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Prescrizione e danni: no condanna se c’è assoluzione

Un imputato, assolto in primo grado da un reato fiscale, era stato condannato in appello al risarcimento dei danni civili, nonostante la Corte avesse dichiarato la prescrizione del reato. La Cassazione ha annullato tale condanna, stabilendo un principio fondamentale: in caso di prescrizione in appello, la condanna al risarcimento è illegittima se l’imputato era stato assolto nel precedente grado di giudizio. La decisione si fonda sull’articolo 578 del codice di procedura penale, che presuppone una precedente sentenza di condanna per poter deliberare sugli effetti civili.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Prescrizione e Risarcimento: la Cassazione fissa i paletti

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 25912/2025, affronta un tema cruciale nel diritto processuale penale: il rapporto tra la prescrizione del reato e le statuizioni civili. Il caso in esame chiarisce che se un imputato viene assolto in primo grado, la Corte d’Appello non può condannarlo al risarcimento dei danni, neppure se dichiara il reato estinto per intervenuta prescrizione. Si tratta di un principio che rafforza le garanzie difensive e definisce con precisione i poteri del giudice penale in materia civile.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine da una sentenza di assoluzione emessa dal Tribunale di Treviso nei confronti di un imputato per un reato fiscale previsto dall’art. 2 del D.Lgs. 74/2000. Il Pubblico Ministero, non condividendo la decisione, proponeva appello.

La Corte di Appello di Venezia, riformando la sentenza di primo grado, giungeva a una conclusione peculiare: da un lato, dichiarava di non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato; dall’altro, condannava l’imputato al risarcimento dei danni a favore delle parti civili e alla rifusione delle spese legali. L’imputato, ritenendo illegittima tale condanna, proponeva ricorso per Cassazione.

Prescrizione del reato e limiti del giudice d’appello

Il ricorrente basava la sua difesa su un punto di diritto fondamentale: la violazione degli articoli 538 e 578 del codice di procedura penale. Sosteneva che la Corte d’Appello non avrebbe potuto condannarlo al risarcimento dei danni, poiché in primo grado era stato assolto. Inoltre, le parti civili non avevano impugnato la sentenza di assoluzione, né si erano costituite nel giudizio di appello.

L’articolo 578 c.p.p. stabilisce che il giudice d’appello, nel dichiarare estinto il reato per amnistia o prescrizione, decide sull’impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili. La Cassazione ha chiarito che questa norma presuppone necessariamente l’esistenza di una precedente condanna, anche generica, al risarcimento dei danni.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, affermando un principio consolidato in giurisprudenza: è illegittima la condanna dell’imputato al risarcimento dei danni in favore della parte civile quando, in riforma di una sentenza di assoluzione, il giudice d’appello dichiari la prescrizione del reato.

Il ragionamento della Corte è lineare: il potere del giudice penale di decidere sulle questioni civili (restituzioni e risarcimento) è strettamente connesso all’accertamento di una responsabilità penale. Se in primo grado tale responsabilità è stata esclusa con una sentenza di assoluzione, manca il presupposto fondamentale per qualsiasi statuizione civile.

In altre parole, la sentenza di assoluzione “cristallizza” l’assenza di responsabilità penale in quel grado di giudizio. Il giudice d’appello, nel dichiarare la prescrizione, non compie un accertamento di colpevolezza, ma si limita a prendere atto di una causa estintiva del reato. Di conseguenza, non può “creare” una base per la condanna civile che era stata negata in primo grado. Pertanto, la Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata, eliminando le statuizioni civili.

Le Conclusioni

La sentenza in esame ribadisce un importante baluardo a tutela dell’imputato. L’esito assolutorio del primo grado di giudizio non può essere indirettamente vanificato in appello attraverso una condanna al risarcimento del danno, quando il reato è dichiarato estinto per prescrizione. Per le parti civili, ciò significa che, in un caso simile, l’unica via per ottenere un risarcimento è quella di avviare un autonomo giudizio in sede civile, dove la responsabilità dovrà essere accertata secondo le regole proprie di quel processo.

Un giudice d’appello può condannare l’imputato al risarcimento dei danni se dichiara il reato prescritto?
Sì, ma solo a condizione che l’imputato sia stato condannato, anche solo genericamente, al risarcimento nel giudizio di primo grado. Se in primo grado c’è stata una sentenza di assoluzione, il giudice d’appello non può emettere una condanna civile.

Cosa succede alle pretese della parte civile se il reato viene dichiarato prescritto in appello dopo un’assoluzione in primo grado?
Le statuizioni civili eventualmente pronunciate dal giudice d’appello vengono annullate. La parte civile non perde il suo diritto al risarcimento, ma dovrà farlo valere intentando una causa separata davanti al giudice civile.

Perché una sentenza di assoluzione in primo grado impedisce la condanna civile in caso di prescrizione in appello?
Perché, secondo l’art. 578 c.p.p., la competenza del giudice penale a decidere sulle questioni civili si fonda su un previo accertamento della responsabilità penale. Una sentenza di assoluzione esclude tale responsabilità, facendo venir meno il presupposto necessario per qualsiasi condanna al risarcimento del danno nel processo penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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