Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 35812 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 35812 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME nato a SALERNO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 07/02/2025 della Corte d’appello di Salerno
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
Letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso;
Lette le conclusioni scritte del difensore della parte civile, AVV_NOTAIO, il quale ha chiesto il rigetto dei motivi di ricorso;
Letta la memoria di replica del difensore dell’imputato, AVV_NOTAIO, il quale ha insistito nei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza del 7 febbraio 2025, la Corte di appello di Salerno ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di COGNOME NOME in ordine ai reati di cui agli artt. 595, comma 3, cod. pen. e 13 legge n. 47 del 1948 in quanto estinti per intervenuta prescrizione, confermando nel resto la sentenza impugnata, con condanna dell’imputato al pagamento delle spese sostenute dalla parte civile costituita.
Il Tribunale di Salerno ha ritenuto l’imputato responsabile dei delitti di diffamazione aggravata, contestati ai capi A) e B), in relazione alla pubblicazione
di due articoli sul quotidiano ‘L e cronache del Mezzogiorno’, in cui era riportato il contenuto di un esposto a firma dell’imputato, indirizzato a vari organi del Comune di Battipaglia nel quale si lamentava: la mancata promozione di azione disciplinare nei confronti del comandante della Polizia locale, NOME COGNOME; l’ illegittimità della delibera di Giunta municipale con la quale era stato consentito il passaggio del predetto COGNOME dal ruolo di funzionario amministrativo a quello di funzionario di vigilanza nonostante la necessità di un concorso pubblico per la modifica del profilo professionale.
La Corte di appello , pur accertando l’intervenuta prescrizione, ha respinto la tesi difensiva sostenuta dall’appellante in relazione alla estraneità dell’imputato ai fatti contestati sul presupposto che la nota sarebbe stata trasmessa dal suo legale; ha, altresì, escluso la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della esimente del diritto di critica stante l’avvenuto superamento del limite di continenza.
NOME NOME ha proposto ricorso con atto a firma del suo difensore.
2.1. Con unico motivo denuncia violazione di legge penale e vizio di motivazione deducendo che: il giornalista (il cui verbale di deposizione risulta allegato al ricorso) aveva riferito di avere ricevuto le notizie pubblicate dal legale dell’imputato e non sussisterebbero elementi da cui ritenere che la pubblicazione sia stata autorizzata da quest’ultimo ; è incontestato che la parte civile abbia goduto di situazioni di comodo da parte dell ‘ amministrazione comunale di appartenenza e sarebbe inconfutabile l’illegittimità della delibera che aveva autorizzato il passaggio della medesima parte dal ruolo del personale amministrativo a quello del personale di vigilanza, in quanto indicante un parere dell’ARAN mai rilasciato e, pertanto, falso; lo stesso primo giudice aveva sottolineato l’esistenza di ‘ effettivi risvolti di ambiguità ‘ nella vicenda senza, tuttavia, affrontare il problema della legittimità della delibera di Giunta comunale cui il contestato articolo aveva fatto riferimento; la sentenza impugnata avrebbe omesso di motivare sulle doglianze difensive articolate con i motivi di appello; il linguaggio adoperato nell’articolo, inoltre, non era allusivo né irrispettoso.
Con successiva memoria di replica la difesa dell’imputato ha insistito nell’accoglimento del ricorso, ribadendo che la sentenza impugnata non avrebbe mai sconfessato i fatti e che non sarebbe configurabile, pertanto, alcuna lesione alla reputazione del COGNOME; inoltre non emergerebbe dalla sentenza alcuna valutazione circa l’ iter amministrativo che ha portato il medesimo dalle funzioni amministrative alle funzioni di vigilanza.
Il Sostituto Procuratore generale ha concluso riportandosi alla requisitoria scritta con la quale aveva chiesto il rigetto del ricorso.
Il difensore della parte civile ha chiesto il rigetto dei motivi di ricorso.
Il difensore dell’imputato ha fatto pervenire una nota con cui ha comunicato che non avrebbe potuto presenziare all’udienza , senza addurre legittimo impedimento e non opponendosi alla definizione del procedimento, riportandosi alla memoria di replica depositata telematicamente con la quale ha insistito nell’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
1.In via preliminare occorre considerare che, con la sentenza impugnata, la Corte territoriale, intervenuta la condanna in primo grado, si è pronunciata, a margine della declaratoria della causa di estinzione del reato per prescrizione, anche sugli interessi civili, a norma dell’art. 578 cod. proc. pen. che attribuisce al giudice dell’impugnazione il potere di pronunciarsi sulla stessa e di accertare la responsabilità civile anche in caso di declaratoria di prescrizione del reato, ossia in difetto di condanna dell’imputato agli effetti penali.
La sentenza impugnata si è attenuta al principio di diritto recentemente espresso dalla sentenza delle Sezioni Unite Calpitano secondo cui «Nel giudizio di appello avverso la sentenza di condanna dell’imputato anche al risarcimento dei danni, il giudice, intervenuta nelle more l’estinzione del reato per prescrizione, non può limitarsi a prendere atto della causa estintiva, adottando le conseguenti statuizioni civili fondate sui criteri enunciati dalla sentenza della Corte Costituzionale n.182 del 2021, ma è comunque tenuto, stante la presenza della parte civile, a valutare, anche a fronte di prove insufficienti o contraddittorie, la sussistenza dei presupposti per l’assoluzione nel merito» (Sez. U, n. 36208 del 28/03/2024, Calpitano, Rv. 286880).
Come già precedentemente affermato dalla sentenza delle Sezioni Unite Tettamanti (Sez. U, 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244275-244274), il Supremo Consesso ha ribadito che, ove maturi la causa estintiva nel giudizio di appello, in assenza di una rinuncia alla prescrizione, la presenza della parte civile apre ad una cognizione piena sull’accusa penale, consentendo il proscioglimento nel merito dell’imputato secondo il canone di giudizio dettato dall’art. 530, commi 1 e 2 cod. proc. pen., divenendo in tal caso recessiva l’esigenza di speditezza del processo, e riemergendo «l’imperativo di assolvere l’imputato non solo a fronte dell’evidenza dell’innocenza, come espressamente previsto dall’art. 129, comma 2, cod. proc. pen., ma anche nel caso in cui, pur essendovi alcuni elementi probatori
a carico, essi siano inidonei a fondare una dichiarazione di responsabilità penale secondo la regola di giudizio di cui al secondo comma dell’art. 530 del codice di rito».
Ciò in quanto, l’accertamento del diritto al risarcimento del danno da reato implica, infatti, nel rispetto del contraddittorio, anche il diritto alla prova contraria, garantita a livello costituzionale dall’art. 111, terzo comma, Cost. e dall’art. 495, comma 2, cod. proc. pen. in conformità all’art. 6 § 3 lett. d) CEDU.
Seguendo tale impostazione, va rilevato come la sentenza impugnata si presenti adeguata sia in merito al canone di giudizio adottato che alla motivazione posta a fondamento della dichiarata prescrizione del reato.
2.1.Nei confronti dell’imputato è stato dichiarato non doversi procedere per intervenuta prescrizione in merito alla condotta consistita nell’ avere determinato la pubblicazione, su un quotidiano, di un articolo a contenuto diffamatorio nei confronti di COGNOME NOME, comandante della Polizia municipale del Comune di Battipaglia. In particolare, l’articolo in questione, pubblicato in due diverse giornate ma con contenuti sovrapponibili, ha riportato, per estratto, il contenuto di un esposto a firma dell’imputato ed il profilo diffamatorio è stato ravvisato in relazione ad un duplice contenuto: in ordine all ‘ affermazione che nei confronti del COGNOME non è stata posta in essere alcuna iniziativa disciplinare ancorché segnalato per una condotta in tal senso rilevante, in danno di un agente della Polizia municipale; inoltre, in ordine alla segnalata ‘ illegittimità della delibera di Giunta comunale del 30/12/2004 attraverso la quale il COGNOME era divenuto funzionario di vigilanza, previo passaggio dal diverso ruolo di funzionario amministrativo, benché per la modifica del profilo professionale dei dipendenti pubblici occorresse superare un concorso pubblico ‘. Lo stesso capo di imputazione ha indicato in modo specifico le ragioni per le quali il contenuto dell’esposto dovesse essere ritenuto diffamatorio in considerazione del fatto che la segnalazione disciplinare era stata oggetto di un provvedimento di archiviazione da parte del dirigente della polizia municipale; inoltre, in merito al secondo profilo, anche relativamente alla presunta falsità della suindicata delibera di Giunta, era intervenuta archiviazione del procedimento penale, giusta ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Salerno del 20/10/2005, della quale l’imputato era a conoscenza per avere partecipato al relativo procedimento ed essersi opposto alla richiesta di archiviazione.
Ricostruita, nei punti fattuali, la vicenda in esame, deve rilevarsi l’infondatezza del primo motivo di ricorso con cui si deduce la presunta estraneità dell’imputato all’avvenuta pubblicazione dell’articolo, stante la congruità della
motivazione espressa dalla Corte di appello- rispetto ad analoga doglianza -con cui ha sottolineato che il legale dell’imputato non ha agito all’insaput a del suo cliente, ma su suo mandato precisando che quest ‘ultimo aveva « anche allegato, oltre l’esposto, le note indirizzate all’organo di stampa per consentirne la pubblicazione» (pag.9). Rispetto a tale motivazione la difesa non si confronta spendendo argomentazioni non idonee a confutarla sul piano logico, limitandosi a sostenere l’estraneità ai fatti dell’imputato, con affermazione assertiva e non suscettibile di essere superata neppure attraverso l’allegata dichiarazione resa dal giornalista che ha confermato unicamente il ruolo di tramite del legale dell’imputato nel fargli pervenire l’esposto a firma del suo cliente. La censura è, pertanto, inammissibile.
3.1. Le ulteriori doglianze su cui poggia il ricorso sono affidate alla tesi della presunta veridicità delle circostanze rappresentate negli articoli in contestazione, e veicolate attraverso l’esposto a firma dell’imputato . In particolare, il ricorrente si duole della mancata motivazione, da parte della Corte territoriale, rispetto alle circostanze evidenziate con l’atto di gravame, e con successiva memoria conclusiva del 9 gennaio 2024, concernenti le ragioni per cui l’ iter procedurale della delibera di trasferimento del COGNOME ad altre mansioni avrebbe dovuto ritenersi illegittimo , individuate nell’avere la delibera fatto menzione di un parere dell’ARAN in realtà inesistente.
La censura, tuttavia, appare assertiva non risultando dimostrata la circostanza dedotta, in ordine al mancato rilascio del suindicato parere. Deve, peraltro, considerarsi che la doglianza attiene ad un presunto profilo di illegittimità che non era stato mai indicato dall’imputato nelle note a sua firma, trasmesse per il tramite del suo difensore agli organi di stampa, nelle quali non è dato leggere alcun riferimento ad un parere ARAN asseritamente inesistente.
Rispetto, peraltro, al contenuto della contestata delibera, ovvero alla presunta illegittimità della nomina del COGNOME a funzionario di vigilanza, previo passaggio da ruolo amministrativo, la sentenza di primo grado ha rilevato ‘ la legittimità del cambio di qualifica del profilo professionale del COGNOME ‘ ricordando che ‘ l’azione della pubblica amministrazione risulta legittima se le mansioni proprie del profilo professionale di provenienza e quelle proprie del profilo attribuito siano entrambe riconducibili nella medesima categoria contrattuale anche con riferimento al personale della Polizia locale ‘ . La stessa sentenza ha, peraltro, sottolineato che ‘ il COGNOME risultava già vincitore di un concorso per funzionario amministrativo, mansione riconducibile alla stessa categoria contrattuale del profilo professionale in seguito attribuitogli ‘ e che, ancorché le note a firma della dell’imputato delineassero ‘ una vicenda dai contorni foschi lasciando prefigurare reati commessi allo scopo di favorire la posizione della persona offesa ‘, tuttavia le vicende
richiamate ‘ avevano trovato un epilogo favorevole al COGNOME quanto al procedimento archiviato senza che fosse lecito ipotizzarsi il sopravvenire di fatti nuovi o diversi idonei a resuscitare l’interesse pubblico dianzi evidenziato ‘ ( pag.16).
3.2.Relativamente, inoltre, alla condotta asseritamente suscettibile di rilievo disciplinare indicata nell’articolo – connessa ad una lite avvenuta con un agente di polizia municipale, COGNOME NOME – la sentenza di primo grado ha evidenziato che ‘ il procedimento disciplinare nei confronti del COGNOME non ebbe seguito sulla base di un’indagine interna effettuata successivamente, anche in relazione a quanto riferito dagli altri agenti presenti al fatto e non per ragioni di connivenza ‘ non mancando altresì di evidenziare, che la stessa COGNOME NOME, pur precisando di non avere sminuito la vicenda, aveva confermato di non avere spedito altra azione per l’accaduto(pag.15).
3.3. Esclusa, pertanto, la dimostrazione della veridicità delle circostanze rappresentate, il Collegio ritiene corretta la decisione della Corte di appello, in armonia con i consolidati principi elaborati da questa Corte sul limite della continenza nella forma espositiva che costituisce uno dei presupposti per il riconoscimento dell’esercizio del diritto di critica. L’elaborazione ermeneutica di questa Corte giunge costantemente ad affermare che, in tema di diffamazione, l’esimente del diritto di critica postula una forma espositiva corretta, strettamente funzionale alla finalità di disapprovazione e che non trasmodi nella gratuita ed immotivata aggressione dell’altrui reputazione, pur non vietando l’utilizzo di termini che, sebbene oggettivamente offensivi, siano insostituibili nella manifestazione del pensiero critico in quanto non hanno adeguati equivalenti (Sez 5, n. 15089 del 29/11/2019, dep.2020, Rv. 279084; Sez. 5, Sentenza n. 17243 del 19/02/2020, Rv. 279133; Sez. 5, n. 31669 del 14/04 /2015, Rv. 264442). Nella fattispecie in esame, il suddetto limite risulta superato in quanto la rappresentazione dei fatti contenuta nell’esposto , incentrata sul richiamo di circostanze inconfutabilmente sconfessate in altre sedi, appare univocamente ed esclusivamente interpretabile come offesa personale diretta a screditare la parte civile, raffigurato come funzionario ‘favorito ingiustamente e contra legem ‘ , dall’amministrazione di appartenenza (pag. 11 della sentenza impugnata).
In conclusione il ricorso deve essere rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute dalla parte civile che liquida in euro 3.800,00 oltre accessori di legge.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile che liquida in complessivi euro 3800,00, oltre accessori di legge.
Così è deciso, 30/09/2025
Il AVV_NOTAIO estensore
Il Presidente COGNOME
NOME COGNOME