Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 14080 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 14080 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a TORINO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/07/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
svolta la relazione dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte del Procuratore generale, in persona del sostituto NOME COGNOME, con le quali si chiesta la declaratoria di inammissibilità;
lette, altresì, le conclusioni dell’AVV_NOTAIO per COGNOME NOME, con le quali si è chiesto l’annullamento con o senza rinvio della sentenza impugnata.
udito il difensore
Ritenuto in fatto
La Corte d’appello di Torino ha riformato la sentenza del Tribunale di quella città, con la quale COGNOME NOME era stata condannata per il reato di cui all’art. 187, codice strada, dichiarando non doversi procedere per essersi il reato estinto per prescrizione, revocando la sanzione della revoca della patente di guida, con trasmissione degli atti al prefetto territorialmente competente per le sue determinazioni.
La difesa dell’imputata ha proposto ricorso, formulando un unico motivo, con il quale ha dedotto inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità e inutilizzabilità, erronea applicazione della legge penale e carenza assoluta della motivazione, relativamente alla declaratoria di estinzione del reato in ipotesi di evidenza della nullità del verbale di accertamento, siccome non preceduto dall’avviso ai sensi dell’art. 114, disp. att. cod. proc. pen., quanto all’interesse a ricorrere opponendo la richiesta di revoca dei provvedimenti riguardanti il titolo abilitativo (vale a dire, la disposta trasmissione atti al prefetto). A fronte di specifica eccezione di nullità dell’accertamento, non risultando la sottoscrizione del verbale da parte della COGNOME e neppure essendo stato l’atto compilato nella parte relativa agli avvisi, il Tribunale ne aveva ritenuto la tardività alla luce di una interpretazione delle Sezioni unite Bianchi del 2015 che era stata poi superata, in base alla quale la tardività era collegata all’opposizione a decreto penale, piuttosto che alla deliberazione della sentenza di primo grado, Con la conseguenza che la sollevata eccezione doveva ritenersi tempestiva.
Il Procuratore generale, in persona del sostituto NOME COGNOME, ha depositato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
La difesa ha depositato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto l’annullamento, con o senza rinvio, della sentenza impugnata.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è inammissibile.
L’unica questione devoluta inerisce alla prevalenza della causa di proscioglimento nel merito rispetto alla declaratoria di prescrizione da parte del
giudice del gravame (oltre alla conseguente legittimità della statuizione di trasmissione degli atti al prefetto per quanto di sua competenza).
Si è, anche di recente, chiarito che, a fronte di una sentenza di appello confermativa della declaratoria di prescrizione, il ricorso per cassazione che deduca la mancata adozione di una pronuncia di proscioglimento nel merito, ai sensi dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen., deve individuare i motivi che permettano di apprezzare ictu °culi, con una mera attività di “constatazione”, la “evidenza” della prova di innocenza dell’imputato, idonea ad escludere l’esistenza del fatto, la sua commissione da parte del medesimo, ovvero la sua rilevanza penale (sez. 6, n. 33030 del 24/5/2023, D’Ambrosio, Rv. 285091-01). Con la conseguenza che deve ritenersi inammissibile, per genericità dei motivi, il ricorso per cassazione avverso la sentenza dichiarativa della prescrizione del reato, con cui sia dedotta la sussistenza dei presupposti per l’assoluzione dell’imputato ai sensi dell’art. 129, comma 1, cod. proc. pen., senza prospettare l’evidenza della causa di non punibilità specificamente invocata, in conformità alla previsione dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen. (sez. 3, n. 18069 del 20/1/2022, COGNOME, Rv. 283131-01).
E che si tratti di una attività di mera constatazione si ricava anche dal fatto che il giudice d’appello, in presenza di una causa di estinzione del reato, non potrebbe, per esempio, al fine di pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen., compiere attività ulteriori rispetto alla mera constatazione di circostanze neppure nel caso in cui la causa di estinzione sia maturata con riferimento ad un reato oggetto di riqualificazione da parte del giudice di primo grado e si sia posta con il gravame anche la questione relativa alla legittimità di siffatta riqualificazione (sez. 6, n. 27725 del 22/3/2018, Princi, Rv. 273679-01). In presenza di una causa di estinzione, dunque, ai fini della critica alla mancata rilevazione di cause di proscioglimento con fcrmula più ampia nel merito, le censure devono essere articolate nel “quadro ristretto e invalicabile di una rappresentazione della evidenza della loro sussistenza,, di talchè ogni censura formulata attraverso la articolazione di ragionamenti e rilevazioni di non immediata emergenza esula dai predetti binari logico – giuridici e ricade nell’ambito dell’inammissibilità dell’impugnazione. Si tratta, in altri termini, di un particolare profilo di specificità, per quanto qui interessa, del ricorso in cassazione (ma di portata generale sul piano delle impugnazioni), che in casi come quello in esame, di intervenuta estinzione per prescrizione, al momento della pubblicazione della sentenza impugnata, del reato oggetto della decisione della corte di appello contestata, impone anche l’adozione di una rappresentazione del vizio dedotto nella prospettiva dell’evidenza degli elementi con lo giustifichino” (sez. 3, n. 18069/2022, COGNOME, cit., in motivazione).
Nella specie, non può apprezzarsi nella censura formulata dalla difesa l’evocazione di una tale situazione di evidenza, alla quale correlare una mera constatazione: il deducente, invero, ha prospettato una nullità che, ove esistente, travolgerebbe un elemento probatorio, ma non ha neppure allegato la decisività del verbale del quale si discute, considerato peraltro che il legislatore non ha previsto alcuna prova legale ai fini della dimostrazione dell’avviso ai sensi dell’art. 114, disp. att. cod. proc. pen. (sul punto, tra le altre, sez. 4, n. 18349 del 29/4/2021, Piva, Rv. 281169-01, in fattispecie di guida in stato di ebbrezza, nella quale si è chiarito che la prova dell’avvenuto adempimento dell’obbligo di dare avviso alla persona sottoposta ad esame alcolimetrico della facoltà di farsi assistere da difensore di fiducia, ove non risultante dal verbale, può essere data mediante la deposizione dell’agente operante, con la conseguenza che l’unico profilo suscettibile di valutazione giudiziale è quello relativo all’attendibilità di tal testimonianza, anche in ordine alle ragioni della mancata verbalizzazione; n. 7677 del 6/2/2019, M/n/grilli, Rv. 275148-01).
Il che rende la circostanza allegata quantomeno “controvertibile” e, quindi, eccentrica rispetto all’indispensabile giudizio di “evidenza” degli elementi posti a base del motivo di ricorso che avrebbero consentito la constatazione immediata della insussistenza (sub specie mancata dimostrazione) del fatto.
Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 616, cod proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Deciso il 19 marzo 2024