Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 9999 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 3 Num. 9999 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 30/01/2025
TERZA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
SENTENZA
Sui ricorsi proposti da: COGNOME nato a Isola di Capo Rizzuto il 23/01/1963, COGNOME NOME, nato a Lamezia Terme il 02/05/1979, Campofelice Salvatore, nato a Palermo il 22/12/1959, Corigliano Salvatore, nato a Crotone il 13/01/1968, avverso la sentenza del 21/05/2024 della Corte di appello di Venezia; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 21 maggio 2024, la Corte di appello di Venezia confermava la sentenza del G.U.P. del Tribunale di Verona che aveva dichiarato non luogo a procedere nei confronti di NOME COGNOME in ordine al reato di cui all’art. 512-bis cod. pen., ascritto al capo 4, perchØ estinto per intervenuta prescrizione; nei confronti di NOME COGNOME in ordine al reato di cui all’art. 8 d.lgs. n. 74/2000 ascritto al capo 35, perchØ estinto per intervenuta prescrizione; nei confronti di NOME COGNOME in ordine ai reati di cui agli artt. 2 e 8 d.lgs. n. 74/2000 ascritti ai capi 23, 33, 34, 48, perchØ estinti per intervenuta prescrizione; nei confronti di NOME COGNOME in ordine al reato di cui all’art. 8 d.lgs. n. 74/2000 ascritto al capo 50, perchØ estinto per intervenuta prescrizione.
Avverso l’indicata sentenza, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME a mezzo del comune difensore di fiducia, avvocato NOME COGNOME propongono ricorso per cassazione, sollevando tre motivi identici e un quarto motivo il solo NOME COGNOME. 2.1 Con il primo motivo, i tre ricorrenti lamentano, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e di altre norme giuridiche di cui si deve tener conto nell’applicazione della legge penale, con riferimento agli artt. 157 e 129 cod. proc. pen.
Deduce la difesa che la Corte di appello non ha compiuto una doverosa attività valutativa, essendo peraltro desumibile dalla lettura dei capi di imputazione la insussistenza della responsabilità penale, non essendo consentito il richiamo all’utilizzo del c.d. spesometro per ritenere integrata la responsabilità penale.
2.2. Con il secondo motivo, i tre ricorrenti lamentano, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e di altre norme giuridiche di cui si deve tener conto nell’applicazione della legge penale, con riferimento agli artt. 425, commi 1 e 3, e 428 cod. proc. pen.
Deduce la difesa che la sentenza impugnata ha omesso di prendere in considerazione che il Giudice dell’udienza preliminare non ha valutato l’ipotesi di pronunciare sentenza per mancanza di una ragionevole probabilità di condanna del soggetto.
2.3 Con il terzo motivo, i tre ricorrenti lamentano, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e di altre norme giuridiche di cui si deve tener conto nell’applicazione della legge penale, con riferimento agli artt. 187 cod. proc. pen. e 8 d.lgs. n. 74/2000.
Deduce la difesa che il reato di cui all’art. 8 d.lgs. n. 74/2000 presuppone che la fattura fuoriesca dalla sfera di disponibilità dell’emittente per essere trasferita all’utilizzatore, presupposto in assenza del quale non vi Ł lesione del bene giuridico tutelato e la condotta resta priva di rilevanza penale; e, nel caso in esame, tale accertamento non poteva essere fatto, come invece Ł stato, attraverso la consultazione delle banche dati, ed in particolare del c.d. spesometro, poichØ tale meccanismo non era idoneo a dimostrare l’esistenza di questa fuoriuscita del documento dalla disponibilità dell’emittente.
2.4 Con il quarto motivo, il solo NOME COGNOME lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e di altre norme giuridiche di cui si deve tener conto nell’applicazione della legge penale, con riferimento agli artt. 187 cod. proc. pen. e 2 d.lgs. n. 74/2000.
Deduce la difesa che il reato di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74/2000 consiste in un mendacio dichiarativo che presuppone l’utilizzo di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti che comporti l’indicazione di elementi passivi fittizi all’interno di una delle dichiarazioni ai fini delle imposte dirette o dell’IVA, dove il momento consumativo coincide con la presentazione della dichiarazione, senza che l’accertamento della avvenuta presentazione della dichiarazione possa avvenire attraverso l’utilizzo delle banche dati, ed in particolare del c.d. spesometro.
Avverso l’indicata sentenza, NOME COGNOME a mezzo del difensore di fiducia, avvocato NOME COGNOME propone ricorso per cassazione, lamentando, ai sensi dell’art. 606, lett. c), cod. proc. pen., violazione di norme processuali in relazione agli artt. 125, comma 3, 129, comma 2, 425, 428 cod. proc. pen., poichØ la constatazione della insussistenza di cause di proscioglimento piø favorevoli all’imputato non può essere equivalente alla presa d’atto della esistenza del procedimento, ma esige una sia pur minima indicazione degli atti constatati, della loro attitudine accusatoria ed uno sforzo, pure elementare, esplicativo della inidoneità delle allegazioni difensive ad una pronuncia piø favorevole nel merito. Deduce, pertanto, che la sentenza impugnata non aveva indicato gli elementi di prova a carico considerati, nØ le ragioni per le quali l’accusa nei confronti dell’imputato sarebbe verosimilmente o probabilmente fondata, nØ le ragioni per le quali gli argomenti dedotti a difesa non sarebbero idonei a condurre ad un proscioglimento nel merito.
Sono pervenute memorie dell’avv. NOME COGNOME difensore di fiducia di NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME con le quali si richiama la pronuncia delle Sezioni
unite n. 36208 del 28/03/2024 per affermare, in primo luogo, che il rifiuto della Corte di appello di emettere una decisione su di una cognizione piena del giudice di appello, pur in presenza di una causa estintiva del reato, fosse ingiustificato, e, in secondo luogo, che la decisione della Corte di appello doveva necessariamente pervenire ad una conclusione di segno opposto, dal momento che, con riferimento ai reati di cui agli artt. 2 e 8 d.lgs. n. 74/2000, mancava la prova della sussistenza dei reati, vale a dire della messa a disposizione dell’utilizzatore della presunta fattura emessa per operazioni inesistenti e della avvenuta presentazione della dichiarazione mendace.
E’ pervenuta, altresì, ulteriore memoria dell’avv. NOME COGNOME, difensore di fiducia di NOME COGNOME con la quale si ribadisce che gli atti di accertamento tributario e le presunzioni che ‘li sorreggono’ non sono idonei a fondare un giudizio di responsabilità penale, dal momento che l’accusa relativamente ai reati di cui agli artt. 2 e 8 d.lgs. n. 74/2000 Ł fondata sugli atti di accertamento tributario basati sull’utilizzo dei dati ricavati dalle c.d. banche dati.
Sono pervenute memorie dell’avv. NOME COGNOME difensore di fiducia di NOME COGNOME. Con la prima si richiama la pronuncia delle Sezioni unite n. 36208 del 28/03/2024 per affermare come il principio di presunzione di innocenza debba prevalere, laddove sia possibile accertare l’insussistenza dei fatti o la mancanza di responsabilita dell’imputato, senza per questo rinunciare alla causa estintiva del reato. Con la seconda si ribadisce, in primo luogo, la sussistenza di una ipotesi di evidente mancanza di prova in ordine non solo alla possibilità di formulare una ragionevole previsione di condanna, ma addirittura di ipotizzare la sussistenza dell’astratta configurabilità della fattispecie di cui all’art. 512-bis c.p., e si precisa, in secondo luogo, di aver devoluto in sede di legittimità la questione della estensione dei poteri cognitivi del giudice di appello nel caso in cui il reato sia stato dichiarato estinto per prescrizione senza alcuna motivazione, per di piø in un caso in cui la prescrizione era maturata prima dell’esercizio dell’azione penale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili perchØ presentati fuori dai casi consentiti, ed in ogni caso per manifesta infondatezza.
I ricorrenti si dolgono della conferma, ad opera della sentenza impugnata, della sentenza del Giudice dell’udienza preliminare con la quale Ł stato dichiarato non luogo a procedere in ordine ai reati ascritti agli imputati perchØ estinti per intervenuta prescrizione, senza previamente pronunciarsi in ordine alla insussistenza dei fatti, come richiesto dalle difese.
In altri termini, il G.U.P. e la Corte di appello non hanno verificato, prima di dichiarare l’estinzione dei reati per prescrizione, la idoneità dei fatti ad integrare i reati contestati e, pertanto, la possibilità di prosciogliere gli imputati con formula piø favorevole.
Sostengono i ricorrenti COGNOME, COGNOME e COGNOME la insussistenza dei fatti, non essendo consentito il richiamo all’utilizzo delle banche dati e del c.d. spesometro per ritenere integrata la responsabilità penale, segnatamente per accertare che la fattura fuoriesca dalla sfera di disponibilità dell’emittente per essere trasferita all’utilizzatore (art. 8 d.lgs. n. 74 del 2000) ovvero per accertare la avvenuta presentazione della dichiarazione contenente il mendacio dichiarativo dell’utilizzo di fatture o di altri documenti per operazioni inesistenti, con l’indicazione di elementi passivi fittizi (art. 2 d.lgs.
74 del 2000); lamentano, inoltre, la mancata valutazione dell’ipotesi di pronunciare sentenza per mancanza di una ragionevole probabilità di condanna.
Sostiene il ricorrente COGNOME che la constatazione della assenza di cause di proscioglimento esige
una sia pur minima indicazione degli elementi in atti e della inidoneità delle allegazioni difensive ad una pronuncia piø favorevole nel merito.
Occorre ricordare che il gravame contro le sentenze di proscioglimento in udienza preliminare Ł inibito all’imputato solo quando l’assoluzione sia stata disposta per non avere egli commesso il fatto o perchØ il fatto stesso non sussiste, mentre la sentenza dichiarativa di estinzione del reato per prescrizione resa in udienza preliminare Ł sempre impugnabile, anche quando l’imputato non abbia rinunciato alla prescrizione, ben potendo il ricorrente sollecitare, allo stato degli atti, una decisione liberatoria con formula piø favorevole ai sensi dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen. (Sez. 3, n. 46913 del 20/09/2016, COGNOME, Rv. 268058; Sez. 3, n. 49663 del 26/05/2015, COGNOME, Rv. 265369).
E’ stato condivisibilmente precisato, in proposito, che, ancorchØ l’art. 425, comma 1, cod. proc. pen. elenchi le possibili formule di proscioglimento apparentemente equiparando ed anzi privilegiando l’estinzione del reato rispetto alle altre cause, non sembra dubbio, da un lato, che l’ordine gerarchico da seguire debba essere lo stesso previsto dall’art. 530 cod. proc. pen., in quanto rispondente ad un criterio logico (che non vi sarebbe ragione di non seguire anche in sede di udienza preliminare) fondato sul maggior favore per l’imputato tenendo conto anche degli effetti extrapenali e, soprattutto, che, anche in tal sede, debba comunque prevalere, secondo la regola generale posta dall’art. 129, comma 2, cod. proc. pen., il proscioglimento nel merito rispetto a quello per estinzione del reato.
Tanto premesso, secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, dal quale non vi Ł ragione per discostarsi, in presenza di una causa di estinzione del reato il giudice Ł legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell’art. 129 comma secondo, cod. proc. pen. soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell’imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, così che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga piø al concetto di “constatazione”, ossia di percezione ictu oculi, che a quello di “apprezzamento” e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento (Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, RAGIONE_SOCIALE, non massimata sul punto; Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, COGNOME, Rv. 244274).
La formula di proscioglimento nel merito, pertanto, prevale sulla dichiarazione di improcedibilità per intervenuta prescrizione soltanto nel caso in cui sia rilevabile, con una mera attività ricognitiva, l’assoluta assenza della prova di colpevolezza a carico dell’imputato ovvero la prova positiva della sua innocenza, e non anche nel caso di mera contraddittorietà o insufficienza della prova che richiede un apprezzamento ponderato tra opposte risultanze (Sez. 6, n. 27725 del 22/03/2018, Princi, Rv. 273679; Sez. 1, n. 43853 del 24/09/2013, Giuffrida, Rv. 258441; Sez. 6, n. 10284 del 22/01/2014, COGNOME, Rv. 259445, in applicazione del principio, la Corte ha escluso l’operatività della disposizione dettata dall’art. 129, comma 2, cod. proc. pen. in una vicenda in cui, ai fini della pronuncia assolutoria, sarebbe stata necessaria una verifica sulla attendibilità delle dichiarazioni testimoniali anche alla luce di un raffronto con altre evidenze probatorie).
In definitiva, Ł possibile affermare che la regola di giudizio dettata dall’art. 129, comma 2, c.p.p. rimane subordinata ad una situazione di evidenza probatoria risultante obiettivamente dagli atti nel momento in cui si verifica il fatto estintivo, mentre la regola probatoria contenuta nell’art. 530, comma 2, c.p.p. Ł riferibile soltanto all’epilogo decisorio conseguente alla formazione e acquisizione delle prove nel contraddittorio fra le parti e ad un’approfondita valutazione di tutto il compendio probatorio acquisito.
Declinando tali consolidati principi nel caso di specie, deve rilevarsi come la regula iuris sopra indicata sia stata implicitamente rispettata dalla Corte territoriale, atteso che la stessa prospettazione dei ricorrenti esula, in ragione della propria complessità, da un sindacato che assuma le cadenze logiche del mero apprezzamento, dal momento che i ricorsi, come anche i motivi di appello riepilogati nella sentenza impugnata, come evidenziato dal Procuratore Generale, contestano il contenuto rappresentativo delle banche dati menzionate nell’atto di accusa e, in particolare, del c.d. spesometro, non per la corrispondenza al vero, ma per la utilizzabilità del dato così estratto, con la conseguenza che i dati dovrebbero costituire oggetto di approfondimento istruttorio con l’escussione degli accertatori, profilandosi pertanto una obiettiva complessità probatoria non superabile limitandosi ad un mero esame degli atti.
E’ oggetto di costante affermazione in giurisprudenza il principio secondo cui, in tema di reati tributari, per il principio di atipicità dei mezzi di prova nel processo penale, di cui Ł espressione l’art. 189 cod. proc. pen., il giudice può avvalersi delle risultanze degli eventuali accertamenti, sebbene induttivi, compiuto dagli Uffici finanziari, per la determinazione dell’imposta dovuta, ferma restando l’autonoma valutazione degli elementi emersi secondo i criteri generali previsti dall’art. 192, comma 1, cod. proc. pen. (così, Sez. 3, n. 3735 del 20/11/2024, dep. 2025, COGNOME; Sez. 3, n. 36207 del 17/04/2019, COGNOME, Rv. 277581, e Sez. 3, n. 28710 del 19/04/2017 COGNOME, Rv. 270476), nonchØ degli elementi accertati attraverso la consultazione della banca-dati, comunemente indicata come ‘spesometro’, accertamento quest’ultimo avente un contenuto “materiale”, essendo fondato su dati “reali” e non meramente presuntivi (cfr., in tal senso, Sez. 3, n. 39646 del 13/06/2024, Gualano).
Le circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, pertanto, non emergono ictu oculi ed in modo assolutamente incontestabile, ma postulano la adeguata valutazione degli elementi probatori discendenti dalle verifiche tributarie in atti, nonchØ eventuali approfondimenti istruttori da valutare comparativamente rispetto ad altre prove acquisite: la Corte di merito, nell’esame delle censure proposte in quella sede, richiama, infatti, delle sollecitazioni istruttorie, provenienti dalle difese dei ricorrenti COGNOME e COGNOME, in ordine ad una perizia contabile finalizzata alla ricostruzione del percorso del denaro, oggetto della formazione della provvista attraverso la commissione dei reati tributari, nonchØ – per tutti – la contestazione dei dati provenienti dalle banche dati in uso alla Guardia di Finanza.
Tale complessivo e articolato apprezzamento non rivela, evidentemente, un carattere meramente ricognitivo e, pertanto, esula dall’ambito applicativo della disposizione dettata dall’art. 129, comma 2, cod. proc. pen., ponendosi in insanabile contrasto con l’invocato annullamento della pronuncia impugnata.
In conclusione, alla stregua delle considerazioni svolte, i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende, esercitando la facoltà introdotta dall’art. 1, comma 64, l. n. 103 del 2017, di aumentare oltre il massimo la sanzione prevista dall’art. 616 cod. proc. pen. in caso di inammissibilità del ricorso, considerate le ragioni dell’inammissibilità stessa come sopra indicate.
P.Q.M
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della
somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 30/01/2025
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME NOME