più lungo entro cui lo Stato può esercitare la propria pretesa punitiva. Per gli operatori del diritto, ciò significa prestare la massima attenzione a tale circostanza fin dalle prime fasi del procedimento, poiché da essa dipende la vita stessa del processo. Per i cittadini, è la conferma che la reiterazione di condotte criminali è considerata dall’ordinamento un fattore di maggiore allarme sociale, meritevole di un trattamento sanzionatorio e processuale più severo.

Come incide la recidiva reiterata sulla prescrizione di un reato?
La recidiva reiterata, essendo considerata una circostanza ad effetto speciale, aumenta il termine di prescrizione del reato. Questo aumento non si limita al termine ordinario, ma si estende anche al termine massimo in presenza di atti interruttivi del procedimento.

La recidiva reiterata influenza solo il termine minimo o anche quello massimo di prescrizione?
Secondo la giurisprudenza consolidata richiamata dall’ordinanza, la recidiva reiterata incide sia sul calcolo del termine prescrizionale minimo (art. 157, comma 2, c.p.) sia su quello del termine massimo (art. 161, comma 2, c.p.), estendendoli entrambi.

Per quale motivo il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché l’argomento principale, relativo all’estinzione dei reati per prescrizione, è stato ritenuto manifestamente infondato. La Corte ha verificato che, a causa della recidiva reiterata contestata all’imputato, il termine massimo di prescrizione non era ancora decorso al momento della decisione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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