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Prescrizione e nullità: quando prevale l’assoluzione?

La Corte di Cassazione ha esaminato un caso di guida in stato di ebbrezza in cui l’imputata, pur a fronte della declaratoria di prescrizione, chiedeva l’assoluzione nel merito per una presunta nullità del verbale di accertamento. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile. La Corte ha chiarito che, per superare la prescrizione, la prova dell’innocenza deve essere evidente e di immediata percezione (‘ictu oculi’), condizione non soddisfatta da una nullità procedurale che risulta essere ‘controvertibile’ e non manifesta.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Prescrizione e nullità: la Cassazione chiarisce la gerarchia

Nel processo penale, la dialettica tra l’estinzione del reato per prescrizione e la nullità degli atti processuali solleva questioni complesse. Cosa accade quando un reato è ormai prescritto, ma l’imputato sostiene che un vizio procedurale avrebbe dovuto condurre a una sua piena assoluzione nel merito? La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 14080 del 2024, offre un importante chiarimento, ribadendo la prevalenza della declaratoria di prescrizione, a meno che non emerga una prova di innocenza di assoluta evidenza.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da una condanna in primo grado per un reato previsto dal Codice della Strada. In appello, la Corte territoriale riformava la sentenza, dichiarando il reato estinto per intervenuta prescrizione. Tuttavia, revocava la sanzione accessoria della revoca della patente, trasmettendo gli atti al Prefetto per le determinazioni di sua competenza.
La difesa dell’imputata proponeva ricorso in Cassazione, lamentando che i giudici di merito non avessero accolto la sua richiesta di proscioglimento con formula piena. La tesi difensiva si fondava sulla nullità del verbale di accertamento, in quanto l’imputata non era stata avvisata della facoltà di farsi assistere da un difensore, come previsto dall’art. 114 disp. att. c.p.p. Secondo la ricorrente, questa nullità avrebbe dovuto portare a un’assoluzione nel merito, più vantaggiosa perché avrebbe evitato anche le conseguenze amministrative derivanti dalla trasmissione degli atti al Prefetto.

La Decisione della Corte: il rapporto tra prescrizione e nullità degli atti

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione della Corte d’Appello. Il fulcro della decisione risiede nell’interpretazione dell’articolo 129, comma 2, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che, in presenza di una causa di estinzione del reato come la prescrizione, il giudice è comunque tenuto a pronunciare una sentenza di assoluzione nel merito solo se dagli atti risulta ‘evidentemente’ che il fatto non sussiste, che l’imputato non lo ha commesso, che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato.
La Cassazione ha sottolineato che il concetto di ‘evidenza’ richiede una prova dell’innocenza che possa essere apprezzata ictu oculi, ovvero a colpo d’occhio, senza la necessità di ulteriori approfondimenti o complesse valutazioni probatorie.

Le Motivazioni

I giudici hanno spiegato che il ricorso per cassazione che mira a ottenere un proscioglimento nel merito in luogo della prescrizione deve individuare motivi che permettano di constatare immediatamente questa ‘evidenza’. Non è sufficiente prospettare una potenziale causa di nullità che, per essere accertata, richiederebbe un’analisi approfondita.
Nel caso specifico, la dedotta nullità del verbale per la mancata verbalizzazione dell’avviso alla difesa non costituisce una prova ‘evidente’ di innocenza. La Corte ha infatti ricordato che la prova dell’avvenuto adempimento di tale obbligo può essere fornita anche tramite la deposizione testimoniale dell’agente operante. Di conseguenza, la circostanza non era di immediata percezione, ma ‘controvertibile’ e avrebbe richiesto una valutazione probatoria che è preclusa quando il reato è già estinto.
La censura della difesa, pertanto, non rientrava nel ‘quadro ristretto e invalicabile’ della rappresentazione di un’evidenza, ma si traduceva in un tentativo di sollecitare una valutazione di merito non consentita in quella fase.

Conclusioni

La sentenza consolida un principio fondamentale: la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione prevale su eventuali cause di nullità degli atti, a meno che queste non si traducano in una prova dell’innocenza così palese da non richiedere alcuna attività di accertamento. Per l’imputato, ciò significa che non basta allegare un vizio procedurale per ottenere un’assoluzione piena quando il tempo per perseguire il reato è scaduto. È necessario dimostrare che l’innocenza emerge dagli atti in modo incontrovertibile e immediato. Questa pronuncia ribadisce la funzione della prescrizione come meccanismo di chiusura del processo e limita la possibilità di rimettere in discussione il merito della causa solo a situazioni eccezionali di palese non colpevolezza.

Quando un giudice può assolvere un imputato nel merito anche se il reato è già prescritto?
Un giudice può e deve assolvere l’imputato nel merito, anche in presenza di prescrizione, solo se dagli atti processuali emerge in modo evidente (‘ictu oculi’) la prova che il fatto non sussiste, che l’imputato non lo ha commesso, o che il fatto non costituisce reato. L’innocenza deve essere di immediata constatazione, senza necessità di ulteriori accertamenti.

La mancanza dell’avviso di farsi assistere da un difensore nel verbale di accertamento è una prova evidente di innocenza?
No, secondo la Corte di Cassazione. La semplice mancata verbalizzazione dell’avviso non costituisce una prova ‘evidente’ che giustifichi un’assoluzione nel merito in luogo della prescrizione. Questo perché la prova che l’avviso sia stato effettivamente dato può essere fornita con altri mezzi, come la testimonianza dell’agente di polizia, rendendo la questione ‘controvertibile’ e non di immediata evidenza.

Quali sono le conseguenze se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile in un caso di prescrizione?
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, come stabilito dall’art. 616 c.p.p. La sentenza impugnata (in questo caso, quella che dichiarava la prescrizione) diventa definitiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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