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Prescrizione diffamazione: reato estinto, danno resta

La Corte di Cassazione ha annullato per prescrizione diffamazione la condanna penale di una giornalista e del direttore di un quotidiano. Tuttavia, ha confermato la loro responsabilità civile e l’obbligo di risarcire un alto ufficiale per un articolo basato su fonti non verificate, stabilendo che l’estinzione del reato non cancella il diritto al risarcimento del danno.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Prescrizione Diffamazione: Reato Estinto, ma il Risarcimento Resta

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 22548/2024 offre un importante chiarimento sul rapporto tra prescrizione diffamazione e responsabilità civile. Anche se il reato si estingue per il decorso del tempo, l’obbligo di risarcire il danno alla persona offesa può rimanere pienamente valido. Questo caso, che ha visto coinvolti una giornalista e il direttore di un noto quotidiano nazionale, dimostra come la mancata verifica delle fonti giornalistiche possa avere conseguenze patrimoniali durature, anche a distanza di anni.

I Fatti del Caso: Un Dossier Anonimo e un Articolo Diffamatorio

La vicenda trae origine dalla pubblicazione di un articolo su un importante quotidiano. L’articolo si basava su un dossier anonimo che muoveva diverse accuse nei confronti di un alto ufficiale della Marina Militare. La giornalista autrice del pezzo e il direttore responsabile della testata venivano citati in giudizio per diffamazione a mezzo stampa e, per il direttore, per omesso controllo.

Nei giudizi di primo e secondo grado, entrambi gli imputati venivano condannati. I giudici avevano accertato che l’articolo riportava notizie lesive della reputazione dell’ufficiale, e che i giornalisti non avevano adempiuto al loro dovere di verificare l’attendibilità e la veridicità delle informazioni contenute nel dossier anonimo prima di procedere alla pubblicazione.

Il Percorso Giudiziario e l’Appello in Cassazione

Dopo la conferma della condanna da parte della Corte d’Appello, la giornalista e il direttore hanno presentato ricorso per cassazione, sollevando tre motivi principali:

1. Vizio di motivazione: Sostenevano che la sentenza d’appello si fosse basata in modo acritico sulla testimonianza della persona offesa, senza valutarne adeguatamente la credibilità.
2. Erronea applicazione della legge penale: Contestavano l’entità della pena inflitta al direttore.
3. Intervenuta prescrizione: Deducevano che il tempo massimo previsto dalla legge per perseguire i reati fosse ormai trascorso.

Le Motivazioni della Cassazione sulla prescrizione diffamazione

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso non fondato nel merito, ma ha dovuto prendere atto dell’avvenuta prescrizione diffamazione. Il punto cruciale della decisione risiede nella distinzione tra gli effetti penali e quelli civili della prescrizione quando il ricorso non è inammissibile.

La Corte ha specificato che la ratio decidendi delle sentenze di merito non si fondava unicamente sulla testimonianza della vittima, ma su un elemento oggettivo e incontestabile: la totale assenza di verifica delle fonti da parte dei giornalisti. Pubblicare il contenuto di un dossier anonimo senza alcun controllo preventivo costituisce una violazione dei doveri professionali e fonda la natura diffamatoria dello scritto. Poiché i motivi del ricorso sono stati giudicati infondati, e non meramente inammissibili, la Corte ha potuto esaminare la questione nel merito. Questo ha portato a una doppia conclusione:

Sul piano penale: Il reato era effettivamente estinto per prescrizione, maturata il 15 dicembre 2023. Di conseguenza, la sentenza di condanna penale doveva essere annullata senza rinvio.
Sul piano civile: Poiché il ricorso è stato rigettato nel merito, le statuizioni civili della sentenza impugnata sono state confermate. La condanna al risarcimento dei danni a favore dell’ufficiale è rimasta valida e gli imputati sono stati condannati anche al pagamento delle spese legali del presente giudizio.

Le Conclusioni: Conseguenze Penali e Civili della Sentenza

Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale: l’estinzione del reato per prescrizione non è un “colpo di spugna” che cancella l’illecito in ogni sua forma. Se le ragioni dell’impugnazione vengono ritenute infondate, la responsabilità civile per il danno causato sopravvive alla fine del processo penale. Per i professionisti dell’informazione, la lezione è chiara: il dovere di verifica delle fonti è un presidio non solo della correttezza deontologica, ma anche una tutela contro conseguenze risarcitorie che, come dimostra questo caso, possono essere confermate anche quando la sanzione penale viene meno per il passare del tempo.

L’estinzione del reato per prescrizione cancella anche l’obbligo di risarcire il danno?
No. Come stabilito dalla Corte di Cassazione in questa sentenza, se il ricorso viene rigettato nel merito, l’annullamento della condanna penale per prescrizione non elimina le statuizioni civili. L’obbligo di risarcire il danno alla parte lesa e di pagare le spese legali rimane valido.

Perché la Corte ha confermato la responsabilità civile pur dichiarando la prescrizione del reato di diffamazione?
La Corte ha confermato la responsabilità civile perché ha ritenuto infondati i motivi del ricorso. La condanna originaria si basava solidamente sulla mancata verifica delle fonti da parte dei giornalisti, un fatto che fonda l’illecito. Poiché il ricorso non era inammissibile, la Corte ha potuto rigettarlo nel merito, lasciando intatte le condanne civili.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione non è inammissibile ma nel frattempo matura la prescrizione?
In questo caso, la Corte è tenuta a dichiarare l’estinzione del reato per prescrizione e, di conseguenza, ad annullare la sentenza di condanna agli effetti penali. Tuttavia, se i motivi del ricorso sono valutati e ritenuti infondati, la Corte rigetta l’impugnazione agli effetti civili, confermando la condanna al risarcimento dei danni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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