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Prescrizione e calcolo errato: Cassazione annulla

Un imputato, condannato per calunnia, ricorre in Cassazione lamentando l’omessa declaratoria di estinzione del reato per prescrizione. La Suprema Corte accoglie il ricorso, rilevando un duplice errore di calcolo da parte della Corte di Appello nel determinare il periodo di sospensione. A causa di questo errore, il termine massimo di prescrizione era già decorso al momento della sentenza di secondo grado. La Cassazione, quindi, annulla la sentenza senza rinvio per estinzione del reato, confermando però le statuizioni civili.

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Pubblicato il 14 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Prescrizione: l’Errore di Calcolo che Annulla la Condanna

La corretta applicazione della prescrizione è un principio cardine del nostro ordinamento penale, a garanzia della ragionevole durata del processo. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 32035/2024) ha ribadito l’importanza di un calcolo rigoroso dei termini, annullando una condanna per calunnia proprio a causa di un errore materiale nel computo dei giorni di sospensione. Questo caso dimostra come un dettaglio procedurale possa avere conseguenze decisive sull’esito di un giudizio.

I Fatti del Processo

Un individuo veniva condannato in primo grado e in appello per il reato di calunnia, commesso nell’aprile del 2015. L’imputato, attraverso il suo difensore, presentava ricorso per Cassazione, basandolo su tre motivi principali:
1. La mancata dichiarazione di estinzione del reato per intervenuta prescrizione.
2. La violazione delle norme procedurali relative al legittimo impedimento dell’imputato a comparire in udienza.
3. Il vizio di motivazione sul mancato riconoscimento della sospensione condizionale della pena.

Il fulcro del ricorso risiedeva nel primo motivo, con cui la difesa sosteneva che la Corte di Appello avesse commesso un errore nel calcolare il tempo necessario a prescrivere il reato.

L’Errore nel Calcolo della Prescrizione

Il ricorrente evidenziava come, anche applicando il periodo di sospensione della prescrizione indicato dalla stessa Corte di Appello (pari a 349 giorni), il termine massimo per giudicare fosse già ampiamente scaduto alla data della pronuncia della sentenza di secondo grado (7 novembre 2023). La difesa, inoltre, sottolineava che il calcolo corretto del periodo di sospensione, derivante da un rinvio di udienza, non era di 349 giorni, bensì di 318 giorni.

Questo duplice errore, secondo il ricorso, rendeva palese l’avvenuta estinzione del reato per decorso del tempo. La questione non era quindi una mera formalità, ma un errore sostanziale che incideva direttamente sulla punibilità dell’imputato.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla Prescrizione

La Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso fondato, concentrandosi esclusivamente sul motivo relativo alla prescrizione. Gli altri motivi sono stati considerati assorbiti, ovvero non necessitanti di analisi data l’accoglienza del primo.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha rilevato che la Corte di Appello era incorsa in un palese duplice errore. In primo luogo, il periodo di sospensione corretto tra le due udienze indicate era effettivamente di 318 giorni, e non 349 come erroneamente riportato in sentenza. Sommando 318 giorni al termine di prescrizione ordinario di 7 anni e 6 mesi, il reato si sarebbe estinto il 7 settembre 2023. In secondo luogo, i giudici hanno evidenziato che, anche se si fosse voluto considerare per assurdo il dato errato di 349 giorni, il termine massimo sarebbe comunque scaduto l’8 ottobre 2023. In entrambi i casi, quindi, alla data della sentenza di appello del 7 novembre 2023, la prescrizione era già maturata. Di conseguenza, la Corte territoriale avrebbe dovuto dichiarare l’estinzione del reato e non confermare la condanna.

Le Conclusioni

Sulla base di queste considerazioni, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata senza rinvio. L’annullamento riguarda gli effetti penali della condanna, poiché il reato è stato dichiarato estinto per prescrizione. Tuttavia, la Corte ha specificato che le statuizioni relative alla domanda risarcitoria avanzata dalla parte civile devono essere confermate, in quanto non erano state oggetto di impugnazione. L’imputato è quindi prosciolto dall’accusa penale, ma rimane fermo l’obbligo di risarcire il danno alla vittima del reato di calunnia, già stabilito nei precedenti gradi di giudizio.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la condanna?
La Corte di Cassazione ha annullato la condanna perché ha riscontrato che il reato di calunnia era estinto per prescrizione alla data della sentenza d’appello. La Corte d’Appello aveva commesso un duplice errore nel calcolare il termine massimo di prescrizione.

Cos’è la prescrizione e come ha influito su questo caso?
La prescrizione è l’estinzione di un reato a causa del trascorrere di un determinato periodo di tempo fissato dalla legge. In questo caso, il tempo massimo per poter giudicare l’imputato era già scaduto prima della sentenza di secondo grado, rendendo la condanna illegittima e imponendone l’annullamento.

Quali sono le conseguenze dell’annullamento per gli effetti civili?
L’annullamento della sentenza riguarda solo gli effetti penali, quindi l’imputato non sconta alcuna pena. Tuttavia, le decisioni relative al risarcimento del danno in favore della parte civile (la persona calunniata) sono state confermate, poiché non erano state contestate nel ricorso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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