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Prescrizione e assoluzione: quando prevale il merito?

Un ufficiale della Guardia di Finanza, accusato di rivelazione di segreti d’ufficio, ricorre in Cassazione chiedendo l’assoluzione nel merito anziché la declaratoria di prescrizione. La Corte dichiara il ricorso inammissibile, ribadendo che la formula di proscioglimento nel merito prevale sulla prescrizione solo in presenza di una prova di innocenza evidente e non contestabile, condizione non riscontrata nel caso di specie. L’analisi del rapporto tra prescrizione e assoluzione è centrale nella decisione.

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Pubblicato il 14 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Prescrizione e assoluzione: la Cassazione traccia i confini

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 31925/2024, torna su un tema cruciale del diritto processuale penale: il complesso rapporto tra prescrizione e assoluzione. La pronuncia offre un’importante occasione per ribadire quando una declaratoria di estinzione del reato debba cedere il passo a una più favorevole sentenza di assoluzione nel merito, stabilendo criteri rigorosi basati sull’evidenza probatoria.

I Fatti del Processo

Il caso riguarda un ufficiale della Guardia di Finanza accusato del reato di rivelazione di segreti d’ufficio (art. 326 c.p.). Secondo l’accusa, l’ufficiale avrebbe comunicato a un professore universitario informazioni riservate concernenti un’indagine in corso a carico del padre di quest’ultimo, un ex generale dello stesso corpo. Le rivelazioni sarebbero avvenute in concomitanza con un esame di Diritto Amministrativo che l’imputato stava sostenendo proprio con quel docente, al fine di ottenerne un trattamento di favore.

Mentre il giudizio di primo grado si era concluso con una condanna, la Corte di Appello, pur riformando la sentenza, aveva dichiarato l’intervenuta prescrizione del reato. L’imputato, non soddisfatto, decideva di ricorrere per Cassazione, sostenendo di aver diritto a un’assoluzione piena nel merito.

Il Ricorso e il nodo tra prescrizione e assoluzione

Il ricorrente basava la sua difesa su un punto fondamentale: il destinatario della presunta rivelazione era già a conoscenza dell’esistenza dell’indagine a carico del padre. A supporto di tale tesi, veniva citata la testimonianza di un collaboratore dell’ex generale, il quale aveva confermato che quest’ultimo era stato informato dell’indagine diversi mesi prima dei fatti contestati all’ufficiale.

Secondo la difesa, se il segreto non era più tale per i destinatari, veniva a mancare l’oggetto stesso del reato. La condotta, pertanto, non sarebbe stata penalmente rilevante. Di conseguenza, la Corte d’Appello avrebbe dovuto pronunciare una sentenza di assoluzione ai sensi dell’art. 129, comma 2, c.p.p., che impone al giudice di prosciogliere l’imputato quando l’innocenza emerge in modo evidente dagli atti, anche in presenza di una causa di estinzione del reato come la prescrizione.

Il Principio delle Sezioni Unite Tettamanti

La questione sollevata dal ricorso chiama in causa un principio consolidato, espresso dalle Sezioni Unite della Cassazione con la celebre sentenza ‘Tettamanti’ (n. 35490/2009). Secondo tale orientamento, il proscioglimento nel merito prevale sulla prescrizione solo se le circostanze che escludono l’esistenza del fatto, la sua rilevanza penale o la sua commissione da parte dell’imputato emergano dagli atti in modo ‘assolutamente non contestabile’.

La valutazione del giudice deve limitarsi a una ‘constatazione’ quasi fotografica dell’innocenza, una percezione ‘ictu oculi’ (a colpo d’occhio), incompatibile con qualsiasi necessità di approfondimento o di apprezzamento critico delle prove. Se, al contrario, la prova dell’innocenza richiede una valutazione complessa o si basa su elementi contraddittori, la causa di estinzione del reato deve prevalere.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato e confermando la decisione della Corte d’Appello. Gli Ermellini hanno chiarito che, nel caso di specie, non sussisteva alcuna prova evidente e incontrovertibile dell’innocenza dell’imputato.

Anzi, la deposizione del professore universitario, considerato il principale destinatario delle rivelazioni, è stata definita ‘inequivocabile’ nel confermare le plurime e specifiche comunicazioni ricevute dall’ufficiale sul contenuto delle indagini. La Corte ha inoltre sottolineato l’irrilevanza della circostanza che l’ex generale potesse essere già a conoscenza dell’indagine. La rivelazione compiuta dall’imputato costituiva un’autonoma violazione del segreto d’ufficio, poiché riguardava dettagli specifici e lo svolgimento perdurante delle attività investigative, informazioni che andavano oltre la mera notizia dell’esistenza di un procedimento.

Peraltro, lo stesso ex generale aveva dichiarato di aver appreso dell’indagine proprio dall’imputato. Di fronte a tali elementi, tutt’altro che univoci nel senso dell’innocenza, la Corte ha concluso che mancava il presupposto della ‘evidenza’ richiesto dall’art. 129 c.p.p. per far prevalere l’assoluzione sulla prescrizione.

Conclusioni

La sentenza ribadisce con fermezza un principio cardine del nostro sistema processuale: la prescrizione, come causa di estinzione del reato, arresta l’accertamento giudiziale, a meno che non emerga una prova dell’innocenza talmente palese da non richiedere alcuna attività di valutazione probatoria. Qualsiasi elemento di dubbio o contraddizione impone al giudice di applicare la causa estintiva, senza poter entrare nel merito della colpevolezza. La pronuncia conferma quindi una linea interpretativa rigorosa, volta a bilanciare il diritto dell’imputato a un’assoluzione piena con le esigenze di economia processuale sottese all’istituto della prescrizione.

Quando un’assoluzione nel merito prevale sulla prescrizione del reato?
L’assoluzione nel merito prevale sulla prescrizione solo quando le prove dell’innocenza dell’imputato emergono dagli atti processuali in modo assolutamente non contestabile e immediatamente evidente (‘ictu oculi’), senza che sia necessario alcun approfondimento o valutazione complessa delle prove.

La rivelazione di un segreto a una persona che ne è già a conoscenza costituisce reato?
Sì, può costituire reato. La Corte ha specificato che la rivelazione è un atto autonomo. Anche se il destinatario fosse già a conoscenza generica di un’indagine, la comunicazione di dettagli ulteriori, specifici e aggiornati sullo svolgimento delle attività investigative integra comunque il reato di rivelazione di segreti d’ufficio.

Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché manifestamente infondato. La Corte di Cassazione ha ritenuto che non vi fosse alcuna prova evidente dell’innocenza. Al contrario, esistevano prove significative a carico dell’imputato, come la testimonianza inequivocabile del destinatario delle informazioni, che rendevano impossibile un’assoluzione ‘a colpo d’occhio’ e imponevano quindi di applicare la causa di estinzione del reato, ovvero la prescrizione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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