Prescrizione e assoluzione: quando il proscioglimento prevale?
La Corte di Cassazione si è recentemente pronunciata su un tema cruciale del diritto processuale penale: il rapporto tra prescrizione e assoluzione. Con l’ordinanza in esame, i giudici hanno ribadito i confini netti entro cui un’assoluzione con formula piena può prevalere su una causa di estinzione del reato come la prescrizione. La questione è semplice solo in apparenza: se un reato è prescritto, l’imputato ha ancora diritto a veder riconosciuta la propria innocenza nel merito? La risposta, come vedremo, dipende dalla chiarezza delle prove.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale ha origine da una sentenza del Giudice di Pace di Como. Un imputato era stato accusato di concorso in percosse e minaccia, reati commessi diversi anni prima, precisamente nel 2015. Il giudice di primo grado, constatato il lungo tempo trascorso, aveva dichiarato il ‘non doversi procedere’ per intervenuta prescrizione dei reati.
L’imputato, non soddisfatto da questa pronuncia, decideva di ricorrere in Cassazione. Il suo obiettivo non era contestare la prescrizione, ma ottenere una sentenza di assoluzione piena, sostenendo che la sua innocenza fosse palese e che, quindi, dovesse prevalere sulla causa estintiva. Il ricorso si basava su un unico motivo: la violazione dell’articolo 129, comma 2, del codice di procedura penale.
La Questione Giuridica: Prescrizione e assoluzione, cosa prevale?
L’articolo 129, comma 2, del codice di procedura penale stabilisce che, quando esiste una causa di estinzione del reato (come la prescrizione), ma dagli atti emerge ‘evidentemente’ che il fatto non sussiste, che l’imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato, il giudice deve pronunciare sentenza di assoluzione.
Il cuore del problema risiede nell’avverbio ‘evidentemente’. Cosa significa che l’innocenza deve essere evidente? La Corte di Cassazione, richiamando un suo precedente a Sezioni Unite (la massima espressione della giurisprudenza di legittimità), ha fornito un’interpretazione molto restrittiva. L’evidenza richiesta dalla norma deve essere tale da poter essere percepita ictu oculi, cioè a colpo d’occhio.
Le Motivazioni della Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso ‘manifestamente infondato’ e, di conseguenza, inammissibile. I giudici hanno spiegato che il proscioglimento nel merito, in presenza di una causa estintiva, è possibile solo in situazioni eccezionali. Le circostanze che provano l’innocenza (l’inesistenza del fatto, la non commissione da parte dell’imputato, etc.) devono emergere dagli atti in modo ‘assolutamente non contestabile’.
La valutazione del giudice, in questi casi, deve limitarsi a una ‘constatazione’, una presa d’atto di una realtà processuale palese, e non deve mai sfociare in un ‘apprezzamento’, cioè in un’analisi critica o in una comparazione delle prove che richieda un approfondimento. Se per decidere sull’innocenza è necessario un qualsiasi tipo di accertamento o valutazione, anche minima, allora la causa estintiva, come la prescrizione, deve prevalere.
Nel caso di specie, non sussisteva questa evidenza immediata. Pertanto, la decisione del Giudice di Pace di dichiarare la prescrizione era corretta e l’appello per ottenere un’assoluzione piena è stato respinto. Il ricorrente è stato inoltre condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende.
Conclusioni
Questa ordinanza consolida un principio fondamentale: la formula di proscioglimento ‘perché il fatto non sussiste’ o ‘per non aver commesso il fatto’ prevale sulla prescrizione solo quando l’innocenza è talmente lampante da non richiedere alcuna attività di valutazione probatoria. In tutti gli altri casi, in cui la prova dell’innocenza non sia così schiacciante e immediatamente percepibile, il giudice ha l’obbligo di fermarsi e dichiarare l’estinzione del reato. Si tratta di una regola di economia processuale che impedisce di celebrare processi complessi quando il loro esito sarebbe comunque vanificato dalla prescrizione, a meno che l’innocenza dell’imputato non sia un dato di fatto incontrovertibile fin dal primo esame degli atti.
Quando un giudice può assolvere un imputato se il reato è già prescritto?
Un giudice può pronunciare una sentenza di assoluzione, anziché dichiarare la prescrizione, soltanto quando le prove dell’innocenza dell’imputato emergono dagli atti in modo assolutamente evidente e non contestabile, senza che sia necessario alcun tipo di approfondimento o valutazione.
Cosa significa che la prova dell’innocenza deve essere evidente ‘ictu oculi’?
Significa che l’innocenza deve essere percepibile a colpo d’occhio, immediatamente, dalla semplice lettura degli atti processuali. La valutazione del giudice deve essere una mera constatazione di una situazione palese, non un apprezzamento critico delle prove.
Qual è stata la decisione finale della Corte di Cassazione in questo caso e perché?
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Ha ritenuto che nel caso specifico non ci fossero le condizioni di palese innocenza richieste dalla legge per far prevalere una sentenza di assoluzione sulla causa di estinzione del reato per prescrizione, confermando così la decisione del giudice precedente.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12940 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12940 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TERAMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/09/2023 del GIUDICE DI PACE di COMO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
TARGA_VEICOLO
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RITENUTO IN FATTO
che COGNOME NOME ha impugnato la sentenza del Giudice di Pace di Como, pronunciata in data 19 settembre 2023, che ha dichiarato non doversi procedere nei suoi confronti per i reati di cui agli artt. 110 e 581 cod. pen. (capo A) e 110 e 612 cod. pen. (capo perché estinti per intervenuta prescrizione (fatti commessi in Como il 28 aprile 2015);
che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore, articolando un solo motivo;
CONSIDERATO IN DIRITTO
che il motivo di ricorso, che lamenta la violazione dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen., manifestamente infondato, posto che, per la giurisprudenza di legittimità «In presenza di una causa di estinzione del reato il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione norma dell’art. 129 comma secondo, cod. proc. pen. soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell’imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, così che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di “constatazione”, ossia di percezione “ictu ocull”, che a quello di “apprezzamento” e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento.» (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Rv. 244274);
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 13 marzo 2024
Il consigliere estensore
Il Presidente