Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 12237 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 12237 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato ad ADRIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/11/2023 della CORTE di APPELLO di FIRENZE visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso; ricorso trattato con contraddittorio scritto ai sensi dell’art. 23, comma 8, D. L.
137/2020.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Firenze con sentenza del 16/11/2023 – in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Arezzo del 8/3/2021, che aveva condannato NOME COGNOME per il reato ascrittogli – dichiarava non luogo a procedere essendo il reato estinto per prescrizione, confermando le statuizioni civili.
L’imputato, a mezzo del difensore, ha interposto ricorso per cassazione, eccependo con il primo motivo la violazione degli artt. 129, comma 2 e 530 cod. proc. pen. Evidenzia che in atti erano ravvisabili, in modo evidente e non contestabile, elementi idonei ad escludere la rilevanza penale del fatto, di talchè era possibile addivenire ad una pronuncia di assoluzione ai sensi dell’art. 129
-717)
cod. proc. pen.; che, invero, come emerge da diversi provvedimenti emessi in procedimenti diversi, prodotti al giudice di primo grado, la conoscibilità del dissesto della RAGIONE_SOCIALE può essere collocata solo nel dicembre del 2013, per cui a giugno, quando fu sottoscritto l’investimento, l’imputato (direttore della filial RAGIONE_SOCIALE Milano 1 di INDIRIZZO) non poteva nemmeno immaginare la situazione di dissesto che avrebbe portato alla messa in liquidazione ed alla successiva dichiarazione di insolvenza dell’istituto di credito.
2.1 Con il secondo motivo deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., per contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione della sentenza di appello nella parte in cui da un lato condivide l’impostazione del giudice di primo grado – secondo cui la truffa sarebbe giunta a consumazione il 22/11/2015, quando le obbligazioni subordinate e le azioni sono state azzerate nell’ambito della procedura di risoluzione – per poi ritenere il fatto accertato ne giugno 2013, circostanza quest’ultima che avrebbe dovuto portare ad una pronuncia di assoluzione ex art. 129 cod. proc. pen. per evidente ed immediata percezione dell’assenza dell’elemento soggettivo del reato per le ragioni esposte al punto 2. Precisa, inoltre, il difensore che la natura subordinata delle obbligazioni incriminate comportava in caso di liquidazione o di sottoposizione a procedure concorsuali dell’istituto di credito emittente la postergazione del creditore nel recupero dell’investimento, non certo la perdita di esso, avveratasi solo per effetto di un intervento normativo del 2015, che mutava la disciplina di gestione delle crisi bancarie; che, dunque, la perdita del capitale costituisce un fatto successivo alla commissione del reato, che non può essere considerato dal punto di vista della consapevolezza dell’agente di provocare alla persona offesa un danno patrimoniale di rilevante entità. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.2 Con il terzo motivo lamenta la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., per contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione della sentenza di appello nella parte in cui ritiene sussistente la condotta integrante la truffa contestata per travisamento della prova. Rileva che la sentenza di primo grado si fonda sul fallace presupposto secondo cui nel periodo di riferimento, dunque, nel giugno 2013, l’imputato avrebbe fatto sottoscrivere per due volte il questionario MIFID alla persona offesa al fine di procedere alla vendita delle obbligazioni subordinate della RAGIONE_SOCIALE, mentre risulta dagli atti che il questionario fu rilasciato in data 19/6/2012, quando il collocamento dei titoli incriminati non era stato neppure deliberato dalla banca. Di conseguenza, mai il documento potrebbe essere stato raccolto al momento della sottoscrizione dell’investimento, affinché il sistema ritenesse l’operazione congrua con il profilo di rischio della cliente. Osserva ancora che, a differenza di quanto sostenuto dai giudici di merito, la persona offesa non era la sprovveduta anziana, sola e non
avvezza ad effettuare operazioni di investimento in autonomia; che, dunque, si è in presenza di un travisamento probatorio idoneo a disarticolare l’intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione, in considerazione della essenziale forza dimostrativa di entrambi gli elementi fraintesi.
2.3 Con il quarto motivo deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., per aver statuito la Corte territoriale senza vagliare i moti di appello.
2.4 Con il quinto motivo lamenta la violazione degli artt. 578 cod. proc. pen. e 2043 cod. civ. per l’insussistenza dei presupposti previsti dalla norma sostanziale a fini risarcitori. Ritiene che nessun rimprovero possa essere mosso al COGNOME, neppure ai sensi dell’art. 2043 cod. civ., sconfessando in radice qualsiasi ipotesi di negligenza per una gestione superficiale del rapporto con la cliente; che, in ogni caso, l’eventuale responsabilità dovrebbe essere ravvisata in capo all’istituto di credito, anche se la condotta negligente appare riferibile a singolo lavoratore, atteso che è la banca il soggetto tenuto a sopportare il rischio di impresa.
2.5 In data 16/2/2024 è pervenuta nota di trattazione scritta con cui si insiste nell’accoglimento del ricorso.
In data 16/2/2024 sono pervenute conclusioni scritte della parte civile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso va accolto per essere fondati i primi quattro motivi.
Invero, la Corte territoriale ha pronunciato una sentenza di condanna ai fini civili non a cognizione piena, atteso che – dichiarata l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione, stante l’assenza di cause di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. ai fini della responsabilità penale – ha confermato le statuizioni civili senza, tuttavia, approfondire il compendio probatorio e le doglianze proposte con i motivi di appello.
In proposito, la giurisprudenza di legittimità ha avuto cura di evidenziare che «la disposizione di cui al secondo comma dell’art. 129 c.p.p. deve coordinarsi con la presenza della parte civile e con una pronuncia di una condanna di primo grado: in tal caso, infatti, il giudice dell’appello – nel prendere atto di una cau estintiva del reato verificatasi nelle more del giudizio di secondo grado – è tenuto a pronunciarsi, ai sensi dell’art. 578 c.p.p., sull’azione civile: deve quin necessariamente compiere una valutazione approfondita dell’acquisito compendio probatorio, senza essere legato ai canoni di economia processuale che impongono la declaratoria della causa di estinzione del reato quando la prova della innocenza non risulti ictu oculi» (Sezioni Unite, n. 35490 del
28/5/2009, COGNOME, in motivazione; principio questo ripreso in motivazione anche da Sezioni Unite n. 22065 del 28/1/2021, COGNOME). Le Sezioni Unite COGNOME, sul punto, richiamano Sezione 6, n. 1748 del 10/11/2005, COGNOME, secondo cui «la pronuncia ex art. 578 c.p.p. fa stato tra le parti e dunque si impone, pur in presenza della causa estintiva, un esame approfondito di tutto quanto rilevi ai fini della responsabilità civile (mentre ciò che riguard esclusivamente la responsabilità penale senza incidere su quella civile non deve essere oggetto di esame quando ricorre la causa estintiva). Se da questo esame emerge la prova della innocenza, si dovrà ricorrere alla corrispondente formula assolutoria, in quanto l’obbligo di declaratoria immediata della causa estintiva si basa sul principio di economia processuale; pertanto, quando l’esame ex professo di altri aspetti è effettuato, sia pure per esigenze di decisione non penale, l’accertamento effettuato non può essere posto nel nulla e può portare ad una assoluzione di merito, riprendendo vigore come canone interpretativo quello del favor rei», ciò sempre che sussista l’interesse del ricorrente. Nel caso di specie, rileva il Collegio che, sia nel ricorso, che nella successiva nota d trattazione scritta, la difesa ha insistito nell’evidenziare il permane dell’«interesse dell’imputato alla rilevata prescrizione del reato», con l conseguenza che il giudizio a cognizione piena deve avere ad oggetto solo il profilo della responsabilità civile.
1.1 II quinto motivo resta assorbito.
1.2 Resta da individuare il giudice del rinvio che, alla luce dell considerazioni svolte e tenuto conto della mancata rinuncia alla causa estintiva, va indicato nel giudice civile. Invero – premesso che nel nostro ordinamento vige il principio della separazione dei giudizi, penale e civile, essendo prevalente, nel disegno del codice, l’esigenza di speditezza e di sollecita definizione del processo penale rispetto all’interesse del soggetto danneggiato di esperire la propria azione nel processo medesimo (Corte Cost., sentenza n. 168 del 2006; in senso analogo, sentenza n. 23 del 2015) – ritiene il Collegio che, per un verso, sia irrilevante l’eventuale pregiudizio derivante alla parte civile dall’applicazione n giudizio di rinvio delle regole e delle forme della procedura civile, che potrebbero ritenersi meno favorevoli agli interessi del danneggiato dal reato rispetto a quelle del processo penale, dominato dall’azione pubblica di cui può beneficiare indirettamente il danneggiato stesso, atteso che tale soggetto, quando sceglie di azionare la pretesa risarcitoria nel processo penale, sa che quest’ultimo può concludersi senza un accertamento delle responsabilità penale dell’imputato per estinzione del reato o improcedibilità e che il processo potrà proseguire dinanzi al giudice civile, ritornando, così, nella sua sede naturale; che, per altro verso, nemmeno sussiste un profilo di frustrazione delle aspettative dell’imputato, posto
che il perseguimento dell’interesse ad un pieno accertamento della sua innocenza, anche ai fini della responsabilità civile, può ben essere assicurato dall’opzione di rinuncia alla prescrizione o all’amnistia (Sezioni Unite, COGNOME, cit. e Sezioni Unite, n. 40109 del 18/7/2013, Sciortino, Rv. 256087 – 01), opzione che nel caso di specie non è stata azionata, tenuto conto che – come si è detto – il difensore, sia nel ricorso, che nella successiva nota di trattazion scritta, ha ribadito l’«interesse dell’imputato alla rilevata prescrizione del reato».
Dunque, l’art. 622 cod. proc. pen. si pone come norma di eccezione, che legittima il coinvolgimento del giudice civile, una volta che siano venute meno le condizioni per radicare la decisione in capo al giudice penale. Ed invero, l’incipit («fermi gli effetti penali della sentenza») sta ad indicare che tutto ciò che riguarda il versante penale del fatto non può più essere posto in discussione e la cognizione delle questioni di natura civilistica passa, quando occorre, al giudice civile competente per valore in grado di appello, come emerge dal testo della norma. La ratio dell’art. 622 va ravvisata, cioè, in linea con la richiamata autonomia e separatezza dell’azione civile, nella volontà di escludere la perdurante attrazione delle pretese civili nel processo penale una volta che siano definitive le statuizioni di carattere penale, di talchè – tornando al caso che si st scrutinando – deve rilevarsi che non vi è dubbio che la dichiarazione di estinzione del reato per intervenuta prescrizione determini il passaggio in giudicato della sentenza di proscioglimento agli effetti penali e non possa più essere posta in discussione.
Va, infine, evidenziato come la prospettata lettura interpretativa dell’art. 622 cod. proc. pen., sulla scia di Sezioni Unite COGNOME, sia del tutto in linea con le garanzie dell’equo processo stabilite dall’art. 6 CEDU e dell’art. 16 della Direttiva 25 ottobre 2012 del Parlamento Europeo e del Consiglio in materia di protezione delle vittime del reato, in quanto l’applicazione delle regole del processo penale non trova alcuna significativa giustificazione quando residuino solo interessi civili (Corte EDU, Sezione 1, 28 marzo 2020, Barletta e Farnetano c. Italia); del resto, secondo la giurisprudenza della Corte EDU, non è incompatibile con il canone convenzionale l’accertamento affidato alla duplice giurisdizione nazionale – civile e penale – che, per un verso, proclami l’assenza di responsabilità penale e, per l’altro, statuisca la condanna risarcitoria.
Si impone, in conclusione, l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente agli effetti civili, con rinvio, ai sensi dell’art. 622 cod. proc. pen giudice civile competente per valore in grado di appello.
Va rigettata la richiesta di liquidazione delle spese avanzata dalla parte civile, in quanto le conclusioni scritte depositate non hanno fornito alcun
contributo utile alla decisione, atteso che non è stata esplicata alcuna attivit diretta a contrastare l’avversa pretesa a tutela dei propri interessi d natura civile risarcitoria. La memoria contiene null’altro che una dichiarazione di adesione alle conclusioni rassegnate dal Procuratore generale, che – per essere del tutto generica – non risulta pertinente rispetto alle questioni trattate presente giudizio e non risulta di nessuna utilità per la decisione (Sezioni Unite, n. 877 del 14/7/2022, COGNOME, in motivazione; Sezioni Unite, ord. n. 5466 del 28/1/2004, Gallo, Rv. 226716 – 01; Sezione 6, n. 28615 del 28/4/2022, COGNOME, Rv. 283608 – 02; Sezione 5, n. 19177 del 31/1/2022, COGNOME, Rv. 283118 – 01; Sezione 4, n. 36535 del 15/9/2021, A., Rv. 281923 – 01; Sezione 2, n. 33523 del 16/6/2021, D., Rv. 281960 – 03). In particolare, «l’impegno cui si ricollega il diritto al ristoro delle spese sostenute non può esaurirsi nella pura semplice presentazione delle richieste finali e della nota spese, ma deve consistere nella prospettazione, a sostegno delle medesime, degli argomenti ritenuti idonei allo scopo di contrastare l’iniziativa dell’imputato, in guisa c risulti evidente la “partecipazione” non meramente formale, ma effettiva e feconda dell’interessato al processo dialettico in cui si articola anche il particola rito in considerazione» (Sezione 5, ord. n. 30743 del 26/3/2019, Loconsole, Rv. 277152 – 01).
P. Q. M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente agli effetti civili, con rinvio per nuovo giudizio al giudice civile competente per valore in grado di appello.
Rigetta la richiesta di liquidazione delle spese processuali formulata dalla parte civile NOME.
Così deciso in Roma, il giorno 23 febbraio 2024.