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Prescrizione e Misure di Prevenzione: Inammissibilità

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro una condanna per violazione di misure di prevenzione. I motivi, basati sulla presunta prescrizione del reato e su una modifica legislativa, sono stati ritenuti manifestamente infondati. La Corte ha chiarito che gli atti interruttivi avevano posticipato il termine di prescrizione e che la nuova legge non aveva abolito il reato contestato.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Prescrizione e Misure di Prevenzione: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito importanti principi in materia di prescrizione del reato e di interpretazione delle modifiche legislative. Il caso analizzato riguarda la violazione delle misure di prevenzione, un tema che tocca l’equilibrio tra libertà personale e sicurezza pubblica. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato, confermando la condanna e chiarendo aspetti cruciali sul calcolo dei termini di prescrizione e sulla continuità normativa.

I Fatti del Processo

La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un soggetto per i reati di cui agli artt. 337 c.p. e 75, comma 2, del d.lgs. n. 159/2011. In particolare, il ricorso in Cassazione si concentrava su quest’ultima imputazione, relativa alla violazione di una misura di prevenzione. L’imputato era stato sottoposto all’obbligo di soggiorno nel suo comune di residenza, Siracusa, e aveva violato tale prescrizione in data 13 giugno 2017.

La Corte d’Appello di Catania, riformando parzialmente la sentenza di primo grado del Tribunale di Siracusa, aveva escluso l’aggravante della recidiva e rideterminato la pena. Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, affidandosi a due motivi principali.

I Motivi del Ricorso: Prescrizione e Modifica Normativa

Il ricorrente ha sollevato due questioni fondamentali:
1. Eccezione di prescrizione: Sosteneva che il reato si fosse estinto per prescrizione prima della pronuncia della sentenza d’appello, avvenuta il 14 novembre 2024.
2. Modifica normativa: Affermava che una modifica legislativa, introdotta con la legge n. 168 del 2023, avesse inciso sulla fattispecie di reato, rendendo la sua condotta non più punibile. In particolare, la nuova norma avrebbe modificato i presupposti della misura di prevenzione violata.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha giudicato entrambi i motivi manifestamente infondati, dichiarando il ricorso inammissibile. Vediamo nel dettaglio le argomentazioni.

Il Calcolo della Prescrizione: l’Effetto degli Atti Interruttivi

Sul primo punto, la Corte ha smontato la tesi della difesa relativa alla prescrizione. Ha spiegato che, per i reati commessi prima delle modifiche introdotte dalla legge n. 103 del 2017 (la cosiddetta ‘Riforma Orlando’), si applica il regime precedente. In base a tale regime, diversi atti processuali hanno l’effetto di interrompere il decorso della prescrizione, facendo ripartire il conteggio del tempo.

Nel caso specifico, atti come l’ordinanza di convalida, la sentenza di primo grado e la citazione per il giudizio d’appello avevano tutti interrotto i termini. Sulla base di questi atti interruttivi, la Corte ha calcolato che il termine massimo di prescrizione sarebbe scaduto il 13 dicembre 2024. Poiché la sentenza d’appello era stata emessa il 14 novembre 2024, ossia prima di tale data, il reato non era ancora prescritto. Il motivo è stato quindi ritenuto palesemente infondato.

L’Irrillevanza della Modifica Normativa sul Caso Concreto

Anche il secondo motivo è stato respinto. La Corte ha osservato che la modifica normativa invocata dal ricorrente non era idonea a incidere sulla sua posizione. La misura di prevenzione violata consisteva nell’obbligo di soggiorno nel comune di residenza (Siracusa). La Corte ha sottolineato che tale obbligo è ancora previsto dalla normativa, anche a seguito delle recenti modifiche, sebbene in termini alternativi a quello di dimora.

Poiché l’imputato aveva violato un precetto – l’obbligo di restare nel proprio luogo di residenza – che è rimasto penalmente rilevante, le argomentazioni della difesa sono state considerate del tutto prive di fondamento.

Le Conclusioni

L’ordinanza della Corte di Cassazione offre due importanti lezioni. La prima riguarda il calcolo della prescrizione, ricordando come la presenza di atti interruttivi sia decisiva per posticipare il termine di estinzione del reato. La seconda attiene all’interpretazione delle leggi penali nel tempo: una modifica normativa non porta automaticamente all’assoluzione se il nucleo del precetto violato rimane punibile secondo la nuova disciplina. La decisione di inammissibilità ha comportato, oltre alla conferma della condanna, l’onere per il ricorrente di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria, a testimonianza della manifesta infondatezza delle sue censure.

Quando viene interrotto il termine di prescrizione di un reato?
Secondo la disciplina applicabile al caso (precedente alla legge 103/2017), il termine di prescrizione viene interrotto da specifici atti del procedimento, come l’ordinanza di convalida dell’arresto, la sentenza di primo grado e la citazione per il giudizio in appello. Ciascuno di questi atti fa decorrere un nuovo periodo di prescrizione.

Perché la modifica legislativa del 2023 non ha influito sulla condanna?
La modifica legislativa non ha inciso sulla condanna perché il comportamento contestato all’imputato (la violazione dell’obbligo di soggiorno nel comune di residenza) è rimasto una condotta penalmente rilevante anche dopo l’entrata in vigore della nuova legge. La norma, pur modificata, continua a contemplare l’obbligo di residenza come misura di prevenzione.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta che la Corte non esamina il merito del ricorso perché i motivi sono ritenuti manifestamente infondati o presentano vizi formali. Di conseguenza, la sentenza impugnata diventa definitiva e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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