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Prescrizione dopo assoluzione: obbligo di motivazione

Un imputato, assolto in primo grado per detenzione di stupefacenti, si è visto dichiarare la prescrizione del reato in appello. La Cassazione ha annullato tale decisione, stabilendo un principio fondamentale: in caso di prescrizione dopo assoluzione, il giudice d’appello non può limitarsi a una motivazione generica. Deve, invece, accertare positivamente la colpevolezza con una motivazione rafforzata, altrimenti l’assoluzione di primo grado deve prevalere.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Prescrizione dopo assoluzione: la Cassazione ribadisce l’obbligo di motivazione per l’appello

Una recente sentenza della Corte di Cassazione chiarisce un punto cruciale della procedura penale: la gestione della prescrizione dopo assoluzione in primo grado. La Corte ha stabilito che un giudice d’appello, di fronte all’impugnazione del Pubblico Ministero contro un’assoluzione, non può semplicemente dichiarare l’estinzione del reato per prescrizione senza prima aver demolito, con una motivazione solida e puntuale, le ragioni dell’assoluzione. Approfondiamo i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Il caso ha origine da un’accusa per detenzione di sostanze stupefacenti (22,6 grammi di marijuana). In primo grado, il Tribunale aveva assolto l’imputato con la formula “perché il fatto non è previsto dalla legge come reato”, ritenendo che la sostanza fosse destinata all’uso personale. Gli elementi valorizzati dal primo giudice includevano il quantitativo modesto, la presenza in un unico involucro e l’assenza di denaro o strumenti per il confezionamento.

Il Pubblico Ministero ha impugnato la sentenza, e la Corte d’Appello, in riforma della decisione, ha dichiarato di non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato. Tuttavia, la Corte territoriale ha giustificato la sua decisione in modo estremamente sintetico, affermando che “gli elementi valorizzati dall’appellante non permettono di condividere il giudizio espresso dal primo giudice”, senza fornire un’analisi approfondita.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla prescrizione dopo assoluzione

L’imputato ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando l’omessa motivazione da parte della Corte d’Appello. La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando la sentenza impugnata senza rinvio.

Il principio di diritto affermato è netto: quando un imputato è stato assolto con formula piena in primo grado, il giudice d’appello può dichiarare la prescrizione dopo assoluzione solo se ritiene fondata l’impugnazione del PM e, soprattutto, se fornisce un’adeguata e rafforzata motivazione sul punto. In altre parole, deve procedere a un accertamento positivo della colpevolezza che superi la valutazione del primo giudice. Non può limitarsi a una confutazione generica per poi applicare la causa estintiva.

Le Motivazioni della Sentenza

La Cassazione ha evidenziato che la pronuncia di assoluzione in primo grado, basata sul principio del favor rei (art. 530 c.p.p., comma 2), non può essere scavalcata da una declaratoria di prescrizione se la situazione probatoria rimane ambigua o insufficiente. La Corte d’Appello, per riformare il verdetto assolutorio, avrebbe dovuto dimostrare, attraverso un percorso argomentativo logico e completo, perché le prove a carico erano sufficienti per una condanna.

Nel caso specifico, la motivazione della Corte d’Appello è stata ritenuta del tutto apodittica e generica. Non ha analizzato criticamente le argomentazioni della sentenza di primo grado né ha spiegato perché gli elementi probatori avrebbero dovuto condurre a un giudizio di colpevolezza. Di fronte a questa carenza, la sentenza di assoluzione avrebbe dovuto essere confermata, in quanto più favorevole per l’imputato rispetto alla declaratoria di prescrizione.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche

Questa sentenza rafforza le garanzie difensive dell’imputato assolto in primo grado. Stabilisce che l’assoluzione con formula piena rappresenta una valutazione di merito che non può essere liquidata con leggerezza in appello. Per il giudice di secondo grado che intende dichiarare la prescrizione su appello del PM, non basta un mero dissenso dalla prima sentenza; è necessario un riesame completo del materiale probatorio che porti a una conclusione di colpevolezza certa e motivata. In assenza di tale accertamento, il dubbio continua a favorire l’imputato, e l’assoluzione resta la decisione corretta.

Se un imputato viene assolto in primo grado, il giudice d’appello può dichiarare la prescrizione del reato?
Sì, ma solo a condizione che ritenga fondata l’impugnazione del Pubblico Ministero e fornisca una motivazione adeguata e rafforzata che dimostri la colpevolezza dell’imputato, superando le ragioni dell’assoluzione.

Cosa si intende per ‘motivazione rafforzata’ in questo contesto?
Significa che il giudice d’appello non può usare una motivazione generica o sommaria. Deve analizzare criticamente le argomentazioni della sentenza di primo grado e spiegare in modo dettagliato e logico perché le prove avrebbero dovuto condurre a un giudizio di colpevolezza.

Cosa succede se la prova in appello rimane dubbia o insufficiente?
In tal caso, deve prevalere la decisione più favorevole all’imputato. Poiché l’assoluzione nel merito è più favorevole della declaratoria di estinzione del reato, il giudice d’appello deve confermare l’assoluzione di primo grado.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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