Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 1681 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 1681 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: PILLA EGLE
Data Udienza: 15/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato ad NOME il 09/05/1950 avverso la sentenza del 07/07/2023 della CORTE APPELLO di BARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
Letta la requisitoria scritta del Sostituto Procuratore Generale della Corte di cassazione NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento senza rinvio con revoca delle statuizioni civili.
Lette le conclusioni scritte, pervenute in data 26 settembre 2024, del difensore di fiducia e procuratore speciale, avv. NOME COGNOME per la parte civile, che nell’allegare la denuncia querela ha concluso per la inammissibilità del ricorso.
Letti i motivi aggiunti, pervenuti in data 30 settembre 2024, del difensore di fiducia, avv. COGNOME per il ricorrente, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso e per la condanna della parte civile ai sensi dell’art. 541, comma secondo cod. proc. pen., in quanto impugnante in appello per i soli interessi civili, alla rifusione in favore dell’imputato e odierno ricorrente delle spese processuali sostenute per effetto dell’azione civile nel doppio grado.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 4 dicembre 2017 il Gup del Tribunale di Trani ha assolto l’imputato COGNOME NOME dal reato di tentata estorsione nei confronti di COGNOME NOME perché il fatto non sussiste.
A seguito dell’appello proposto dalla costituita parte civile avverso la decisione del Tribunale, la Corte di appello di Bari con pronunzia del 7 luglio 2023, in riforma della impugnata sentenza, ha dichiarato l’imputato civilmente responsabile del reato di cui all’art.56,610 cod. pen. così diversamente qualificata l’originaria imputazione, condannandolo al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile e alla liquidazione delle spese processuali.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso l’imputato, con atto sottoscritto dal difensore di fiducia, deducendo i motivi enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma primo, disp. att. cod. proc. pen.
2.1.Con il primo motivo è stata denunziata la violazione di legge in relazione agli artt. 576 e 74 cod. proc. pen.
In particolare, evidenzia il ricorrente che la Corte territoriale – nel ribaltare i precedente giudizio, sia pure ai soli effetti civili, e nel riqualificare la origina imputazione di tentata estorsione in quella di tentata violenza privata – non ha considerato che, a seguito della derubricazione, il reato come nuovamente configurato risultava estinto per intervenuta prescrizione nel settembre 2017 e dunque prima della pronunzia della sentenza di primo grado con la conseguenza che era precluso al giudice di appello di provvedere in ordine alle statuizioni civili ai sensi dell’art.576 cod. proc. pen.
2.2. Con il secondo motivo è stato dedotto vizio di motivazione tradottosi in travisamento della prova.
Lamenta la difesa che la sentenza impugnata ha attribuito espressioni e frasi all’imputato che non risulta in alcun modo provato lo stesso abbia mai pronunziato sulla base della trascrizione integrale della conversazione registrata tra le parti.
Nel decontestualizzare alcune espressioni la Corte territoriale ha ricavato in modo del tutto arbitrario che l’imputato avesse prospettato alla persona offesa l’impossibilità oggettiva di mantenere in piedi la compagine sociale.
2.3.Con i motivi aggiunti il ricorrente ha poi dedotto violazione dell’obbligo di motivazione rafforzata.
In caso di ribaltamento della decisione l’obbligo di motivazione rafforzata è imposto anche nei casi di riforma della sentenza liberatoria ai soli effetti civili (Sez.2, n. 43341 del 21/09/2023). Ha dunque ribadito le ragioni contenute nel secondo motivo di ricorso quanto alla interpretazione della conversazione registrata tra l’imputato e la persona offesa posta a fondamento della decisione.
La parte civile costituita, nel produrre la denunzia querela, ha contestato la individuazione del termine di prescrizione che sarebbe decorso solo dopo la
sentenza di primo grado dal momento che i fatti si sarebbero protratti almeno sino al 18 settembre 2010.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è nel suo complesso infondato.
1.11 primo motivo di ricorso è infondato.
La Corte territoriale ha affermato la responsabilità agli effetti civili, i applicazione del principio secondo cui, all’esito del gravame proposto dalla parte civile avverso la sentenza di assoluzione, il giudice d’appello, anche qualora sia intervenuta la presc:rizione del reato contestato, deve valutare la sussistenza dei presupposti per una dichiarazione di responsabilità limitata agli effetti civili e può condannare l’imputato al risarcimento del danno o alle restituzioni qualora reputi fondata l’impugnazione, in modo da escludere che possa persistere la sentenza di merito più favorevole all’imputato (Sez. 2, n. 6568 del 26/01/2022, Rv. 282689).
Se è stata pronunziata sentenza di assoluzione in primo grado e in appello venga accertato l’intervenuto decorso del termine di prescrizione anteriormente alla pronuncia di primo grado, il secondo giudice, che ripete i poteri del primo nei limiti del devoluto e agli effetti della devoluzione, non può condannare alle restituzioni e al risarcimento del danno, essendo le statuizioni civili escluse dalla cognizione penale fin dal primo grado. (Sez. 2, n. 39397 del 05/07/2019, Scalia, Rv. 277104).
1.1.Nel caso in esame, a seguito della riqualificazione del fatto come tentata violenza privata, la sentenza impugnata ha poi indicato quale termine di prescrizione del reato quella del “settembre 2017” che risulta effettivamente una data anteriore alla pronunzia della sentenza di primo grado avvenuta in data 4 dicembre 2017.
Tuttavia, come correttamente evidenziato anche nella memoria difensiva della parte civile, la sentenza impugnata ha erroneamente individuato il termine massimo di prescrizione nel settembre 2017: al riguardo occorre chiarire che la data in cui risulta essersi consumato il reato è quella del 18 settembre 2010, data in cui avveniva l’incontro tra COGNOME, COGNOME NOME e il figlio NOME e intercorreva la conversazione oggetto di registrazione nel corso della quale il primo diceva al secondo che se avesse acconsentito alla valutazione e alla successiva vendita delle quote” le cose (..) si sarebbero fermate ” (p.2 della sentenza impugnata).
Individuando il dies a quo nel 18 settembre 2010, il termine massimo prescrizionale pari ad anni sette e mesi sei, anche in assenza di cause di sospensione della prescrizione, risulta essere interamente decorso alla data del 18 marzo 2018 , dunque successivamente alla pronunzia della sentenza di primo grado con la conseguenza che la Corte territoriale, dopo avere rilevato la estinzione
del reato agli effetti penali per la intervenuta prescrizione, non solo poteva, ma doveva procedere alla valutazione ex art. 576 cod. proc. pen. dei motivi di ricorso agli effetti civili.
1.2. La individuazione della data del commesso reato emerge in modo chiaro dalla lettura delle due sentenze di merito laddove si opera un espresso riferimento alla data della conversazione con cui si sarebbe perfezionato il reato.
Né la individuazione di tale dato contrasta con le indicazioni contenute nel capo di imputazione nella sua originaria formulazione laddove, avuto riguardo al tempus commissi delicti, il Pubblico ministero procedente aveva indicato “in epoca antecedente e successiva a Marzo 2010”, ricomprendendo anche i mesi successivi alla data di marzo 2010.
2.11 secondo motivo e il connesso motivo aggiunto sull’obbligo di motivazione rafforzata risultano anche essi infondati.
2.1.Quanto alla configurabilità del reato di tentata violenza privata, il motivo non si confronta con le principali argomentazioni poste a fondamento della sentenza impugnata, sollecitando una rivalutazione di merito preclusa in sede di legittimità, sulla base di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (SU. n. 6402 del 30/04/1997, COGNOME, Rv. 207944).
In tema di ricorso per cassazione, il vizio di “contraddittorietà processuale” (o “travisamento della prova”) vede circoscritta la cognizione del giudice di legittimità alla verifica dell’esatta trasposizione nel ragionamento del giudice di merito del dato probatorio, rilevante e decisivo, per evidenziarne l’eventuale, incontrovertibile e pacifica distorsione, in termini quasi di “fotografia”, neutra e avalutativa, del “significante”, ma non del “significato”, atteso il persistente divieto di rilettura e di re-interpretazione nel merito dell’elemento di prova. (Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022, Dos Santos, Rv. 283370).
2.2. Contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, la Corte territoriale con motivazione esaustiva, logica e non contraddittoria ha già risposto alla specifica doglianza, chiarendo che:
con la pressione esercitata su COGNOME NOME rappresentata dal porre fine ad ogni conflitto con il di lui figlio NOME, si è realizzato un tentativo di coartare la volontà della vittima a cedere la sua quota sociale;
il ricorrente ha prospettato alla persona offesa un male ingiusto e cioè quello che avrebbe perseverato nella denuncia penale e nel licenziamento
del figlio NOME se non avesse ceduto le quote societarie.
Diversamente, in caso di cessione, “le cose si sarebbero fermate.”
2.3. Va peraltro evidenziato che anche la sentenza di primo grado, pur assolvendo il ricorrente dal reato di tentata estorsione, aveva ricostruito la vicenda fattuale nei medesimi termini pervenendo ad una pronuncia assolutoria solo perché non aveva ritenuto la vicenda come storicamente verificatasi sussumibile nella ipotesi della tentata estorsione.
2.4. Quanto al ribaltamento degli esiti decisori e all’obbligo di motivazione rafforzata, la sentenza impugnata si pone coerentemente nel solco della giurisprudenza di questa Corte espressamente richiamata (Sez.2 n.43341 del 21/09/2023, Semprevivo, ined.) che, dopo avere ribadito che l’obbligo di motivazione rafforzata, è imposto anche nei casi di riforma della sentenza liberatoria ai soli effetti civili, “non si risolve in un dato merament quantitativo, ma richiede che il giudice confuti la motivazione della sentenza liberatoria riformata con maggior grado di persuasività (..)in tal modo svolgendo un apprezzamento complessivo di tutto il corredo probatorio, depotenziando razionalmente le prove su cui il giudice di primo grado aveva, invece, fondato la sentenza di assoluzione.”
3.11 rigetto del ricorso impedisce l’accoglimento della richiesta di condanna della parte civile ai sensi dell’art.541 comma secondo cod. proc. pen.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma 15 ottobre 2024
Il consigliere estensore