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Prescrizione e assoluzione: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4832/2024, ha dichiarato inammissibili i ricorsi di due imputati che, pur beneficiando della declaratoria di estinzione dei reati per prescrizione, chiedevano un’assoluzione nel merito. La Corte ha ribadito il principio consolidato secondo cui, in un contesto di prescrizione e assoluzione, la formula di proscioglimento pieno può prevalere solo quando l’innocenza dell’imputato emerge dagli atti in modo palese e indiscutibile (‘ictu oculi’), senza la necessità di un’analisi approfondita delle prove. I ricorsi sono stati respinti perché miravano a una rilettura dei fatti, non consentita in sede di legittimità.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Prescrizione e assoluzione: quando l’innocenza deve essere evidente

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 4832 del 2024, offre un importante chiarimento sul delicato equilibrio tra prescrizione e assoluzione nel processo penale. La pronuncia ribadisce un principio fondamentale: un imputato il cui reato è stato dichiarato prescritto può ottenere un’assoluzione piena nel merito solo se la prova della sua innocenza è talmente lampante da essere percepibile ‘ictu oculi’, cioè a colpo d’occhio, senza necessità di alcuna valutazione complessa.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una complessa vicenda giudiziaria legata alla gestione di un’azienda ospedaliera. Due imputati, accusati di vari reati tra cui associazione per delinquere, corruzione, falso e turbata libertà degli incanti, avevano visto i loro procedimenti estinguersi per intervenuta prescrizione sia in primo grado che in appello. Non soddisfatti di questo esito, che pur li liberava da ogni conseguenza penale, hanno proposto ricorso in Cassazione. Il loro obiettivo era ottenere una formula assolutoria più ampia, come “per non aver commesso il fatto” o “perché il fatto non sussiste”, sostenendo la totale assenza di prove a loro carico.

I Motivi del Ricorso e il dilemma tra prescrizione e assoluzione

I ricorrenti hanno basato le loro difese su due argomenti principali:
1. Mancanza di prove: Uno degli imputati ha sostenuto che, a parte l’accusa di corruzione, per tutti gli altri reati mancava completamente la prova della sua responsabilità. L’altro ha affermato di essere estraneo alle procedure di gara e alla liquidazione delle fatture, contestando il suo ruolo dirigenziale.
2. Violazione del diritto di difesa: È stata lamentata la mancata assunzione di prove a discarico che, a dire della difesa, avrebbero potuto scagionare completamente uno degli imputati dall’accusa di corruzione, nonché l’utilizzo di testimonianze ritenute inammissibili.

In sostanza, i ricorsi miravano a provocare un riesame del materiale probatorio da parte della Suprema Corte per dimostrare un’innocenza che, a loro avviso, i giudici di merito non avevano riconosciuto, preferendo la via più semplice della prescrizione.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili, ancorando la sua decisione a un principio consolidato, sancito in passato dalle Sezioni Unite. Il giudice, di fronte a una causa di estinzione del reato come la prescrizione, può pronunciare una sentenza di assoluzione nel merito (ai sensi dell’art. 129, comma 2, c.p.p.) solo a una condizione molto stringente: l’innocenza dell’imputato deve emergere in modo assolutamente non contestabile dagli atti processuali.

Questa evidenza deve essere percepibile “ictu oculi”, con una mera attività di “constatazione” e non di “apprezzamento”. Ciò significa che il giudice non deve essere costretto a compiere analisi complesse, a confrontare prove contrastanti o a interpretare elementi dubbi. Se per affermare l’innocenza è necessario un qualsiasi approfondimento, la declaratoria di prescrizione deve prevalere.

Nel caso di specie, la Corte ha rilevato che le censure mosse dagli imputati non evidenziavano una tale palese innocenza. Al contrario, proponevano una “diversa lettura delle fonti di prova”, un’operazione che implica una valutazione di merito preclusa al giudice di legittimità. La Cassazione non può riesaminare i fatti, ma solo verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. Poiché le sentenze di primo e secondo grado (“doppia conforme”) avevano, seppur sinteticamente, escluso l’evidenza dell’innocenza, i ricorsi sono stati ritenuti inammissibili.

Conclusioni

La sentenza in esame rafforza un caposaldo del nostro sistema processuale: la prescrizione è la regola estintiva del reato quando il tempo previsto dalla legge è trascorso. L’assoluzione nel merito, in tali circostanze, è un’eccezione riservata a casi in cui la non colpevolezza è così manifesta da non richiedere alcuna attività valutativa da parte del giudice. Questa pronuncia serve da monito: un ricorso che, in presenza di prescrizione, mira a ottenere un proscioglimento pieno deve basarsi su elementi di prova incontrovertibili e immediatamente percepibili, non su argomentazioni che richiedono una nuova e diversa interpretazione del quadro probatorio.

Quando un reato è prescritto, l’imputato può ancora essere assolto nel merito?
Sì, ma solo a condizione che le prove della sua innocenza (ad esempio, che il fatto non sussiste, che non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato) emergano dagli atti processuali in modo evidente, palese e indiscutibile, senza la necessità di ulteriori approfondimenti o interpretazioni.

Cosa significa che la prova dell’innocenza deve essere ‘ictu oculi’?
Significa che l’innocenza deve essere così lampante da essere riconoscibile ‘a colpo d’occhio’ dalla semplice lettura degli atti. Il giudice deve poterla ‘constatare’ e non ‘apprezzare’. Se per decidere sull’innocenza è necessaria una valutazione complessa o un confronto tra prove, allora prevale la declaratoria di prescrizione.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi in questo caso?
La Corte ha ritenuto che i ricorsi non dimostrassero un’innocenza palese. Piuttosto, gli imputati chiedevano alla Corte di effettuare una nuova e diversa valutazione delle prove e dei fatti (‘una diversa lettura’). Questo tipo di analisi è tipico dei giudizi di merito (primo e secondo grado) e non è consentito in sede di legittimità, dove la Corte si limita a verificare la corretta applicazione della legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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