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Prescrizione e diffamazione: condanna civile confermata

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna al risarcimento dei danni per un caso di diffamazione aggravata, nonostante il reato fosse stato dichiarato estinto per prescrizione. La sentenza stabilisce che, ai fini civili, il giudice deve comunque valutare nel merito la responsabilità dell’imputato. In questo caso, il diritto di critica è stato ritenuto superato perché le accuse, pubblicate a mezzo stampa, erano basate su fatti già smentiti in altre sedi e formulate in modo da screditare la persona offesa, configurando un’offesa personale.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Prescrizione e Diffamazione: La Cassazione Conferma il Risarcimento Civile

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 35812/2025, affronta un tema cruciale nel rapporto tra il processo penale e le tutele civilistiche: cosa succede quando interviene la prescrizione e diffamazione è il reato contestato? La risposta della Suprema Corte è chiara: l’estinzione del reato non cancella automaticamente l’obbligo di risarcire il danno. Il giudice, anche in appello, ha il dovere di valutare la fondatezza dell’accusa ai soli fini della responsabilità civile, confermando la condanna al risarcimento se la colpevolezza emerge chiaramente dagli atti.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine dalla pubblicazione su un quotidiano di due articoli che riportavano il contenuto di un esposto. L’autore dell’esposto accusava il comandante della Polizia locale di un Comune di presunte irregolarità, tra cui la mancata apertura di un procedimento disciplinare a suo carico e l’illegittimità del suo passaggio da un ruolo amministrativo a quello di funzionario di vigilanza. Tali affermazioni, secondo l’accusa, ledevano la reputazione del comandante, integrando il reato di diffamazione aggravata a mezzo stampa.

Il Percorso Giudiziario e la questione della prescrizione e diffamazione

In primo grado, il Tribunale aveva condannato l’autore dell’esposto per diffamazione. Successivamente, la Corte d’Appello, pur riconoscendo l’intervenuta prescrizione del reato, aveva confermato le statuizioni civili, condannando l’imputato al pagamento delle spese legali in favore della parte civile. La Corte territoriale aveva respinto le tesi difensive, secondo cui le notizie erano state trasmesse alla stampa dal legale dell’imputato a sua insaputa e che, in ogni caso, si trattava di legittimo esercizio del diritto di critica. Secondo i giudici d’appello, era stato superato il limite della continenza, ovvero della correttezza formale dell’esposizione.

Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso in Cassazione, insistendo sulla sua estraneità alla pubblicazione e sulla veridicità dei fatti denunciati.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, fornendo importanti chiarimenti su diversi profili giuridici.

Responsabilità civile oltre la prescrizione

In via preliminare, la Corte ribadisce un principio consolidato, espresso anche dalle Sezioni Unite: quando nel giudizio di appello matura la prescrizione del reato, se è presente una parte civile, il giudice non può semplicemente prenderne atto. Deve, al contrario, procedere a una valutazione completa del merito dell’accusa. Questo significa che la condanna al risarcimento del danno può essere confermata solo se non emergono elementi per un’assoluzione piena dell’imputato, come previsto dall’art. 530 c.p.p. (ad esempio, perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso).

Il Superamento dei Limiti del Diritto di Critica

Il nucleo centrale della decisione riguarda i confini del diritto di critica. La Cassazione chiarisce che tale diritto, per essere legittimamente esercitato, richiede il rispetto di tre limiti: la verità (o verosimiglianza) dei fatti, l’interesse pubblico alla conoscenza degli stessi e la continenza espositiva.

Nel caso di specie, il limite è stato ampiamente superato. Le circostanze riportate nell’esposto e poi negli articoli erano state “inconfutabilmente sconfessate in altre sedi”: i procedimenti penali e disciplinari a carico del comandante erano già stati archiviati. La pubblicazione di accuse già smentite non può rientrare nel diritto di critica, ma si trasforma in un’offesa personale diretta a screditare la vittima. La Corte sottolinea come l’imputato abbia raffigurato il comandante come un funzionario “favorito ingiustamente e contra legem”, un’espressione che trascende la critica e diventa un attacco alla reputazione.

La Responsabilità per la Pubblicazione

Infine, la Corte ha ritenuto inammissibile la censura con cui l’imputato cercava di scaricare la responsabilità della pubblicazione sul proprio legale. La motivazione della Corte d’Appello, che aveva evidenziato come l’imputato avesse allegato all’esposto delle note indirizzate proprio agli organi di stampa per favorirne la diffusione, è stata giudicata logica e non adeguatamente contestata dalla difesa.

Le Conclusioni

La sentenza in esame offre due insegnamenti fondamentali. In primo luogo, la prescrizione e diffamazione non sono un binomio che garantisce l’impunità: l’estinzione del reato non cancella le conseguenze civili e l’obbligo di risarcire il danno arrecato. In secondo luogo, il diritto di critica non è assoluto. Diffondere accuse su fatti la cui infondatezza è già stata accertata e utilizzare un linguaggio che mira a denigrare la persona anziché criticarne l’operato, costituisce una condotta diffamatoria che non può essere scriminata. La libertà di espressione si ferma dove inizia la deliberata aggressione all’altrui reputazione.

Se un reato di diffamazione viene dichiarato prescritto, il responsabile deve comunque risarcire il danno?
Sì. Se è già intervenuta una condanna in primo grado e nel processo è costituita la parte civile, il giudice d’appello, pur dichiarando la prescrizione del reato, deve valutare nel merito la responsabilità dell’imputato. Se non emergono elementi per un’assoluzione, la condanna al risarcimento dei danni viene confermata.

Quali sono i limiti del diritto di critica per non incorrere in diffamazione?
Il diritto di critica non è diffamatorio se rispetta il limite della continenza, ovvero se la forma espositiva è corretta e funzionale alla disapprovazione, senza trascendere in un’aggressione gratuita e immotivata alla reputazione altrui. La rappresentazione di fatti già smentiti in altre sedi giudiziarie, volta a screditare una persona, supera tale limite.

Chi è responsabile se un avvocato trasmette alla stampa un esposto diffamatorio per conto del suo cliente?
La responsabilità ricade sul cliente (l’autore dell’esposto) se emerge che ha dato mandato al proprio legale di diffondere le notizie o ha comunque agito per consentirne la pubblicazione, ad esempio allegando note specifiche per la stampa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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