Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 22548 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 22548 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/04/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 04/07/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che le parti non hanno formulato richiesta di discussione orale ex art. 23, comma 8, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, nella legge 18 dicembre 2020, n. 176, prorogato, da ultimo, in forza dell’art. 17 del decreto-legge 22 giugno 2023, n. 75, convertito, con modificazioni, nella legge 10 agosto 2023, n. 112.
Lette la requisitoria scritta ex art. 23, comma 8, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176 e succ. modif., del Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione NOME COGNOME, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso, nonché le conclusioni, per la parte civile, dell’AVV_NOTAIO, nel senso dell’inammissibilità o del rigetto del ricorso, con deposito di nota spese.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza deliberata il 04/07/2023, la Corte di appello di Roma ha confermato la sentenza del 02/07/2021 con la quale il Tribunale di Roma, per quanto è qui di interesse, aveva dichiarato NOME COGNOME e NOME COGNOME responsabili, rispettivamente, dei reati di diffamazione a mezzo stampa e di omesso controllo in relazione a un articolo pubblicato sul quotidiano “Il Messaggero” ritenuto diffamatorio ai danni di NOME COGNOME e li aveva condannati alla pena pecuniaria di giustizia e al risarcimento dei danni a favore della parte civile.
Avverso l’indicata sentenza della Corte di appello di Roma hanno proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME e NOME COGNOME, con un unico atto e attraverso il difensore AVV_NOTAIO, articolando tre motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Il primo motivo denuncia vizi di motivazione. L’articolo oggetto delle imputazioni traeva spunto da un dossier anonimo riguardante il capo di Stato Maggiore della Marina NOME COGNOME, in cui veniva accusato di varie condotte discutibili, che, in dibattimento, la persona offesa ha rappresentato come false, laddove alcune di esse hanno trovato conferma in alcuni documenti e in una testimonianza, tanto che il giudice di primo grado aveva ritenuto non minimamente credibile la testimonianza di COGNOME COGNOME, sicché l’atto di appello aveva dedotto che anche rispetto alle notizie non corroborai:e da documenti o testimonianze il teste non poteva essere automaticamente ritenuto credibile, ma la sentenza impugnata non si è soffermata sulla credibilità del teste, così come non ha motivato sulla pena irrogata al direttore del quotidiano COGNOME nella stessa misura di quella inflitta alla giornalista.
2.2. Il secondo motivo denuncia erronea applicazione della legge penale in relazione alla pena irrogata a COGNOME.
2.3. Il terzo motivo deduce l’intervenuto perfezionamento della prescrizione dei reati.
Con requisitoria scritta ex art. 23, comma 8, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176 e succ. mod., il Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione NOME COGNOMENOMECOGNOME ha concluso per l’inammissibilità del ricorso. Per la parte civile, l’AVV_NOTAIO ha concluso per l’inammissibilità o il rigetto del ricorso, depositando nota spese
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non è fondato, ma deve essere rilevata l’estinzione dei reati per prescrizione.
Il primo motivo non è fondato. Il ricorso non mette correttamente a fuoco la ratio decidendi della sentenza impugnata, che, lungi dal far leva sulla sola testimonianza della persona offesa, ha basato il giudizio di non veridicità delle notizie contenute nel dossier anonimo diverse da quelle confermate dai documenti e dalla testimonianza richiamati, dalla circostanza c:he i giornalisti non avevano effettuato alcuna verifica prima di pubblicare l’articolo, né nell’ambito dell’indagine avviata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Potenza, né in quella promossa dalla Procura presso la Corte dei conti. Ne consegue che le censure sull’attendibilità della persona offesa non risultano in grado di disarticolare l’intero ragionamento svolto dal giudicante, determinando al suo interno radicali incompatibilità, così da vanificare o da rendere manifestamente incongrua o contraddittoria la motivazione (Sez. 1, n. 41738 del 19/10/2011, Longo, Rv. 251516).
Non essendo inammissibili i ricorsi, la Corte deve rilevare il perfezionamento della fattispecie estintiva dei reati per prescrizione, intervenuta il 15/12/2023. Pertanto, assorbite le ulteriori censure, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio agli effetti penali per essere i reati estinti per prescrizione, mentre agli effetti civili i ricorsi devono essere rigettati, con condanna dei ricorrenti alla rifusione delle spese sostenute nel giudizio di legittimità dalla parte civile, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti penali, perche’ i reati sono estinti per prescrizione. Rigetta i ricorsi agli effetti civili. Condanna, inoltre gli imputati alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile che liquida in complessivi euro 4000,00, oltre accessori di legge.
Così deciso il 11/04/2024.